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“Il Signore di Notte”: il giallo ambientato nella Venezia dei dogi

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“Il Signore di Notte”: il giallo ambientato nella Venezia dei dogi

Il Signore di Notte è il giallo firmato da Gustavo Vitali ambientato nella Venezia secentésca.

Venezia, 16 aprile 1605. Viene rinvenuto all’interno della sua modesta dimora il cadavere di un nobile caduto in miseria, primo delitto di un giallo fittissimo che ha come sfondo la Venezia alle soglie del Barocco. Sul luogo si precipita il protagonista del racconto, Francesco Barbarigo. Come “Il Signore di Notte”, dà il titolo al racconto e richiama espressamente la magistratura incaricata dell’ordine pubblico, sei giudici e insieme capi della polizia. Si tratta di una persona realmente vissuta all’epoca, così come i principali personaggi della storia, la quale, al contrario, è di pura invenzione. Questo particolare ha comportato un copioso lavoro di ricerca, come documentato nella bibliografia del libro. È solo il primo dei delitti che affiorano in una trama intensa ed intrigante e verranno coinvolte svariate figure, da quelle di primo piano, a quelle defilate nei contorni. L’autore apre così un’ampia carrellata su aristocratici ricconi e coloro che vivacchiano malamente: mercanti, usurai, bari, prostitute. Nella vicenda tutti recitano i rispettivi ruoli e la contestualizzano in quella società veneziana che si era appena lasciata alle spalle un secolo di splendore per infilarsi in un lento declino. Compaiono anche personaggi sgradevoli, come i “bravi”, perché il tempo del declino è anche il loro, accomunati agli sgherri da una violenza sordida e sopraffattrice. Sempre nell’ottica di inquadrare il libro nella sua epoca, ecco l’aggiunta di brevi divagazioni su curiosità, usi e costumi, aneddoti, fatti e fatterelli. Costituiscono un bagaglio di informazioni sulla storia della Serenissima, senza interrompere la narrazione e senza che gli attori si defilino da questa. Un discorso a parte merita la figura del protagonista: se qualcuno spera nello stereotipo dell’eroe positivo, ne resterà deluso. Il Barbarigo è un uomo contorto che affronta le indagini con una superficialità pari solo alla sua spocchia, vorrebbe passare come chi sa il fatto suo, spargere sicurezza, ma nel suo intimo risiedono ansie e antichi dolori. Non sa come cavarsi dagli impicci, cambia idea e umore da un momento all’altro, insegue ipotesi stravaganti e indaga su persone del tutto estranee al delitto. Il linguaggio è spiccio, crudo, spesso beffardo e dissacratorio, mette in ridicolo difetti e difettucci del protagonista e insieme quelli della società del tempo. Sull’onda dell’improvvisazione e di una acclarata incapacità non si fa mancare nulla, nemmeno una relazione disinvolta, o quella che lui vorrebbe tale, con una dama tanto bella, quanto indecifrabile. Non capisce nulla neppure di questo strambo amore che gli causa presto nuovi turbamenti. Cosicché nelle indagini, come pure nel letto, finisce con il collezionare una serie di disfatte clamorose fino a quando in suo aiuto accorre un capitano delle guardie che ha tutta l’esperienza e l’astuzia che mancano al magistrato. Tuttavia i due dovranno faticare ancora un bel pezzo per scrivere la parola fine a tutto il giallo che nel frattempo si è infittito di colpi di scena, agguati e delitti, compresi quelli che riemergono dal passato. Il finale sarà inaspettato e sorprendente.

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