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Cronaca

ROMA Bus si incendia sulla Pontina: tragedia sfiorata

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ROMA Bus si incendia sulla Pontina: tragedia sfiorata

ROMA Bus si incendia sulla Pontina: tragedia sfiorata.

ROMA Bus si incendia sulla Pontina. Si è aperta con una tragedia sfiorata l’Immacolata nella Capitale. Erano infatti circa le 7 del mattino quando l’autobus Atac 700 è stato letteralmente avvolto dalle fiamme. Il rogo è divampato sulla Pontina, nei pressi di Spinaceto, tra il Grande Raccordo Anulare e la via Pontina. Ancora ignote le cause delle fiamme, che in pochi minuti hanno avvolto il mezzo. Sul posto i vigili del fuoco.

Testimoni raccontano di un autista che, impossibilitato ad uscire dall’abitacolo a causa delle porte bloccate, ha dovuto ricorrere ai finestrini, unica via di fuga. Per fortuna non ci sono stati feriti, ma le fiamme e il fumo nero erano ben visibili in tutto il quadrante dell’Eur e delle aree di Spinaceto, Vitinia e Mostacciano. La vettura, proveniente dalla rimessa di Acilia, è stata rimossa dalla carreggiata intorno alle 8, dopo lo spegnimento dell’incendio. Atac informa che “avvierà tutti gli accertamenti necessari per individuare le ragioni dell’accaduto. La vettura era in servizio da oltre 15 anni“.

Diventano dunque 21 i casi di flambus a Roma da inizio 2018. L’ultimo si era verificato sul Raccordo Anulare, in via di Carcaricola, fra le zone di Giardinetti e Tor Vergata, il 10 agosto. Il 19 luglio invece era stato lo 07 a essere preda delle fiamme domate da un primo intervento dell’autista e poi dai pompieri. Il bus prese fuoco sulla via Litoranea, all’altezza del Terzo Cancello.

Ancora prima c’era stata una vettura devastata in viale Regina Elena. Mentre il 26 giugno un mezzo pubblico Atac della linea 508 venne avvolto in una palla di fuoco in via Roccalumera, zona Prato Fiorito – Ponte di Nona. L’episodio era stato preceduto, poche ore prima, da un mezzo della linea Roma Tpl (lo 078), che viaggiava sulla via Pontina.

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Cronaca

Corrado Veneziano e le facce di Cristo al Mausoleo di Santa Costanza

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Corrado Veneziano e le facce di Cristo al Mausoleo di Santa Costanza

Cristo finisce in mezzo ai casini globali: un artista italiano immagina il Salvatore tra le rovine di Gaza, l’inferno ucraino e i barconi del Mediterraneo, mescolando fede e geopolitica in una mostra che fa a pugni con il politically correct. #ArteControversa #CristoNeiGuai #PaceOFake

La Filosofia Dietro la Mostra

L’artista Corrado Veneziano non le manda a dire: in “Yeshu’a – Il volto, i volti di Cristo”, esposta al Mausoleo di Santa Costanza fino al 24 aprile, reimmagina Cristo non come un santino polveroso, ma come un testimone scomodo dei disastri moderni. Parliamo di grida inascoltate in zone di guerra, silenzi colpevoli dei potenti e viaggi disperati che finiscono in tragedia. È come se dicesse: “Ehi, mondo, Cristo è qui, nei posti dove nessuno vuole guardare”.

Le Opere e i Luoghi Caldi

Nel cuore della mostra, venti opere uniscono icone cristiane con mappe del mondo reale, numeri, coordinate e simboli culturali, creando un mix che fa riflettere – o ridere, a seconda di quanto sei cinico. I pezzi forti? Tre tele inedite che piazzano il volto di Cristo dritto nei casini: uno nella Striscia di Gaza e Medio Oriente, un altro nell’Europa orientale tra Ucraina, Bielorussia e Romania, e un terzo nel Mediterraneo, con un occhio a Lampedusa. Veneziano spiega: “Questi volti si sovrappongono alle mappe, incrociando linee che decidono destini umani, come grida che ti fissano e ti chiedono: ‘E tu che fai?'”. È un richiamo alla pace, ma con un tocco di sarcasmo verso chi predica senza agire.

Simboli e Messaggi Scomodi

Oltre ai volti, l’artista infila simboli classici come l’ulivo, la colomba e una croce fluttuante, ma li usa per puntare il dito su ipocrisie globali. Niente di troppo soft: è arte che evoca risposte, o almeno ci prova, in un mondo dove la pace sembra solo un hashtag. Qui, ogni opera è un pugno allo stomaco, ricordandoti che l’arte non è solo per salotti borghesi.

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Sta per saltar fuori: Massimo Barberio è parzialmente handicappato.

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Sta per saltar fuori: Massimo Barberio è parzialmente handicappato.

Uccide la madre a coltellate, la nasconde in un armadio sigillato col cemento, e ora rischia di tornarsene a casa libero perché “pazzo”? Un vero schiaffo alla giustizia! #Matricidio #GiustiziaFallita #PsicopaticiInLibertà

Il Delitto e la Possibile Libertà

Massimo Barberio, 61 anni, ha confessato di aver accoltellato a morte la madre nel 2023, per poi infilarne il corpo in un sacco e murarlo in un armadio. L’uomo è attualmente in carcere, ma il procuratore Antonio Verdi ha chiesto solo 10 anni di reclusione dopo che un consulente ha rilevato un parziale vizio di mente. Tuttavia, il perito del Tribunale ha sentenziato che Barberio era totalmente incapace di intendere e volere, descrivendolo come non pericoloso per gli altri – solo per se stesso, con una “severa possibilità autolesionistica”. Se i giudici gli danno retta, questo tizio potrebbe schivare la prigione e tornare libero, magari a farsi un caffè.

La Difesa dell’Imputato

L’avvocato Giancarlo Rizzo dipinge Barberio come un povero diavolo in preda a un delirio, un “suicidio metaforico” dove l’uccisione della madre sarebbe solo un modo distorto per ferire se stesso. “Freud parlava del matricidio come del crimine primordiale,” ha commentato il legale, sostenendo che non c’è rischio per la società. Insomma, secondo lui, Barberio è più un caso da divano che da galera – una difesa che fa storcere il naso, ma chissà, magari funziona.

Il Racconto dell’Omicidio

I fatti risalgono al 19 settembre 2023 in un appartamento di Primavalle. Barberio ha ricostruito la scena: era l’alba, la madre preparava il caffè, e lui, in un raptus, l’ha accoltellata da dietro. “L’ho colpita tre volte, le ho chiuso gli occhi,” ha detto. Il movente? Soldi: dicevano che i debiti da 2.000 euro su una pensione da 700 erano insostenibili, e lui non voleva che lei lo sapesse. Poi, per coprire l’odore, ha sigillato il corpo con plastica e cemento. Undici giorni dopo, ha chiamato i carabinieri e li ha aspettati con le valigie pronte, ammettendo: “So di meritare la punizione”. Ora tocca ai giudici decidere se sia davvero così innocuo.

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