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Cultura

ROMA ANTICA Il Colombario

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ROMA ANTICA Il Colombario

ROMA ANTICA II Colombario era un genere di sepolcro romano costruito per contenere le ceneri dei cremati. Se ne fece uso negli ultimi secoli della repubblica fino all’età degli Antonini.

Le urne cinerarie venivano conservate in nicchie ricavate nelle pareti durante la costruzione. Ciò dava all’edificio l’aspetto d’una colombaia, da qui il nome Colombario. I più antichi risalgono alla metà del I sec. a.C.. Forse sono una trasformazione del sepolcro etrusco a loculi, forse una invenzione romana creata dopo le guerre sociali per economia di spazio e di spesa. Infatti le ceneri che restavano dalla combustione dei cadaveri venivano deposte entro olle di coccio racchiuse nel muro, due per nicchia. Queste erano di forma semicircolare e avevano, sotto un cartello di marmo o dipinto sull’intonaco, il nome del defunto (anche se non sempre). Gli stessi autori antichi riferiscono che molte tombe erano anonime.

I colombari appartenevano in genere a collegi funeratici o a grandi corporazioni. Dato il carattere di tali edifici i sepolti erano quasi sempre di bassa condizione (servi, liberti, operai). A volte i colombari erano costruiti da speculatori che rivendevano i loculi. Le nicchie cominciavano quasi al piano del pavimento e salivano fino all’imposta della volta estendendosi anche nei pilastri posti a sostegno della volta stessa, nei sottoscala, nelle rientranze delle pareti. Quando le nicchie erano tutte piene, si addossava un basamento tutto intorno alle pareti per altre olle, oppure si muravano le olle già esistenti e sopra di esse, entro le nicchie, si ponevano delle urne marmoree.

I COLOMBARI DI SAN PAOLO

Alcuni amavano ornare il proprio sepolcro o quello dei parenti con maggior lusso, rivestendolo con lastre di marmo o con un prospetto su colonnine o con pitture nell’intradosso e sul frontone che rappresentano di solito soggetti dell’Ade o scene di genere. Il cimitero scoperto presso la basilica di S. Paolo ci ha rivelato l’esistenza di un genere di piccoli colombari di famiglia della capacità di 20 o 30 loculi al massimo. Il fronte è costituito da una parete di mattoni terminante a timpano con una piccola porta incorniciata di travertino e con due finestrelle in alto per l’aerazione. Nel timpano l’iscrizione del proprietario incisa su una lastra di marmo murata.

Tra i grandi colombari ben conservati quelli della Vigna Codini sulla via Appia, unici rimasti di una serie numerosa che si estendeva su entrambi i fianchi della via fino al 3° miglio. Quelli dei servi e liberti di Augusto presso il 1° miglio della stessa via. Quello degli Arrunzi presso la Porta Maggiore. Quelli di tipo signorile nel Sepolcreto Salario, ecc.. Recentemente ne sono stati trovati alcuni molto ben conservati nell’Isola Sacra, tra Ostia e Fiumicino, adorni con stucchi e pitture di notevole pregio artistico. Nell’Etruria meridionale non sono rari i casi di colombari interamente scavati nella roccia.

LE PITTURE

Quando nell’età dei primi Antonini al rito della cremazione si andò sostituendo a poco a poco quello dell’inumazione i colombari già completi furono nuovamente utilizzati approfondendo il piano del pavimento e costruendovi delle tombe a fossa con spallette di mattoni, dette formae, spesso a più piani sovrapposti; tuttavia furono sempre rispettate le tombe esistenti. Interessanti alcuni colombari rinvenuti sotto la chiesa di S. Sebastiano sull’Appia.

Questi, progettati per il rito crematorio, durante la costruzione stessa o subito dopo, furono adattati per ricevere cadaveri inumati, evidentemente a causa di un cambiamento di fede dei proprietari che, divenuti cristiani, vollero essere sepolti presso la memoria degli apostoli Pietro e Paolo. La maggior parte delle pitture romane conservateci provengono dai colombari che, grazie alla cura che gli antichi ebbero dei sepolcri, ci consegnano i migliori esempi dell’arte decorativa romana.

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Cultura

Fantarcheologia: queste città sono esistite davvero?

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Fantarcheologia: queste città sono esistite davvero?

Fin dall’antichità l’uomo ha dedicato una parte importante della propria vita al pensiero e all’astratto. Un pensiero che ha dato vita a miti e leggende di cui parliamo e di cui cerchiamo le tracce ancora oggi, a metà del terzo decennio del nuovo millennio. È proprio questo il campo in cui si muove una branca dell’archeologia: la ricerca di testimonianze relative alle città e civiltà perdute. Oggi parleremo proprio di questo e proveremo a capire se questi miti hanno un fondo di verità.

Nel 360 a.C. Platone narrò nel suo dialogo “Timeo” di un’isola sconfinata, grande quanto Libia e Asia messe insieme, situata vicino alle Colonne d’Ercole. Più che un’isola un vero e proprio continente che noi abbiamo imparato a conoscere col nome di Atlantide. Per il filosofo greco, quella di Atlantide era una società ideale fatta di uomini lontani dalle debolezze “umane” e con una struttura formata da tre cerchi di terra e tre cerchi d’acqua. A dominare la scena erano dieci re che, sotto incarico di Poseidone, prendevano decisioni amministrative in piena armonia. Purtroppo, però, secondo la leggenda, i dieci si fecero corrompere dalla cupidigia scatenando l’ira di Zeus che riversò sulla città terremoti e diluvi che la sommersero per sempre.

