Cronaca
PAMELA Innocent Oseghale confessa: ecco il suo racconto

PAMELA Innocent Oseghale confessa: ecco il racconto del nigeriano.
PAMELA Innocent Oseghale confessa: “Ho fatto a pezzi il cadavere di Pamela“. E’ stato lo stesso 29enne nigeriano ad ammetterlo davanti ai magistrati della Procura di Macerata. Il corpo della 18enne romana era stato ritrovato lo scorso 30 gennaio, smembrato in due valigie nelle campagne intorno alla città marchigiana.
Oseghale, accusato di omicidio, vilipendio e distruzione di cadavere, è stato interrogato ieri davanti al procuratore capo di Macerata nel carcere di Marino del Tronto. L’uomo ha negato di aver abusato sessualmente della ragazza ed ha completamente scagionato il connazionale Desmond Lucky, tirato in causa in precedenza.
Assistito dagli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, ha invece raccontato che il decesso di Pamela sarebbe avvenuto in seguito ad un malore dopo avere assunto droga.
La ragazza – emerge dalla ricostruzione davanti ai magistrati – sarebbe morta dopo essersi iniettata eroina mentre si trovata nell’appartamento del nigeriano.
A ricostruire l’accaduto un video di Remo Croci, inviato della trasmissione “Quarto Grado”.
“Una volta a casa Pamela si è iniettata l’eroina e subito dopo si è sentita male. Ho chiesto aiuto a Anthony, un mio amico, al telefono. Lui mi ha suggerito di gettarle sul corpo dell’acqua fredda e di chiamare l’ambulanza. Ho avuto paura. Lei non rispondeva più. Sono uscito a fare delle consegne e quando sono tornato lei era morta.”
“Sono uscito a comprare un sacco per nascondere il corpo – prosegue Oseghale – Non ci sono riuscito perché il sacco era piccolo. Ho preso così la decisione di sezionare il corpo. Non l’avevo mai fatto prima. Ho nascosto i resti in due valigie e le ho portate con un taxi verso Sforzacosta ma ero al telefono e non mi sono accorto di aver superato il paese e così ho chiesto al tassista di lasciare le due valigie lungo il fossato. Temevo la reazione della mia compagna“.
Ultime Notizie Roma
La vicenda che ha sconvolto Anzio: arrestato per violenza sessuale

Latina, 18 luglio 2025 – È stato convalidato il fermo del 32enne arrestato sabato scorso ad Aprilia dalla Squadra Mobile di Roma. L’uomo, di origine straniera, è stato interrogato questa mattina nel carcere di Latina dal giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Cario, alla presenza del suo avvocato difensore Leonardo Palombi.
Durante l’interrogatorio, il fermato ha ammesso le proprie responsabilità in relazione ai fatti avvenuti il 12 maggio scorso ad Anzio, ai danni di una giovane donna di 19 anni. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la vittima sarebbe stata aggredita nei pressi della via Nettunense, dopo essere scesa da un autobus.
Il 32enne, già noto alle forze dell’ordine per altri precedenti, è stato rintracciato nei giorni successivi presso la stazione ferroviaria di Aprilia, dove si trovava in attesa di un treno diretto a Roma. Gli agenti lo hanno fermato e condotto in stato di arresto.
A seguito della confessione, il giudice ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere, in attesa dei prossimi sviluppi dell’indagine.
Ultime Notizie Roma
Roma, scandalo in divisa: sospesi quattro agenti, “spariti” 74 chili di droga durante le perquisizioni

Quattro agenti della Polizia di Stato, fino al 2023 in servizio presso il commissariato di San Lorenzo, sono stati sospesi dal servizio dal gip di Roma nell’ambito dell’inchiesta “Don Rodrigo”. Lo scorso 23 giugno, la stessa inchiesta aveva già portato all’arresto di due poliziotti e alla custodia cautelare per altre 16 persone.
I quattro, indagati a piede libero per falso, sono stati interrogati in sede di preventivo come previsto dalla riforma Nordio. Il gip ha disposto sei mesi di sospensione per una poliziotta ora all’Ispettorato Viminale e un anno per gli altri tre, di cui due alla squadra mobile di Napoli e uno che frequenta il corso da vice-ispettore.
Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia, durante due perquisizioni a San Lorenzo gli agenti avrebbero omesso di sequestrare complessivamente 74,5 chili di hashish, poi finiti a due pusher amici di colleghi già arrestati.
Nel corso degli interrogatori, le versioni discordanti e contraddittorie dei quattro sono state giudicate inattendibili dal giudice, che ha evidenziato una “volontà precisa di non ricostruire la verità” per evitare responsabilità.
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