Cronaca
ROMA Espulso l'”imam” di Rebibbia
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ROMA Espulso l'”imam” di Rebibbia. L’uomo ieri mattina dall’aeroporto di Fiumicino è stato rimpatriato nel suo paese, la Tunisia. È l’89° straniero espulso dall’inizio dell’anno, il 326° dal 2015. Considerato un pericolo per l’Italia sul fronte del terrorismo.
ROMA Espulso l'”imam” di Rebibbia. Tunisino di 32 anni, a Rebibbia lo chiamavano l’”imam” per le sue prediche, era finito in carcere per droga e rapina. Scarcerato il 22 agosto scorso era stato portato in un centro di permanenza in attesa del rimpatrio. Secondo gli accertamenti del Viminale che hanno poi portato alla decisione di espellerlo l’uomo “durante la preghiera che era solito guidare, si dedicava a una pressante azione di divulgazione dell’ideologia radicale”.
Nel carcere di via Tiburtina il tunisino inneggiava e invitava ad esultare per gli autori di attentati commessi in Europa negli ultimi anni. Ma aveva anche manifestato “il proprio dolore” per la morte di Anis Amri. Il terrorista autore della strage al mercatino di Natale nel centro di Berlino avvenuta nel dicembre 2016 e poi ucciso in un conflitto a fuoco dalla polizia italiana a Sesto San Giovanni qualche giorno dopo. Secondo il Viminale l’imam “si era detto pronto ad emularne le gesta”. Un detenuto comune prestato alla causa jihadista. E per questo tenuto sotto controllo, perfino in ogni parola che pronunciava.
LE INDAGINI
Le indagini hanno portato inoltre all’arresto di alcuni fiancheggiatori dei terroristi e allo smantellamento di una vera e propria cellula fra Roma e Aprilia. Nello stesso centro dove Amri era transitato poco prima di colpire in Germania. Ieri oltre al tunisino sono stati rimpatriati anche tre egiziani, reclusi in Cpr di altre regioni. Anche loro trentenni, osservati durante la detenzione in altri istituti di pena e sorpresi a inneggiare per attentati contro i paesi occidentali e a invocare nuove azioni. Si tratta di un’ulteriore accelerazione delle misure di prevenzione nei confronti di soggetti vicini alla rete dell’islamismo radicale, insieme con i nuovi decreti su sicurezza e immigrazioni che, fra l’altro, prevedono strette sul noleggio dei furgoni, daspo urbani anche per quanto riguarda fiere e mercati, ampliamento dei reati che causano la revoca del permesso da rifugiato.
Cronaca
Prime dieci sospensioni effettuate
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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.
Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.
I DANNI
Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.
LA RIAPERTURA
In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.
Cronaca
Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda
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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.
LA SEQUENZA
La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.
SOTTO LA LENTE
Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.
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