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Cultura

ROMA ANTICA Le Regioni Romane

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ROMA ANTICA Le Regioni Romane

ROMA ANTICA Le Regioni. Il territorio di Roma è da sempre suddiviso in ‘regiones’, ovvero in distretti o circoscrizioni che articolano e organizzano l’Urbe al suo interno. La prima volta avvenne intorno alla metà del VI secolo a.C. con il re Servio Tullio.

Infatti in concomitanza della costruzione delle mura (che da lui presero il nome di Mura Serviane) divise la città in quattro Regioni, o tribù territoriali. “Suburana” comprendente la Suburra, la valle del Colosseo e il Celio, ‘Esquilina’ comprendente l’Esquilino, ‘Collina’ corrispondente ai colli Viminale e Quirinale, ‘Palatina’ comprendente il Palatino, la Velia e la zona del Foro Romano.

La grande riorganizzazione amministrativa voluta da Augusto tra il 7 e il 6 a.C. comportò la seconda divisione territoriale. La città infatti venne suddivisa in 14 regioni. Le ‘regiones’ erano assegnate a magistrati statali sorteggiati annualmente. Inoltre erano suddivise in 265 ‘vici’ o ‘quartieri’ affidati a commissari (magistri vicorum) eletti dagli abitanti dei quartieri stessi. Inizialmente furono contrassegnate con un numero di ordine progressivo e solo poi indicate anche con una denominazione toponomastica.

Porta Capena (tra via Appia e il Celio), Caelimontium (Celio), Isis et Serapis (la valle del Colosseo e Colle Oppio), Templum Pacis (la Velia e la zona che dalla via Sacra e dal Templum Pacis andava verso la Subura), Esquiliae (Cispio ed Esquilino), Alta Semita (Quirinale, Viminale e la parte orientale del Pincio), Via Lata (la piana ad est della via Lata e la parte occidentale del Pincio), Forum Romanum et Magnum (Foro Romano, Fori Imperiali e Campidoglio), Circus Flaminius (Campo Marzio tra la via Lata e il Tevere), Palatium (Palatino), Circus Maximus (Foro Boario, Velabro e Circo Massimo), Piscina Publica (Piccolo Aventino e Terme di Caracalla), Aventinus (Aventino e piana del Testaccio) e Trans Tiberim (Isola Tiberina e Trastevere).

I RIONI

Dalle regiones deriva anche la denominazione ‘rioni’ delle XXII suddivisioni moderne del centro storico. Queste non hanno funzione amministrativa ma che nella toponomastica riassumono e preservano i valori storico-culturali. La rivolta dei Romani nei confronti del papa diede vita nel 1143 a un Comune autonomo che proclamò la ‘Renovatio Senatus’: il nuovo organismo municipale (seppure di breve durata) che si insediò sul Campidoglio provvide a un grande rinnovamento urbanistico, compresa la suddivisione della città in dodici rioni. Dal XIII fino al XVI secolo ricorre spesso la suddivisione della città in 13 rioni, 12 sulla riva sinistra e Trastevere sulla destra.

I CONFINI

Nel Catalogo di Torino del 1330 circa si legge che “In Urbe sunt tredecim regiones quae corrupto vulgari vocabulo dicuntur rioni” ovvero “In Roma vi sono tredici regioni che con parola corrotta in volgare sono chiamate rioni”. Nel 1586 Sisto V ruppe l’antica tradizione dei 13 rioni romani riconoscendone un quattordicesimo, Borgo, fino ad allora incorporato a Ponte. All’inizio del XVIII secolo le incertezze sui confini dei rioni esistono anche a livello amministrativo (per le ronde notturne o per la pulizia delle strade) finché il 18 maggio 1743, con chirografo di papa Benedetto XIV, i confini sono ben stabiliti con tanto di lapidi, fornite di nome e stemma affisse sui muri della città.

Nel 1874, quasi tre secoli dopo Sisto V, i rioni aumentano a 15: si aggiunge l’Esquilino, ritagliato da Monti. L’elencazione comunale del 1921 codifica così i rioni: I Monti, II Trevi, III Colonna, IV Campo Marzio, V Ponte, VI Parione, VII Regola, VIII S.Eustachio, IX Pigna, X Campitelli, XI S.Angelo, XII Ripa, XIII Trastevere, XIV Borgo, XV Esquilino, XVI Ludovisi (da Colonna), XVII Sallustiano (da Trevi), XVIII Castro Pretorio (da Monti), XIX Celio (da Campitelli), XX Testaccio (da Ripa), XXI San Saba (da Ripa) e XXII Prati.

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Cultura

Fantarcheologia: queste città sono esistite davvero?

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Fantarcheologia: queste città sono esistite davvero?

Fin dall’antichità l’uomo ha dedicato una parte importante della propria vita al pensiero e all’astratto. Un pensiero che ha dato vita a miti e leggende di cui parliamo e di cui cerchiamo le tracce ancora oggi, a metà del terzo decennio del nuovo millennio. È proprio questo il campo in cui si muove una branca dell’archeologia: la ricerca di testimonianze relative alle città e civiltà perdute. Oggi parleremo proprio di questo e proveremo a capire se questi miti hanno un fondo di verità.

Nel 360 a.C. Platone narrò nel suo dialogo “Timeo” di un’isola sconfinata, grande quanto Libia e Asia messe insieme, situata vicino alle Colonne d’Ercole. Più che un’isola un vero e proprio continente che noi abbiamo imparato a conoscere col nome di Atlantide. Per il filosofo greco, quella di Atlantide era una società ideale fatta di uomini lontani dalle debolezze “umane” e con una struttura formata da tre cerchi di terra e tre cerchi d’acqua. A dominare la scena erano dieci re che, sotto incarico di Poseidone, prendevano decisioni amministrative in piena armonia. Purtroppo, però, secondo la leggenda, i dieci si fecero corrompere dalla cupidigia scatenando l’ira di Zeus che riversò sulla città terremoti e diluvi che la sommersero per sempre.

