Cultura
Er Sor Capanna e gli stornelli licenziosi
Sor Capanna è lo pseudonimo di Pietro Capanna. Nato a Roma il 9 aprile 1865 e deceduto il 22 ottobre 1921. Popolare cantastorie romano del primo ‘900. Fino a trenta anni fece il macellaio a Trastevere ma fu costretto a cambiare mestiere a causa di una malattia agli occhi che lo rese quasi cieco.
Decise allora di fare il posteggiatore con la chitarra fuori dalle osterie, dove cantava stornelli di sua invenzione. E fece scuola: due quartine, la prima a rima alternata e la seconda a rime abbinate, per finire con un verso breve di cinque sillabe al quale seguiva un endecasillabo. Tutti introdotti dal refrain “Sentite che ve dice er Sor Capanna”. Ispirandosi a fatti di cronaca lanciava sferzanti satire contro personaggi della politica e dettami della moda. Andava in giro per le strade e a pranzo e cena entrava nelle taverne cantando. Nel 1907 da ‘Alfredo alla Scrofa’ ricevette l’applauso anche di Beniamino Gigli. Aveva formato un gruppo con la moglie Augusta, cantante, e tre suonatori di mandolino e organetto, soprannominati Comparetto, Galletto e Righettone. Per lo più improvvisava. Altri pubblicarono i suoi sonetti, postumi.
Tra i più famosi quello del “zipeppe” del 1911, cantato anche da Petrolini alla Sala Umberto: “Na notte m’insognai che stavo ar mare/a fà li bagni co’ ‘na signorina,/mentre notavo in mezzo a l’onne chiare/io me n’accorsi ch’era assai carina./Tutto a ‘n botto me svejai,/fuor der letto me trovai!/Poi s’ariseppe che stavo co’ li piedi ner zipeppe.” Altrettanto famoso quello del 1914 quando alla Fontana delle Najadi di piazza Esedra lo scultore Mario Rutelli realizzò tra le ninfe la statua del Glauco in lotta col tritone. Sor Capanna non seppe trattenersi di fronte all’uomo che stringe tra le braccia un pesce mostruoso. “C’è a piazza delle Terme un funtanone/che uno scultore celebre ha guarnito/co’ quattro donne ignude a pecorone/e un omo in mezzo che fa da marito./Quanto è bello quer gigante/Iì tra in mezzo a tutte quante:/cor pesce in mano/annaffia a tutte quante er deretano”.
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