Cultura
ROMA MISTERIOSA La ‘Pimpaccia’
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ROMA MISTERIOSA La ‘Pimpaccia‘. Olimpia Maidalchini, nasce a Viterbo nel 1591. Legò la sua vita al potente casato della famiglia Pamphili e alla figura di Papa Innocenzo X.
Proprio per il ruolo che ricoprì La ‘Pimpaccia‘ divenne oggetto di sberleffo in numerose pasquinate. Il suo carattere si manifestò già in tenera età quando si ribellò alla volontà del padre di confinarla a una esistenza monastica. Poco prima di prendere i voti, infatti, accusò il suo padre spirituale di averla molestata. La denuncia ebbe delle ricadute sia sul sacerdote che sulla vita di Olimpia. A sedici anni sposò il suo primo marito, un ricco ed anziano proprietario terriero. La sua fama e la sua notorietà si devono però alle seconde nozze.
La giovane, ereditato il patrimonio del marito e desiderosa di scalare la società romana, scelse di unirsi in matrimonio con Pamphilio Pamphili. Ma non fu neanche il marito a regalarle potere e celebrità quanto il cognato Giovanni Battista. Quando nel 1644 venne eletto papa con il nome di Innocenzo X il rapporto tra di loro era già molto stretto. Poco dopo la salita al soglio pontificio sottoscrisse un testamento in cui dichiarava Olimpia erede dei suoi beni e dei suoi possedimenti. L’anno dopo la nominò principessa di San Martino al Cimino assegnandole le proprietà di famiglia nel borgo viterbese.
Cominciarono a circolare le prime voci maligne che asserivano che Olimpia aveva in mano le redini del papato. Da questo, il suo primo soprannome: la ‘Papessa’. La nobildonna scontava il suo presenzialismo. Olimpia era infatti solita affiancare il Papa nelle cerimonie ufficiali, come durante la visita del Viceré di Napoli e l’apertura della Porta Santa al Giubileo del 1650. Storie sulla sua brama di potere e sulla sua avidità ne giravano tante a Roma, qualcuno addirittura scrisse attacchi alla nobildonna sotto forma di pasquinate. E proprio da una di queste poesie popolari nacque il secondo soprannome, quello di ‘Pimpaccia’.
La Pimpa era un’opera teatrale che metteva in scena la figura di una donna avida e spregiudicata. La sua disgrazia, dopo alcuni contrasti familiari, coincise con la morte del Papa. Il neoeletto Alessandro VII nel 1655 la condannò all’esilio e Olimpia passò gli ultimi anni della sua vita tra Orvieto, Viterbo e San Martino del Cimino, dove morì di peste nel 1657. A lei è legata la leggenda che la vuole correre a bordo della sua carrozza piena di monete e di ori la notte del 7 gennaio, il giorno della morte di Papa Innocenzo. Secondo la tradizione la ‘Pimpaccia’ appare per le strade di Roma su un cocchio trainato da quattro cavalli neri. Avida e bramosa, percorre la strada che collega palazzo Pamphili di piazza Navona con quello di Villa Pamphili fino ad attraversare ponte Sisto e venire inghiottita dal Tevere.
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Cultura
Fantarcheologia: queste città sono esistite davvero?
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Fin dall’antichità l’uomo ha dedicato una parte importante della propria vita al pensiero e all’astratto. Un pensiero che ha dato vita a miti e leggende di cui parliamo e di cui cerchiamo le tracce ancora oggi, a metà del terzo decennio del nuovo millennio. È proprio questo il campo in cui si muove una branca dell’archeologia: la ricerca di testimonianze relative alle città e civiltà perdute. Oggi parleremo proprio di questo e proveremo a capire se questi miti hanno un fondo di verità.
Nel 360 a.C. Platone narrò nel suo dialogo “Timeo” di un’isola sconfinata, grande quanto Libia e Asia messe insieme, situata vicino alle Colonne d’Ercole. Più che un’isola un vero e proprio continente che noi abbiamo imparato a conoscere col nome di Atlantide. Per il filosofo greco, quella di Atlantide era una società ideale fatta di uomini lontani dalle debolezze “umane” e con una struttura formata da tre cerchi di terra e tre cerchi d’acqua. A dominare la scena erano dieci re che, sotto incarico di Poseidone, prendevano decisioni amministrative in piena armonia. Purtroppo, però, secondo la leggenda, i dieci si fecero corrompere dalla cupidigia scatenando l’ira di Zeus che riversò sulla città terremoti e diluvi che la sommersero per sempre.
