Cultura
ROMA ANTICA Il culto di Ercole
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ROMA ANTICA Ercole è una figura della mitologia romana. È la forma italica dell’eroe greco Eracle, introdotto presso i popoli Sanniti dai coloni greci e presso i Latini e i Sabini dal culto etrusco ad Hercle.
Il culto di Ercole ricalca il mito greco di Eracle, con alcune aggiunte e specificità. Venerato il 12 agosto e aveva gli epiteti di Invitto, Vincitore, Custode. Spesso il culto era associato a fonti e specchi d’acqua. Virgilio, nell’Eneide fa arrivare Enea a Pallanteo, dove regna il re Evandro che sta celebrando un rito in onore di Ercole. Dopo il banchetto il re racconta a Enea le origini del rito. Ercole, di ritorno dalla Spagna con la mandria dei buoi catturati da Gerione, fa sosta nel Lazio. Territorio a quel tempo infestato dal mostruoso Caco, che ruba la mandria di Ercole e la nasconde nel suo antro. L’eroe irato lo scopre e lo uccide. Gli abitanti del luogo, grati per essere stati liberati, gli dedicarono un rito testimoniato ancora ai tempi di Virgilio dall’Ara massima di Ercole Invitto, sita nel Foro boario. Da qui partivano i cortei trionfali.
IL PRIMO MORTALE CHE DIVENTO’ DIO
Nei sarcofagi romani sono frequenti le raffigurazioni delle ‘dodici fatiche’, simbolo delle prove che deve affrontare il defunto per raggiungere l’immortalità. Diversi Imperatori si ispirarono ad Ercole. Commodo amava combattere nell’arena vestito come il semidio. Massimiano Erculio diceva di essere suo discendente e aveva una guardia del corpo chiamata gli Herculiani. Numerose le leggende che lo vedono protagonista. Numerosi anche i suoi figli, protagonisti di ulteriori miti come quello di Telefo. Ercole era figlio di Giove, che si era unito con l’inganno alla regina Alcmena. La forza prodigiosa sarebbe scaturita dal latte di Giunone, fatto bere a Ercole mentre la dea dormiva.
DEIANIRA E LA MORTE DI ERCOLE
L’eroe ebbe in moglie una mortale, Deianira. Un giorno, durante una delle imprese, Ercole e Deianira dovevano attraversare un fiume tumultuoso. L’eroe lo attraversò ma lasciò che la moglie fosse traghettata da un centauro battelliere, Nesso. Questi tentò di rapire Deianira. Ercole allora lo colpì con una delle frecce avvelenate col sangue dell’Idra. Il centauro morente però si prese la sua vendetta offrendo a Deianira il proprio sangue e convincendola che avrebbe costituito un potentissimo filtro d’amore che avrebbe reso Ercole fedele a lei per sempre. Un giorno Deianira ebbe il sospetto che il suo sposo fosse un po’ troppo interessato a un’altra donna.
Dette a Ercole una tunica su cui aveva sparso un po’ del sangue del centauro morente. Ovviamente il sangue,
contaminato da quello dell’Idra, era un potente veleno. Quando Ercole indossò la tunica si compì la vendetta del centauro. Cominciò ad essere preda di dolori lancinanti e sentì le carni bruciargli in modo insopportabile da preferire la morte. Ma nessun mortale poteva ucciderlo ed Ercole decise di darsi la morte da sé facendosi bruciare vivo su una pira funeraria. Giove, impietosito dalla sorte del figlio prediletto, scese dal cielo e lo prese con sé nell’Olimpo mettendo fine alla sua agonia. Nell’Olimpo sposò Ebe, dea della giovinezza.
