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CASO CUCCHI La sorella Ilaria: “Perdonare? Sinceramente…”
<strong>CASO CUCCHI La sorella Ilaria risponde al Vicebrigadiere Tedesco, che ieri in Corte d’Assise le ha chiesto perdono per il lungo silenzio sulle responsabilità per l’omicidio del fratello Stefano.
CASO CUCCHI La sorella Ilaria risponde al Vicebrigadiere Tedesco. Quest’ultimo ieri in Corte d’Assise, dopo aver spiegato la lunga omertà circa le responsabilità dell’assassinio del geometra romano, ha aggiunto ‘Chiedo perdono, mi ritrovai solo‘. Sulla possibilità di concederlo, Ilaria si esprime così ai microfoni di ‘Non Stop News’, in onda su RTL 102.5:
“Per quanto riguarda le parole di Tedesco non lo giustifico ma posso comprendere quello che intende dire, perchè li ho visti sfilare in aula i vari colleghi degli imputati a balbettare con tanti non ricordo, è chiaro che queste persone hanno paura di perdere il posto di lavoro“.
“Chiaro – aggiunge – che siamo di fronte a un enorme problema culturale, anche per questo è stata così importante la lettera e poi le successive dichiarazioni del comando generale dell’arma che si schiera non tanto al fianco della famiglia Cucchi ma al fianco della verità. Questo è fondamentale per far capire a tutti i Carabinieri per bene che non devono aver paura dell’avvocato degli imputati ma che devono fidarsi del loro Comandante generale dal momento che si schiera dalla nostra parte“.
“Per quanto riguarda il perdono – prosegue Ilaria Cucchi – cosa dire? Non è qualcosa a cui ho pensato ancora perchè le assicuro che sentire in aula la descrizione del pestaggio ai danni di mio fratello – si è parlato spesso della sua magrezza, provi a immaginare un ragazzo così esile che viene cosi’ violentemente pestato – io dovrò intanto prima o poi capire il perchè di tutto ciò, questo accanimento, e poi eventualmente si passerà alla fase del perdono ma sinceramente non ora“.
llaria si sofferma poi sugli anni in cui lei e la sua famiglia sono stati considerati quasi dei reietti da quelli che adesso corrono a tenere lo strascico: “Si’, di fatto per almeno i primi sei anni siamo stati soli, come se fossimo noi sul banco degli imputati. Fortunatamente oggi la situazione è diversa, da quando è subentrato alla Procura di Roma il Procuratore Capo Pignatone, da quando il destino del nostro processo e’ stato affidato al PM Musaro’, io e Fabio non siamo piu’ soli. La situazione e’ capovolta ed e’ incredibile come oggi sembri tutto cosi’ scontato eppure allora noi urlavamo nelle aule di giustizia, ricordo bene quando Fabio Anselmo lancio’ la toga dicendo ‘Io non ci vengo piu’ a fare questo processo che sembra ai danni dei miei clienti’. Oggi e’ tutto chiaro, evidente, tutto innegabile e delle volte sembra di vedere un’altra storia“.