Un’altra città che ha dato vita a miti e leggende e di cui si parla ancora oggi anche grazie a slot come El Dorado: The City of Gold e film come La Strada per El Dorado di Dreamworks, è la celebre “città dell’oro” Azteca. Secondo il mito l’El Dorado era una terra abbondante di ricchezze in cui l’uomo vedeva soddisfati i suoi bisogni senza sofferenza e senza bisogno di lavoro. C’è anche chi sostiene che si trovasse proprio qui la fonte dell’eterna giovinezza. Almeno è quello che credevano i conquistadores provenienti dalla Spagna che per cercarla si resero protagonisti di scorrerie e nefandezze di ogni tipo contro le popolazioni locali.
Tutti noi abbiamo ben presenti le incredibili sculture presenti nell’Isola di Pasqua, nel cuore del pacifico. In pochi sanno, invece, che la civiltà di Rapa Nui, venne fondata da navigatori polinesiani intorno al quarto secolo Dopo Cristo e che prosperò sfruttando le risorse naturali e faunistiche della zona. A conferma di questa tesi ci sono recenti scoperte archeologiche. Ne esistono poche, invece, della tesi contrapposta che sostiene che quando arrivarono sull’isola nel 1700, gli europei vi trovarono soltanto un territorio semi-deserto con una popolazione locale ridotta alla fame.
Ancora più avvolta nelle nebbie del mito è la civiltà di Lemuria che, si dice, fosse addirittura più antica di Atlantide. La leggenda di Lemuria è però molto più recente e risale al 19esimo secolo, periodo in cui alcuni studiosi ipotizzarono l’esistenza di un continente scomparso che avrebbe messo in comunicazione il Madagascar, l’India e L’Australia. Su chi la abitasse, su come fosse gestita e su quali piante e animali vivessero a Lemuria non esistono testimonianze storiche ma soltanto leggende estremamente suggestive.
Storia simile a quella di Lemuria è quella di Mu, un altro sconfinato territorio oggi scomparso e localizzato nel cuore dell’Oceano Pacifico. Anche in questo caso le principali leggende legate a Mu risalgono al 19esimo secolo e vanno ascritte all’opera di Augustus Le Plongeon, esploratore che dichiarò di aver trovato tracce Maya che parlavano di un’antica civiltà, quella di Mu appunto, che avrebbe avuto un impatto forte sulle popolazioni dell’Egitto e del Centro America. Purtroppo, però, le scritture di Le Plongeon non hanno trovato riscontri, né tantomeno prove archeologiche o testimonianze di sorta.
Non mancano miti e leggende di civiltà perdute anche nelle fredde terre del Nord e nelle regioni polari. Le due più note sono quelle legate a Iperborea e Thule, due regni di cui si hanno le prime testimonianze nelle opere di Erodoto e Plinio il Vecchio. Testimonianze che definiscono Iperborea come una terra abitata da entità vicine alle divinità e in cui regnavano serenità e ricchezza e Thule come un’isola localizzata ai confini delle terre note e popolata da popoli di guerrieri fieri e coraggiosi.
Attualità
Domenica delle Palme 2024: significato dei rametti d’ulivo benedetti
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Oggi, 24 marzo, si celebra la Domenica delle Palme, festa della tradizione cattolica che precede la Pasqua e ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. La data di questa festività varia ogni anno in base alla fine della Quaresima.
La Domenica delle Palme è la domenica che precede la Pasqua e si ispira alla festa ebraica di Sukkot, la “Festa delle Capanne”, durante la quale si ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella a un asino, accolto dalla folla con rami di palma o ulivo come simbolo di vittoria e pace.
La festa è osservata da cattolici, ortodossi e alcune Chiese Protestanti, ed è nota anche come la domenica della “Passione del Signore”.
La Domenica delle Palme commemora l’ultimo ingresso di Gesù a Gerusalemme prima della sua morte, quando fu accolto dalla folla agitando rami di palma e fu salutato con Osanna. Questo segna l’inizio della Settimana Santa, i sette giorni che precedono la Pasqua e che culminano con la passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo.
Durante la celebrazione della Domenica delle Palme, si benedicono i rametti di ulivo o palma, simboli di acclamazione, trionfo e immortalità di Cristo. Questi rametti vengono poi distribuiti ai fedeli durante la messa speciale dedicata alla ricorrenza.
La liturgia della Domenica delle Palme prevede la lettura della Passione di Gesù tratta dai Vangeli di Marco, Luca, e Matteo. La lettura viene fatta da tre persone che impersonano Cristo, il cronista e il popolo, e narra l’arresto, il processo giudaico e romano, la condanna, l’esecuzione, la morte e la sepoltura di Gesù.
Dopo la messa della Domenica delle Palme, i fedeli hanno l’usanza di portare a casa i rametti di ulivo benedetti, che vengono utilizzati per benedire la tavola imbandita prima del pranzo pasquale. I rametti diventano poi dei sacramentali, protetti dal diritto canonico, e possono essere seppelliti o riportati in chiesa per essere bruciati in vista della celebrazione del Mercoledì delle ceneri. Con la Domenica delle Palme ha inizio la Settimana Santa, che si conclude con il Giovedì Santo.
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