Cultura
ROMA ANTICA Il culto di Angizia
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ROMA ANTICA Angizia era una divinità adorata dai Marsi, dai Peligni e da altri popoli osco-umbri, associata al culto dei serpenti. Identificata come figlia di Eeta e sorella di Circe e Medea. Poiché i serpenti erano spesso collegati con le arti curative, Angizia era probabilmente una dea della guarigione.
I Marsi consideravano Angizia più una maga che una dea. Le dovevano la conoscenza dell’uso delle erbe curative, specie quelle contro i morsi di serpente. Le venivano attribuiti altri poteri, come uccidere i serpenti col solo tocco. Dai romani a volte veniva associata alla Bona Dea. L’antica diffusione della devozione alla dea in vaste zone dell’Italia centro meridionale e la tradizione di cerimonie che si svolgono a metà primavera in diverse contrade rivelano di un rito propiziatorio della fertilità. Era nota come Anctia fra i Marsi e Anagtia presso i Sanniti. Ad Aesernia le veniva riservato l’appellativo di diiviia.
I Peligni la chiamavano Anaceta o Anceta. A Corfinium esisteva il culto fra le donne. Era invocata con l’attributo di Keria. Voce che richiama il sumero kur (terra), l’accadico kerû (terra coltivata, orto) e il latino Cerere (terra, fertilità). È suggestiva la corrispondenza della dea italica alla divinità iranica Anahita o Anchita, compagna di Mitra, nome sumero del sole, e alla dea assira Ištar, anch’essa dea della fecondità. Se Angitia, Anagtia, Anceta, Anaceta, Anahita sono la stessa divinità ne consegue che condividono il significato del nome.
Anahita vuol dire ‘colei che viene in soccorso, che sta accanto’. Il termine è costituito dalle componenti accadiche an (accanto, per, verso) e aḫitu (fianco, lato), pertanto pronunciarlo sarà valso come un’implorazione di aiuto. Il bosco sacro che secondo Virgilio era dedicato alla dea Angizia si trova nei pressi del sito archeologico di Lucus Angitiae, alle porte di Luco dei Marsi. La singolare cerimonia dello Spirito Santo che si svolge a Luco nel giorno di Pentecoste prevede, indizio rivelatore, l’imprescindibile presenza degli zampognari con sosta presso i ruderi del tempio italico di Anxa, nome romano derivato dal toponimo in lingua marsa Actia, a cui sarebbe connesso anche il nome della dea Angizia.
IL BOSCO SACRO
A Cocullo il primo giovedì di maggio si svolge la festa dei serpari, ora dedicata a san Domenico, che sarebbe derivata dal culto pagano di Angizia. Numerose le ricorrenze religiose in altri luoghi della Marsica e dell’Abruzzo con pratiche all’aperto e presso le tante chiese dedicate alla Madonna delle Grazie e alla Madonna della Neve che richiamano il culto della divinità italica della fecondità. Il toponimo del bosco sacro presso il santuario di Angizia (Lucus Angitiae) sopravvive nel nome della cittadina di Luco dei Marsi. La squadra di calcio di Luco dei Marsi è stata denominata Angizia Luco.
Cultura
Fantarcheologia: queste città sono esistite davvero?
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Fin dall’antichità l’uomo ha dedicato una parte importante della propria vita al pensiero e all’astratto. Un pensiero che ha dato vita a miti e leggende di cui parliamo e di cui cerchiamo le tracce ancora oggi, a metà del terzo decennio del nuovo millennio. È proprio questo il campo in cui si muove una branca dell’archeologia: la ricerca di testimonianze relative alle città e civiltà perdute. Oggi parleremo proprio di questo e proveremo a capire se questi miti hanno un fondo di verità.
Nel 360 a.C. Platone narrò nel suo dialogo “Timeo” di un’isola sconfinata, grande quanto Libia e Asia messe insieme, situata vicino alle Colonne d’Ercole. Più che un’isola un vero e proprio continente che noi abbiamo imparato a conoscere col nome di Atlantide. Per il filosofo greco, quella di Atlantide era una società ideale fatta di uomini lontani dalle debolezze “umane” e con una struttura formata da tre cerchi di terra e tre cerchi d’acqua. A dominare la scena erano dieci re che, sotto incarico di Poseidone, prendevano decisioni amministrative in piena armonia. Purtroppo, però, secondo la leggenda, i dieci si fecero corrompere dalla cupidigia scatenando l’ira di Zeus che riversò sulla città terremoti e diluvi che la sommersero per sempre.
