Cronaca
CASO VANNINI Parla la regista Marina Paterna

CASO VANNINI – Un post di risposta al commento del cugino di Marco Vannini: “È palese che il signor Ciontoli menta e continui a mentire”. La risposta di Marina Paterna: “Secondo me neanche Marco si era reso conto di essere stato colpito.”
CASO VANNINI – Queste le parole di Marina Paterna che ritiene che, il Ciontoli abbia iniziato a mentire la notte della morte di Marco non dicendo tutta la verità ai famigliari giustificandosi. L’intervista è avvenuta a Storie Maledette. Ecco le sue parole:
“Eppure le urla strazianti di Marco le ha sentite anche l’operatrice del 118 e, di rimando, tutti noi milioni di volte, attraverso i servizi speciali su Marco. Ascoltatemi attentamente. L’atteggiamento apparentemente calmo, il modo di parlare tranquillo e in maniera lenta, rende Ciontoli inizialmente credibile; successivamente lo fa sembrare estraneo ai fatti, come se non vi fosse stata reale partecipazione alla tragedia, almeno nella sua prima parte, poi, quando i minuti del suo già di per sé inverosimile racconto scorrono, il tono sembra e resta sempre lo stesso. E’ sconcertante”.
“Non dobbiamo sottovalutare un dettaglio, ricordiamoci che mentire, mentire e poi mentire ancora palesemente con prove evidenti e provate del proprio mentire, adottando lo stesso identico tono di voce di quando si dice la verità, è seriamente significativo. Mi si potrebbe chiedere: “Chi è lei per dire questo? È solo una sceneggiatrice regista, come fa ad insinuare questo?” Noi, sceneggiatori registi e attori, mettiamo in scena la verità di un fatto, dobbiamo rendere credibile un innocente, un assassino, un atteggiamento. E per fare questo, noi studiamo, ci documentiamo, analizziamo persone realmente colpevoli, le intervistiamo, facciamo delle ricerche e, a volte, arriviamo a guardarli direttamente in faccia i colpevoli”.
“Noi non partiamo mai dalla menzogna, noi partiamo sempre dalla verità, perché è la verità di un atteggiamento che rende credibile un personaggio filmico. In America i peggiori killer, intervistati da psicologi e da psichiatri, nell’ultimo giorno di vita che precede la loro condanna a morte, raccontano i fatti con voce rassicurante, sembrano persone buone, sembra impossibile siano loro i veri assassini, tanto da creare il dubbio anche nel migliore degli psicologi o psichiatri. Eppure sono gli stessi che hanno ucciso e trucidato persone, a volte anche a loro molto care. Durante l’intervista in loro, però, ad un tratto scatta qualcosa, iniziano a giustificarsi ma, attenzione, lo fanno sempre con lo stesso tono di voce, poi iniziano a sminuire l’accaduto come fosse stato accidentale. Si giustificano. Non vorrei essere travisata con questa mia affermazione. Voglio essere assolutamente chiara. Con la mia affermazione voglio dire non che Ciontoli sia il vero assassino ma che nel suo DNA ci sia un atteggiamento che non mi convince affatto”.
“Di certo c’è che l’uomo è abituato a mentire e ad oggi la cosa che più mi sconcerta è che dichiari in totale serenità il fatto che lo abbia fatto più e più volte. Nonostante sia pronto a pagare per questo. Per me tutto questo è davvero inquietante. Non sottovalutiamo questi aspetti. Potrebbe mentire per proteggersi, per tutelare il suo lavoro, per proteggere un figlio. La domanda che mi faccio è: nel DNA si può trasmettere l’attitudine a mentire? Questa potrebbe essere ereditaria? Ed ancora un’ultima domanda: a che tipo di addestramento è sottoposto un uomo d’ufficio dei Servizi Segreti costretto a tutelare certe verità che vanno nascoste e protette?“.
“L’unica cosa certa qui è che Marco è morto per una menzogna. L’ambulanza è arrivata in codice verde per un’altra menzogna. Marco non si è salvato perché al medico è stata omessa la verità, ossia che fosse stato colpito non con un pettine ma con un proiettile. Altra menzogna. Credo che la famiglia Ciontoli vada interrogata tutta per giorni fino allo sfinimento. Credo che prima o poi qualcuno cederà. Credo che quel qualcuno potrebbe essere l’unica persona che al momento è considerata non colpevole”.
“Credo che se dovesse interrompersi la storia d’amore tra Federico e Viola, proprio lei Viola cederà. Io confido nel suo cuore ma soprattutto nella suo cervello. Se Viola Giorgini non dirà esattamente tutto e tutto quello che sa, la prima a chiudere le porte della sua galera sarà proprio lei. È circondata dalle bugie. Oggi è ancora molto giovane, ma mi chiedo: quando un giorno sarà donna adulta, e dovrà scegliere per il futuro dei suoi figli, vorrà crescere i suoi figli nella menzogna?”
“Se la storia con Federico dovesse finire, non racconterà mai a nessun altro uomo la verità? Quindi io dico: Se sa qualcosa su Federico, parli. Se crede di essere stata raggirata, parli. Se si sente diversa dalla famiglia Ciontoli, parli. Non perché lo dico io ed insieme a me milioni di persone ma perché, prima o poi, la verità potrebbe tornare e chiederle giustizia. E quel giorno la verità avrà un solo nome: Coscienza.”
Cronaca
Blitz della Guardia di Finanza. Sequestrati 50 kg di Cocaina

Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno sequestrato, presso il porto di Civitavecchia, un carico di
cocaina occultato all’interno di un container refrigerato in arrivo dall’Ecuador.
Nel corso dei normali controlli svolti nell’area portuale, le “fiamme gialle” del Gruppo di Civitavecchia hanno notato un gruppo di persone a piedi che si aggiravano nei pressi della banchina. Dopo l’intimazione dell’alt, il gruppo si è dato alla fuga e, poco distante, i militari hanno rinvenuto tre borsoni contenenti 45 panetti di cocaina, per un peso complessivo di circa 50 chilogrammi. Secondo le stime, il carico avrebbe potuto fruttare sulle piazze di spaccio ricavi per circa 5 milioni di euro.
Il procedimento penale è attualmente in fase di indagini preliminari e, in attesa di giudizio definitivo, si applica la presunzione di non colpevolezza. L’operazione si inserisce nel più ampio quadro delle attività di contrasto alla criminalità organizzata e al narcotraffico internazionale condotte dalla Guardia di Finanza all’interno degli spazi portuali, quale presidio permanente a tutela della sicurezza economica e della salute pubblica.
Cronaca
Bomba sotto casa del boss Demce: è guerra aperta nella Roma criminale!

Un ordigno artigianale è stato piazzato lo scorso 15 luglio sotto casa di Elvis Demce, boss albanese legato alla criminalità romana. L’intervento degli artificieri ha evitato l’esplosione, ma il messaggio è chiaro: un avvertimento pesante diretto a uno dei personaggi più discussi del sottobosco criminale capitolino.
Il giorno prima dell’attentato, un’inchiesta dei carabinieri aveva portato all’arresto di 14 persone, ricostruendo anche il ruolo di Demce in un sequestro organizzato tramite un gruppo di sudamericani. Gli stessi che, poco dopo, sarebbero stati coinvolti nella gambizzazione di Giancarlo Tei, ex alleato di Demce oggi latitante.
Le ipotesi investigative parlano di una possibile faida interna tra i reduci della “batteria di Ponte Milvio”, legata al defunto Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik. Tanti anche i nemici esterni: da Giuseppe Molisso del clan Senese a Ermal Arapaj.
Demce, condannato in via definitiva a 15 anni, è detenuto ad Ascoli, dove è in cura per problemi psichiatrici certificati da 17 perizie. Ora la Direzione Distrettuale Antimafia vuole capire: è un nuovo capitolo della guerra criminale o qualcuno teme che il boss voglia collaborare?
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