LE TESTIMONIANZE
A Tivoli si trovano i grandiosi resti del santuario di Ercole vincitore, dove era venerato come dio guerriero, protettore dei commerci e custode della transumanza delle greggi, attività fondamentale per la cittadina. Il suo culto sembra essere nato a Tivoli e poi trasferito a Roma alla fine dell’epoca repubblicana da Marco Ottavio Erennio. Collegato al tempio c’era un collegio di musici (tibicines). Le danze e i canti del culto si intensificavano nel mese di agosto, quando si celebrava il dies natalis di Ercole. Nel Foro Boario si conserva, quasi intatto, il Tempio di Ercole Vincitore che quasi certamente conteneva la statua in bronzo dorato di Ercole con i pomi delle Esperidi o Ercole del Foro Boario, ritrovata nei pressi.
Presso le terme di Caracalla la statua di Ercole in riposo sulla clava con in mano i pomi delle Esperidi Ercole Farnese. A Ostia antica i resti del tempio di Ercole Invitto, dove si esercitava un culto oracolare legato al fortuito ritrovamento di una statua di Ercole in mare. Diversi affreschi che raffigurano episodi di Ercole ritrovati a Pompei testimoniano la sua popolarità presso i Romani. La città di Ercolano si riteneva fondata da Ercole. Durante alcuni scavi in località Lierna, sul lago di Como, ritrovato un altare a lui dedicato.
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Cultura
Fantarcheologia: queste città sono esistite davvero?
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Fin dall’antichità l’uomo ha dedicato una parte importante della propria vita al pensiero e all’astratto. Un pensiero che ha dato vita a miti e leggende di cui parliamo e di cui cerchiamo le tracce ancora oggi, a metà del terzo decennio del nuovo millennio. È proprio questo il campo in cui si muove una branca dell’archeologia: la ricerca di testimonianze relative alle città e civiltà perdute. Oggi parleremo proprio di questo e proveremo a capire se questi miti hanno un fondo di verità.
Nel 360 a.C. Platone narrò nel suo dialogo “Timeo” di un’isola sconfinata, grande quanto Libia e Asia messe insieme, situata vicino alle Colonne d’Ercole. Più che un’isola un vero e proprio continente che noi abbiamo imparato a conoscere col nome di Atlantide. Per il filosofo greco, quella di Atlantide era una società ideale fatta di uomini lontani dalle debolezze “umane” e con una struttura formata da tre cerchi di terra e tre cerchi d’acqua. A dominare la scena erano dieci re che, sotto incarico di Poseidone, prendevano decisioni amministrative in piena armonia. Purtroppo, però, secondo la leggenda, i dieci si fecero corrompere dalla cupidigia scatenando l’ira di Zeus che riversò sulla città terremoti e diluvi che la sommersero per sempre.
Un’altra città che ha dato vita a miti e leggende e di cui si parla ancora oggi anche grazie a slot come El Dorado: The City of Gold e film come La Strada per El Dorado di Dreamworks, è la celebre “città dell’oro” Azteca. Secondo il mito l’El Dorado era una terra abbondante di ricchezze in cui l’uomo vedeva soddisfati i suoi bisogni senza sofferenza e senza bisogno di lavoro. C’è anche chi sostiene che si trovasse proprio qui la fonte dell’eterna giovinezza. Almeno è quello che credevano i conquistadores provenienti dalla Spagna che per cercarla si resero protagonisti di scorrerie e nefandezze di ogni tipo contro le popolazioni locali.
Tutti noi abbiamo ben presenti le incredibili sculture presenti nell’Isola di Pasqua, nel cuore del pacifico. In pochi sanno, invece, che la civiltà di Rapa Nui, venne fondata da navigatori polinesiani intorno al quarto secolo Dopo Cristo e che prosperò sfruttando le risorse naturali e faunistiche della zona. A conferma di questa tesi ci sono recenti scoperte archeologiche. Ne esistono poche, invece, della tesi contrapposta che sostiene che quando arrivarono sull’isola nel 1700, gli europei vi trovarono soltanto un territorio semi-deserto con una popolazione locale ridotta alla fame.
