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CASO VANNINI Nuova indagine su Ciontoli

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CASO VANNINI Nuova indagine su Ciontoli

CASO VANNINI Per un problema di viabilità Antonio Ciontoli, già condannato per l’omicidio a Ladispoli di Marco Vannini, avrebbe puntato la pistola contro un automobilista.

La nuova accusa al sottufficiale della Marina Militare arriva dalla presunta vittima, un sessantenne. Sulla vicenda aperta un’altra inchiesta che ha portato i carabinieri a interrogare lo stesso Ciontoli. La nuova vittima ha raccontato che nell’estate di cinque anni fa, l’anno precedente l’omicidio Vannini, mentre percorreva l’Aurelia nei pressi di Castel di Guido, un automobilista ha iniziato ad abbagliarlo e a cercare di tagliargli la strada. Quindi ha riferito di aver rallentato, di aver abbassato il finestrino e a quel punto di essersi visto puntare contro una pistola. L’uomo armato non avrebbe pronunciato neppure una parola e dopo aver mostrato l’arma si sarebbe allontanato.

“Dopo quanto successo quando ho visto il signor Ciontoli in tv l’ho riconosciuto subito. Era l’automobilista che mi aveva minacciato”. In Procura a Civitavecchia hanno aperto una nuova inchiesta sul sottufficiale indagandolo per minaccia aggravata. Ora i carabinieri lo hanno interrogato. Ciontoli, tramite i legali, respinge ogni accusa e specifica di aver querelato il sessantenne per diffamazione. Sull’omicidio di Marco Vannini dovrà pronunciarsi la Corte di Cassazione. Il 17 maggio 2015 il giovane, mentre era in bagno a casa della fidanzata Martina Ciontoli, a Ladispoli, rimaseferito da un colpo di pistola.

Secondo gli inquirenti il colpo sarebbe partito dalla pistola del sottufficiale. Ma, Antonio Ciontoli, la moglie e i figli, avrebbero chiamato i soccorsi con ritardo causandone la morte. In primo grado Antonio Ciontoli venne condannato a 14 anni di reclusione e a tre anni i figli Martina e Federico e la moglie Maria Pezzillo. In appello, ridotta la vicenda a omicidio colposo, la condanna ridotta a cinque anni e ora la famiglia di Marco Vannini spera di ottenere l’annullamento della sentenza dalla Corte di Cassazione. Un caso su cui la verità è ancora lontana e che vede indagato per favoreggiamento e falsa testimonianza anche l’allora comandante della locale stazione dei carabinieri.

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