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ROMA — La rom che uccise Vanessa Russo torna in libertà

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ROMA — La rom che uccise Vanessa Russo torna in libertà

Torna in libertà Doina Matei. Nel 2010, la 33enne romena era stata condannata in via definitiva dalla Cassazione a 16 anni di carcere per l’omicidio di Vanessa Russo, colpita a un occhio con la punta di un ombrello il 26 aprile 2007 sulla banchina della metropolitana di Roma. Stando a quanto riportato da Il Corriere della Sera, la donna ha pagato i suoi debiti con la giustizia. Ieri mattina il magistrato di sorveglianza del Tribunale di Venezia ha firmato l’atto che certifica la fine della pena. Una conclusione di pena, questa, anticipata di quattro anni e conseguita in virtù della buona condotta che ha consentito alla donna di guadagnare 45 giorni ogni sei mesi dal momento dell’ingresso in carcere. Da questo momento la 33enne non dovrà più attenersi alle prescrizioni che le erano state imposte alla fine del 2015, quando le fu concessa la semilibertà. Obblighi, quelli in questione, che laddove fossero stati violati avrebbero comportato il rientro nel carcere lagunare della Giudecca, dove la romena è stata reclusa negli ultimi nove anni.

Doina Matei, seguita fin dal giorno dell’arresto dall’avvocato Carlo Testa Piccolomini, già nel 2016 aveva iniziato il percorso di reinserimento nella società: “La fase riabilitativa l’ha sfruttata con dedizione. Ora Doina vuole soltanto essere dimenticata” ha chiosato il legale della donna.  A questo proposito non si è fatta attendere la replica di Alberto Feliziani, uno degli avvocati che ha assistito la famiglia di Vanessa, con cui non è in contatto da diverso tempo: “Le sentenze vanno rispettate, così come va rispettato l’ordinamento penitenziario. Mi inchino alla giustizia, la pena è stata espiata ma l’amarezza rimane”.

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Prime dieci sospensioni effettuate

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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.

Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.

I DANNI

Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.

LA RIAPERTURA

In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.

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Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda

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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.

LA SEQUENZA

La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.

SOTTO LA LENTE

Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.

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