Un’altra città che ha dato vita a miti e leggende e di cui si parla ancora oggi anche grazie a slot come El Dorado: The City of Gold e film come La Strada per El Dorado di Dreamworks, è la celebre “città dell’oro” Azteca. Secondo il mito l’El Dorado era una terra abbondante di ricchezze in cui l’uomo vedeva soddisfati i suoi bisogni senza sofferenza e senza bisogno di lavoro. C’è anche chi sostiene che si trovasse proprio qui la fonte dell’eterna giovinezza. Almeno è quello che credevano i conquistadores provenienti dalla Spagna che per cercarla si resero protagonisti di scorrerie e nefandezze di ogni tipo contro le popolazioni locali.

Tutti noi abbiamo ben presenti le incredibili sculture presenti nell’Isola di Pasqua, nel cuore del pacifico. In pochi sanno, invece, che la civiltà di Rapa Nui, venne fondata da navigatori polinesiani intorno al quarto secolo Dopo Cristo e che prosperò sfruttando le risorse naturali e faunistiche della zona. A conferma di questa tesi ci sono recenti scoperte archeologiche. Ne esistono poche, invece, della tesi contrapposta che sostiene che quando arrivarono sull’isola nel 1700, gli europei vi trovarono soltanto un territorio semi-deserto con una popolazione locale ridotta alla fame.

Ancora più avvolta nelle nebbie del mito è la civiltà di Lemuria che, si dice, fosse addirittura più antica di Atlantide. La leggenda di Lemuria è però molto più recente e risale al 19esimo secolo, periodo in cui alcuni studiosi ipotizzarono l’esistenza di un continente scomparso che avrebbe messo in comunicazione il Madagascar, l’India e L’Australia. Su chi la abitasse, su come fosse gestita e su quali piante e animali vivessero a Lemuria non esistono testimonianze storiche ma soltanto leggende estremamente suggestive.

Storia simile a quella di Lemuria è quella di Mu, un altro sconfinato territorio oggi scomparso e localizzato nel cuore dell’Oceano Pacifico. Anche in questo caso le principali leggende legate a Mu risalgono al 19esimo secolo e vanno ascritte all’opera di Augustus Le Plongeon, esploratore che dichiarò di aver trovato tracce Maya che parlavano di un’antica civiltà, quella di Mu appunto, che avrebbe avuto un impatto forte sulle popolazioni dell’Egitto e del Centro America. Purtroppo, però, le scritture di Le Plongeon non hanno trovato riscontri, né tantomeno prove archeologiche o testimonianze di sorta.

Non mancano miti e leggende di civiltà perdute anche nelle fredde terre del Nord e nelle regioni polari. Le due più note sono quelle legate a Iperborea e Thule, due regni di cui si hanno le prime testimonianze nelle opere di Erodoto e Plinio il Vecchio. Testimonianze che definiscono Iperborea come una terra abitata da entità vicine alle divinità e in cui regnavano serenità e ricchezza e Thule come un’isola localizzata ai confini delle terre note e popolata da popoli di guerrieri fieri e coraggiosi.

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Attualità

Domenica delle Palme 2024: significato dei rametti d’ulivo benedetti

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Domenica delle Palme 2024: significato dei rametti d’ulivo benedetti

Oggi, 24 marzo, si celebra la Domenica delle Palme, festa della tradizione cattolica che precede la Pasqua e ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. La data di questa festività varia ogni anno in base alla fine della Quaresima.
La Domenica delle Palme è la domenica che precede la Pasqua e si ispira alla festa ebraica di Sukkot, la “Festa delle Capanne”, durante la quale si ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella a un asino, accolto dalla folla con rami di palma o ulivo come simbolo di vittoria e pace.
La festa è osservata da cattolici, ortodossi e alcune Chiese Protestanti, ed è nota anche come la domenica della “Passione del Signore”.

La Domenica delle Palme commemora l’ultimo ingresso di Gesù a Gerusalemme prima della sua morte, quando fu accolto dalla folla agitando rami di palma e fu salutato con Osanna. Questo segna l’inizio della Settimana Santa, i sette giorni che precedono la Pasqua e che culminano con la passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo.
Durante la celebrazione della Domenica delle Palme, si benedicono i rametti di ulivo o palma, simboli di acclamazione, trionfo e immortalità di Cristo. Questi rametti vengono poi distribuiti ai fedeli durante la messa speciale dedicata alla ricorrenza.

La liturgia della Domenica delle Palme prevede la lettura della Passione di Gesù tratta dai Vangeli di Marco, Luca, e Matteo. La lettura viene fatta da tre persone che impersonano Cristo, il cronista e il popolo, e narra l’arresto, il processo giudaico e romano, la condanna, l’esecuzione, la morte e la sepoltura di Gesù.

Dopo la messa della Domenica delle Palme, i fedeli hanno l’usanza di portare a casa i rametti di ulivo benedetti, che vengono utilizzati per benedire la tavola imbandita prima del pranzo pasquale. I rametti diventano poi dei sacramentali, protetti dal diritto canonico, e possono essere seppelliti o riportati in chiesa per essere bruciati in vista della celebrazione del Mercoledì delle ceneri. Con la Domenica delle Palme ha inizio la Settimana Santa, che si conclude con il Giovedì Santo.

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