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ROMA Raggiro ad Aurelia Sordi, la decisione del giudice
ROMA Raggiro ad Aurelia Sordi, la decisione del Giudice.
ROMA Raggiro ad Aurelia Sordi – Secondo il magistrato, non ci sono prove che si sia trattato di circonvenzione. Nè che la sorella di ‘Albertone’ fosse incapace di intendere. La donna, allora ultranovantenne, chiamava Arturo Artadi, il peruviano factotum di casa, divenuto gestore dell’immenso patrimonio di famiglia, un Principe. A decretare l’assoluzione per lui, un notaio, due avvocati e il resto dei domestici, in cinquanta pagine di motivazioni, il giudice monocratico di Roma Maria Elena Mastrojanni. Le accuse per i 10 imputati andavano dalla circonvenzione di incapace alla ricettazione per aver intascato lauti regali per oltre due milioni di euro. La Procura aveva chiesto condanne fino a 4 anni.
«Si ritiene conclusivamente – ha scritto il giudice – di non poter affermare con certezza la condizione di circonvenibilità della parte offesa all’epoca dei fatti, non provato peraltro in relazione al singolo atto», ossia alla singola donazione. E ciò «tenuto conto dei numerosi dati probatori di segno contrario alle conclusioni a cui sono giunti i periti che visitarono la parte offesa, in un momento in cui come si è chiarito il contesto affettivo di Aurelia Sordi era profondamente mutato per via dell’allontanamento di Arturo Artadi (il Principe, come lei stessa lo chiamava)».
L’allontanamento, stabilito per fini di giustizia, è stata secondo il magistrato una vicenda «dall’impatto emotivo importante. E a cui va aggiunto un accidente vascolare, sì da potersi anche ipotizzare che i periti abbiano avuto a che fare con una persona profondamente diversa da quella che aveva compiuto gli atti dispositivi». Smantellate dunque le conclusioni dei periti della procura sull’incapacità della signorina Sordi. In più, ha aggiunto la Mastrojanni, nemmeno il presupposto dell’improvviso cambiamento dello stile di vita e delle vacanze da modeste a cinque stelle proverebbero il raggiro.
«Se è pur vero che nell’estate precedente le donazioni la parte offesa ebbe a trascorrere lunghe vacanze in alberghi italiani di lusso, in compagnia anche della Artadi e di Pierina Parenti, la cameriera, diversamente da quanto accaduto nelle estati precedenti, purtuttavia ha evidenziato le ragioni per le quali la Sordi aveva manifestato la volontà di non tornare a Scanno, dove una famiglia di Sora era arrivata a chiedere due milioni per l’apertura di una farmacia». Il presupposto decisivo per smantellare il lavoro della procura è stato però un altro. L’autista factotum, il notaio e l’avvocato non avrebbero avvallato di comune accordo le donazioni nè l’atto che dava ad Artadi la procura speciale della gestione del patrimonio dei Sordi, quantificato sui trenta milioni di euro. Le intercettazioni (in realtà successive) proverebbero infatti non «sono mai entrati in contatto sincronico tra loro».
Insomma, dopo la morte «dell’adorato fratello» la signorina Sordi considerava Artadi il suo riferimento affettivo. Le motivazioni sono ora alla valutazione del pm Eugenio Albamonte, titolare dell’inchiesta.
INTANTO FINE DI UN’INCUBO PER LE ATTIVITA’ DEL QUADRANTE SUD-EST
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