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STUPRO ANCONA – Assolti i colpevoli. Ecco la motivazione shock della Cassazione
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STUPRO ANCONA – Assolti i colpevoli
STUPRO ANCONA – Assolti i colpevoli – L’aspetto fisico di una donna non è determinante per un caso di stupro e non è un giusto criterio da valutare all’interno di una denuncia. Queste le parole che afferma la cassazione nelle motivazioni che hanno portato all’annullamento con rinvio delle assoluzioni nei confronti di due sudamericani accusati di aver violentato una ragazza peruviana a Senigallia il 9 marzo 2013.
I due, erano stati assolti dalla Corte di Appello di Ancona nel novembre del 2017. Nella sentenza di appello, si citava la parola “mascolinità” facendo un chiaro riferimento alla vittima e al suo aspetto fisico per mirare la sua credibilità. Gli imputati, erano stati condannati a 3-5 anni di carcere per la violenza sulla donna. La motivazione secondo le giudici alla sentenza fu: “La donna neanche piaceva, tanto da averne registrato il proprio numero di cellulare sul proprio telefonino con il nome di ‘Vikingo’ con allusione a una personalità tutt’altro che femminile quanto piuttosto mascolina” arrivando anche al commento: “Come si può notare dalla foto nel fascicolo processuale”.
Il procuratore generale di Ancona, Sergio Sottani, aveva impugnato la sentenza e la Cassazione aveva accolto il ricorso annullando la pronuncia di secondo grado e ordinando un secondo processo d’appello che verrà celebrato a Perugia. Nelle motivazioni con le quali è stato disposto l’appello-bis, tra l’altro, gli ermellini sostengono che i giudici di merito si sarebbero basati su una “incondizionata accettazione” della narrazione dei fatti proposta dalla difesa degli imputati mentre non è stato fatto alcun “serio raffronto critico” con il verdetto di condanna emesso in primo grado.
Cronaca
Giovane ferito con colpi di machete: un sospettato fermato per tentato omicidio
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Giovane ferito con colpi di machete: un sospettato fermato per tentato omicidio
Cronaca – La squadra mobile di Torino ha arrestato un giovane italiano poco più che ventenne con l’accusa di tentato omicidio, ritenuto il presunto responsabile del ferimento avvenuto a colpi di machete nel capoluogo piemontese di un giovane di 24 anni, aggredito mentre si spostava su un monopattino.
Secondo la ricostruzione degli eventi, la vittima è stata raggiunta da due uomini su motorino, uno dei quali è sceso dal veicolo e ha inflitto ripetuti colpi alla gamba sinistra. Le lesioni sono state così gravi che i medici hanno dovuto amputare la gamba durante un intervento chirurgico notturno.
Il sospettato è stato individuato in un albergo della città e portato in questura per essere interrogato dagli investigatori. Le motivazioni dell’aggressione sono ancora oggetto di indagine, così come sono in corso le ricerche del complice.
La vittima rimane ricoverata in ospedale in condizioni gravi, mentre le autorità continuano ad operare per fare luce su questo tragico episodio di violenza. Fonte
Cronaca
In Stato vegetativo per formaggio. A giudizio il pediatra
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Cronaca – Il bambino aveva mangiato un pezzettino di formaggio contaminato che gli aveva causato un’insufficienza renale acuta. La pediatra dell’ospedale dove era stato trasferito si era rifiutata di visitarlo, ritardando così la diagnosi. Da allora il bambino è in stato vegetativo e la famiglia ha continuato a chiedere giustizia, portando avanti la battaglia legale. La dottoressa del reparto di pediatria dell’Ospedale Santa Chiara di Trento è stata rinviata a giudizio, dopo che i genitori si erano rivolti a lei sette anni fa.
Il bambino aveva mangiato il formaggio in gita e si era sentito male. Dopo essere stato trasportato in ospedale, i medici decisero di trasferirlo al reparto pediatrico del Santa Chiara di Trento. La diagnosi della malattia causata dal batterio escherichia coli nel formaggio sarebbe stata ritardata di tre giorni, causando gravissime conseguenze al bambino. I pubblici ministeri hanno accusato la pediatra di lesioni e rifiuto di atti d’ufficio e la prima udienza del processo è stata fissata per il 24 aprile.
La battaglia legale era già in corso contro il caseificio responsabile della contaminazione del formaggio. Il legale rappresentante del caseificio sociale Coredo e il responsabile del controllo sono stati condannati per lesioni personali colpose gravissime. Ora la battaglia legale si sposta sul piano medico, con la famiglia del bambino che chiede un risarcimento per i danni subiti.
La famiglia del bambino si è costituita parte civile e chiede un risarcimento di oltre un milione di euro per il bambino e alcune centinaia di migliaia di euro per il padre, per compensare la perdita del rapporto con il figlio. La battaglia legale continua per garantire che tragedie simili non si ripetano in futuro.
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