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“Boulevard” – La promessa di R. Williams
“Boulevard” – La promessa di R. Williams
Dopo due settimane, di sillabe trattenute e lontana da voi, desidero tornare a scrivervi di un “messia”, ottantaquattro minuti che raccontano lo spegnimento di un Dio.
Ottantaquattro minuti che spiegano quanto sia suicida vivere in una quieta disperazione, piuttosto che in una pericolosa felicità, in una rischiosa realtà.
“Da piccolo, mi piacevano i Motel. Mi piaceva essere altrove”.
Nolan ha scelto un altro luogo lungo tutta la sua esistenza, senza mai lasciare spazio a sé.
Ha percorso un’unica strada, lenta e diradante verso l’annientamento del suo “essere” umano.
Represso amore e accettato la convenzione, in un vuoto seppellente, nella quale si è sepolto.
E’ con “Boulevard”, che Robin Williams regala, dopo una carriera di rassicurante e luminare talento, di eccessi sopiti e dipendenze negate all’outing, nel suo sguardo, ormai appassito, l’ultima promessa: di essere stato straordinario a mentire.
Di essere stato la più grande guida esistente, in strade che ormai era stanco di percorrere e seppur a stento, le ha percorse come storia e con dignità, in tutti i suoi colori.
Che in Boulevard, sono sbiaditi di ogni significato e spinta, a vivere ancora.
Questo ruolo, questo suo ultimo film, è stata la sua rivelazione, un prologo al “non tempo” e al “non luogo” in cui è annegato, come Nolan, un uomo comune, con una moglie giusta, un lavoro proficuo e confortevole, un amico colto e attento e ogni viale alla sua perfetta angolazione, dietro al quale svoltare e conoscere sempre la risposta: mentire per andare avanti e negarsi la felicità.
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Di questo lungometraggio, l’omosessualità è solo un geniale pretesto, la più immediata illustrazione di come chi trascura la propria verità, rifugiandosi in “altrovi” che non lo appagheranno mai, annega. Muore, come Robin Williams, che diversamente, in Nolan, nel suo sbiadito ultimo fotogramma, ha desiderato ancora una volta dire “Forse una possibilità esiste, forse tutto questo non può non avere un senso”.
Perché finché si è ancora in grado di donarsi all’amore, esisterà sempre un nuovo boulevard fiorito da percorrere.A cullare questa perla umanistica, questo ennesimo insegnamento, è la regia di Dito Montiel, che dilaga nelle distanze, inesorabile nel tempo.
Una camera che sfugge sapientemente a prospettive, per catturare introspezioni.
E’ dolce la mano che accoccola la storia, perché decide di sedersi e lasciare la parola al maestro, Robin.
Non esagera, quasi non si espone, una regia che si dimette al significato, che non scommette, se non ammettendo che il vuoto esiste. Esiste, eccome.
Ha il coraggio di pronunciarlo. Senza urlare.
Ottantaquattro minuti di bisbigli e voce taciuta.
Ha il coraggio di ammettere che un dono, un abbraccio, il profumo di una pelle che ti è negata, che Nolan si è proibito per un’eternità immobile, ha più valore del sesso.
Quell’amore, quella chance ha più valore di qualunque appagamento sessuale.
Nolan lo sa. Robin lo sa. Ed oggi, per chi non lo ha assaporato, dovrà saperlo.
Che è esistito un uomo, che ha mentito nell’unico modo in cui può esistere la verità: esistendo a metà.
Sebbene, io, noi, potremo amarlo per la sua immortale pienezza.
Di Gioia Perpetua
Ecco il trailer ufficiale