Ancora più avvolta nelle nebbie del mito è la civiltà di Lemuria che, si dice, fosse addirittura più antica di Atlantide. La leggenda di Lemuria è però molto più recente e risale al 19esimo secolo, periodo in cui alcuni studiosi ipotizzarono l’esistenza di un continente scomparso che avrebbe messo in comunicazione il Madagascar, l’India e L’Australia. Su chi la abitasse, su come fosse gestita e su quali piante e animali vivessero a Lemuria non esistono testimonianze storiche ma soltanto leggende estremamente suggestive.
Storia simile a quella di Lemuria è quella di Mu, un altro sconfinato territorio oggi scomparso e localizzato nel cuore dell’Oceano Pacifico. Anche in questo caso le principali leggende legate a Mu risalgono al 19esimo secolo e vanno ascritte all’opera di Augustus Le Plongeon, esploratore che dichiarò di aver trovato tracce Maya che parlavano di un’antica civiltà, quella di Mu appunto, che avrebbe avuto un impatto forte sulle popolazioni dell’Egitto e del Centro America. Purtroppo, però, le scritture di Le Plongeon non hanno trovato riscontri, né tantomeno prove archeologiche o testimonianze di sorta.
Non mancano miti e leggende di civiltà perdute anche nelle fredde terre del Nord e nelle regioni polari. Le due più note sono quelle legate a Iperborea e Thule, due regni di cui si hanno le prime testimonianze nelle opere di Erodoto e Plinio il Vecchio. Testimonianze che definiscono Iperborea come una terra abitata da entità vicine alle divinità e in cui regnavano serenità e ricchezza e Thule come un’isola localizzata ai confini delle terre note e popolata da popoli di guerrieri fieri e coraggiosi.
Attualità
Domenica delle Palme 2024: significato dei rametti d’ulivo benedetti
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Oggi, 24 marzo, si celebra la Domenica delle Palme, festa della tradizione cattolica che precede la Pasqua e ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. La data di questa festività varia ogni anno in base alla fine della Quaresima.
La Domenica delle Palme è la domenica che precede la Pasqua e si ispira alla festa ebraica di Sukkot, la “Festa delle Capanne”, durante la quale si ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella a un asino, accolto dalla folla con rami di palma o ulivo come simbolo di vittoria e pace.
La festa è osservata da cattolici, ortodossi e alcune Chiese Protestanti, ed è nota anche come la domenica della “Passione del Signore”.
La Domenica delle Palme commemora l’ultimo ingresso di Gesù a Gerusalemme prima della sua morte, quando fu accolto dalla folla agitando rami di palma e fu salutato con Osanna. Questo segna l’inizio della Settimana Santa, i sette giorni che precedono la Pasqua e che culminano con la passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo.
Durante la celebrazione della Domenica delle Palme, si benedicono i rametti di ulivo o palma, simboli di acclamazione, trionfo e immortalità di Cristo. Questi rametti vengono poi distribuiti ai fedeli durante la messa speciale dedicata alla ricorrenza.
La liturgia della Domenica delle Palme prevede la lettura della Passione di Gesù tratta dai Vangeli di Marco, Luca, e Matteo. La lettura viene fatta da tre persone che impersonano Cristo, il cronista e il popolo, e narra l’arresto, il processo giudaico e romano, la condanna, l’esecuzione, la morte e la sepoltura di Gesù.
Dopo la messa della Domenica delle Palme, i fedeli hanno l’usanza di portare a casa i rametti di ulivo benedetti, che vengono utilizzati per benedire la tavola imbandita prima del pranzo pasquale. I rametti diventano poi dei sacramentali, protetti dal diritto canonico, e possono essere seppelliti o riportati in chiesa per essere bruciati in vista della celebrazione del Mercoledì delle ceneri. Con la Domenica delle Palme ha inizio la Settimana Santa, che si conclude con il Giovedì Santo.
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