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Nel ’44 uccisa dalle truppe franco-marocchine per salvare la figlia. Aperto fascicolo in procura

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Nel ’44 uccisa dalle truppe franco-marocchine per salvare la figlia. Aperto fascicolo in procura

Uccisa da truppe franco-marocchine nel ’44. C’è inchiesta Madre si oppose a stupro, figlia 90enne ricorda tutto e querela.

La procura di Siena ha aperto un fascicolo per omicidio pluriaggravato per la morte di Ottavia Fabbrizzi, donna di 37 anni che fu brutalmente uccisa nel giugno del 1944 a Radicofani (Siena) da un militare francese e due “goumiers”, i soldati marocchini inquadrati nelle truppe francesi durante la Liberazione dell’Italia. Fu uccisa perché aveva resistito al tentativo di quei soldati di violentarla.
Oggi, la figlia di Ottavia, Giselda, che adesso ha 91 anni e che all’epoca dei fatti era 15enne ha sporto querela e quindi provocato l’apertura dell’inchiesta. A rendere note le indagini in corso, che sono seguite dai carabinieri, è l’Associazione nazionale ‘Vittime della marocchinate‘, nome con cui sono rimaste comunemente note le violenze perpetrate in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale dai soldati, molti dei quali appunto marocchini, inquadrati nel Corpo di spedizione francese che con gli Alleati liberava il Paese dall’occupazione nazi-fascista.
Dell’episodio di Radicofani si ricorda che Ottavia Fabbrizzi fu ferita gravemente con un colpo di pistola perché si oppose a una violenza sessuale e morì dopo ore di agonia. I familiari la vegliarono per tutto il tempo prima che spirasse, temendo che quei soldati tornassero indietro per infierire ancora su di lei, per punirla di aver opposto resistenza. Dopo la querela, Giselda è stata ascoltata dai carabinieri nell’inchiesta coordinata dal pm Valentina Magnini che ha aperto un fascicolo su questa storia e ha ripercorso quei ricordi di adolescente che ha serbato per decenni.

Adesso l’avvocato Paola Pantalone, che l’assiste insieme all’avvocato Luciano Randazzo, ha presentato al gip di Siena un’istanza di incidente probatorio per cristallizzare, data l’età di Giselda, il suo racconto. “L’omicidio pluriaggravato – spiega anche l’avvocato Pantalone – è un crimine di guerra che non si prescrive mai”, anche se “abbiamo poca speranza di identificare i responsabili e arrivare a un processo, la signora ha deciso di fare denuncia perché non si dava pace che l’episodio non avesse avuto un seguito e che non siano stati individuati quei responsabili”. E il tempo che trascorre non lascia molto spazio, quindi l’incidente probatorio sembra lo strumento utile per irrobustire questa iniziativa. I legali della figlia della donna uccisa hanno intenzione di chiedere al comune di Radicondoli di intitolare una strada alle vittime della marocchinate.

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