Un’altra città che ha dato vita a miti e leggende e di cui si parla ancora oggi anche grazie a slot come El Dorado: The City of Gold e film come La Strada per El Dorado di Dreamworks, è la celebre “città dell’oro” Azteca. Secondo il mito l’El Dorado era una terra abbondante di ricchezze in cui l’uomo vedeva soddisfati i suoi bisogni senza sofferenza e senza bisogno di lavoro. C’è anche chi sostiene che si trovasse proprio qui la fonte dell’eterna giovinezza. Almeno è quello che credevano i conquistadores provenienti dalla Spagna che per cercarla si resero protagonisti di scorrerie e nefandezze di ogni tipo contro le popolazioni locali.
Tutti noi abbiamo ben presenti le incredibili sculture presenti nell’Isola di Pasqua, nel cuore del pacifico. In pochi sanno, invece, che la civiltà di Rapa Nui, venne fondata da navigatori polinesiani intorno al quarto secolo Dopo Cristo e che prosperò sfruttando le risorse naturali e faunistiche della zona. A conferma di questa tesi ci sono recenti scoperte archeologiche. Ne esistono poche, invece, della tesi contrapposta che sostiene che quando arrivarono sull’isola nel 1700, gli europei vi trovarono soltanto un territorio semi-deserto con una popolazione locale ridotta alla fame.
Ancora più avvolta nelle nebbie del mito è la civiltà di Lemuria che, si dice, fosse addirittura più antica di Atlantide. La leggenda di Lemuria è però molto più recente e risale al 19esimo secolo, periodo in cui alcuni studiosi ipotizzarono l’esistenza di un continente scomparso che avrebbe messo in comunicazione il Madagascar, l’India e L’Australia. Su chi la abitasse, su come fosse gestita e su quali piante e animali vivessero a Lemuria non esistono testimonianze storiche ma soltanto leggende estremamente suggestive.
Storia simile a quella di Lemuria è quella di Mu, un altro sconfinato territorio oggi scomparso e localizzato nel cuore dell’Oceano Pacifico. Anche in questo caso le principali leggende legate a Mu risalgono al 19esimo secolo e vanno ascritte all’opera di Augustus Le Plongeon, esploratore che dichiarò di aver trovato tracce Maya che parlavano di un’antica civiltà, quella di Mu appunto, che avrebbe avuto un impatto forte sulle popolazioni dell’Egitto e del Centro America. Purtroppo, però, le scritture di Le Plongeon non hanno trovato riscontri, né tantomeno prove archeologiche o testimonianze di sorta.
Non mancano miti e leggende di civiltà perdute anche nelle fredde terre del Nord e nelle regioni polari. Le due più note sono quelle legate a Iperborea e Thule, due regni di cui si hanno le prime testimonianze nelle opere di Erodoto e Plinio il Vecchio. Testimonianze che definiscono Iperborea come una terra abitata da entità vicine alle divinità e in cui regnavano serenità e ricchezza e Thule come un’isola localizzata ai confini delle terre note e popolata da popoli di guerrieri fieri e coraggiosi.
Attualità
Domenica delle Palme 2024: significato dei rametti d’ulivo benedetti
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Oggi, 24 marzo, si celebra la Domenica delle Palme, festa della tradizione cattolica che precede la Pasqua e ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. La data di questa festività varia ogni anno in base alla fine della Quaresima.
La Domenica delle Palme è la domenica che precede la Pasqua e si ispira alla festa ebraica di Sukkot, la “Festa delle Capanne”, durante la quale si ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella a un asino, accolto dalla folla con rami di palma o ulivo come simbolo di vittoria e pace.
La festa è osservata da cattolici, ortodossi e alcune Chiese Protestanti, ed è nota anche come la domenica della “Passione del Signore”.
La Domenica delle Palme commemora l’ultimo ingresso di Gesù a Gerusalemme prima della sua morte, quando fu accolto dalla folla agitando rami di palma e fu salutato con Osanna. Questo segna l’inizio della Settimana Santa, i sette giorni che precedono la Pasqua e che culminano con la passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo.
Durante la celebrazione della Domenica delle Palme, si benedicono i rametti di ulivo o palma, simboli di acclamazione, trionfo e immortalità di Cristo. Questi rametti vengono poi distribuiti ai fedeli durante la messa speciale dedicata alla ricorrenza.
La liturgia della Domenica delle Palme prevede la lettura della Passione di Gesù tratta dai Vangeli di Marco, Luca, e Matteo. La lettura viene fatta da tre persone che impersonano Cristo, il cronista e il popolo, e narra l’arresto, il processo giudaico e romano, la condanna, l’esecuzione, la morte e la sepoltura di Gesù.
Dopo la messa della Domenica delle Palme, i fedeli hanno l’usanza di portare a casa i rametti di ulivo benedetti, che vengono utilizzati per benedire la tavola imbandita prima del pranzo pasquale. I rametti diventano poi dei sacramentali, protetti dal diritto canonico, e possono essere seppelliti o riportati in chiesa per essere bruciati in vista della celebrazione del Mercoledì delle ceneri. Con la Domenica delle Palme ha inizio la Settimana Santa, che si conclude con il Giovedì Santo.
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