Un’altra città che ha dato vita a miti e leggende e di cui si parla ancora oggi anche grazie a slot come El Dorado: The City of Gold e film come La Strada per El Dorado di Dreamworks, è la celebre “città dell’oro” Azteca. Secondo il mito l’El Dorado era una terra abbondante di ricchezze in cui l’uomo vedeva soddisfati i suoi bisogni senza sofferenza e senza bisogno di lavoro. C’è anche chi sostiene che si trovasse proprio qui la fonte dell’eterna giovinezza. Almeno è quello che credevano i conquistadores provenienti dalla Spagna che per cercarla si resero protagonisti di scorrerie e nefandezze di ogni tipo contro le popolazioni locali.

Tutti noi abbiamo ben presenti le incredibili sculture presenti nell’Isola di Pasqua, nel cuore del pacifico. In pochi sanno, invece, che la civiltà di Rapa Nui, venne fondata da navigatori polinesiani intorno al quarto secolo Dopo Cristo e che prosperò sfruttando le risorse naturali e faunistiche della zona. A conferma di questa tesi ci sono recenti scoperte archeologiche. Ne esistono poche, invece, della tesi contrapposta che sostiene che quando arrivarono sull’isola nel 1700, gli europei vi trovarono soltanto un territorio semi-deserto con una popolazione locale ridotta alla fame.

Ancora più avvolta nelle nebbie del mito è la civiltà di Lemuria che, si dice, fosse addirittura più antica di Atlantide. La leggenda di Lemuria è però molto più recente e risale al 19esimo secolo, periodo in cui alcuni studiosi ipotizzarono l’esistenza di un continente scomparso che avrebbe messo in comunicazione il Madagascar, l’India e L’Australia. Su chi la abitasse, su come fosse gestita e su quali piante e animali vivessero a Lemuria non esistono testimonianze storiche ma soltanto leggende estremamente suggestive.

Storia simile a quella di Lemuria è quella di Mu, un altro sconfinato territorio oggi scomparso e localizzato nel cuore dell’Oceano Pacifico. Anche in questo caso le principali leggende legate a Mu risalgono al 19esimo secolo e vanno ascritte all’opera di Augustus Le Plongeon, esploratore che dichiarò di aver trovato tracce Maya che parlavano di un’antica civiltà, quella di Mu appunto, che avrebbe avuto un impatto forte sulle popolazioni dell’Egitto e del Centro America. Purtroppo, però, le scritture di Le Plongeon non hanno trovato riscontri, né tantomeno prove archeologiche o testimonianze di sorta.

Non mancano miti e leggende di civiltà perdute anche nelle fredde terre del Nord e nelle regioni polari. Le due più note sono quelle legate a Iperborea e Thule, due regni di cui si hanno le prime testimonianze nelle opere di Erodoto e Plinio il Vecchio. Testimonianze che definiscono Iperborea come una terra abitata da entità vicine alle divinità e in cui regnavano serenità e ricchezza e Thule come un’isola localizzata ai confini delle terre note e popolata da popoli di guerrieri fieri e coraggiosi.

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Domenica delle Palme 2024: significato dei rametti d’ulivo benedetti

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Domenica delle Palme 2024: significato dei rametti d’ulivo benedetti

Oggi, 24 marzo, si celebra la Domenica delle Palme, festa della tradizione cattolica che precede la Pasqua e ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. La data di questa festività varia ogni anno in base alla fine della Quaresima.
La Domenica delle Palme è la domenica che precede la Pasqua e si ispira alla festa ebraica di Sukkot, la “Festa delle Capanne”, durante la quale si ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella a un asino, accolto dalla folla con rami di palma o ulivo come simbolo di vittoria e pace.
La festa è osservata da cattolici, ortodossi e alcune Chiese Protestanti, ed è nota anche come la domenica della “Passione del Signore”.

La Domenica delle Palme commemora l’ultimo ingresso di Gesù a Gerusalemme prima della sua morte, quando fu accolto dalla folla agitando rami di palma e fu salutato con Osanna. Questo segna l’inizio della Settimana Santa, i sette giorni che precedono la Pasqua e che culminano con la passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo.
Durante la celebrazione della Domenica delle Palme, si benedicono i rametti di ulivo o palma, simboli di acclamazione, trionfo e immortalità di Cristo. Questi rametti vengono poi distribuiti ai fedeli durante la messa speciale dedicata alla ricorrenza.

La liturgia della Domenica delle Palme prevede la lettura della Passione di Gesù tratta dai Vangeli di Marco, Luca, e Matteo. La lettura viene fatta da tre persone che impersonano Cristo, il cronista e il popolo, e narra l’arresto, il processo giudaico e romano, la condanna, l’esecuzione, la morte e la sepoltura di Gesù.

Dopo la messa della Domenica delle Palme, i fedeli hanno l’usanza di portare a casa i rametti di ulivo benedetti, che vengono utilizzati per benedire la tavola imbandita prima del pranzo pasquale. I rametti diventano poi dei sacramentali, protetti dal diritto canonico, e possono essere seppelliti o riportati in chiesa per essere bruciati in vista della celebrazione del Mercoledì delle ceneri. Con la Domenica delle Palme ha inizio la Settimana Santa, che si conclude con il Giovedì Santo.

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