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Cultura

GENTE DI ROMA Giuseppe Gioachino Belli

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GENTE DI ROMA Giuseppe Gioachino Belli

ECCELLENZE ROMANE Giuseppe Gioachino Belli nasce a Roma il 7 settembre 1791, da Gaudenzio e Luigia Mazio. Nel 1978 a seguito della proclamazione della Repubblica francese si rifugia con la madre a Napoli dove conoscono la miseria più nera. Tornato al potere papa Pio VII il padre Gaudenzio ottiene un buon incarico nel governo pontificio a Civitavecchia.

ECCELLENZE ROMANE

Giuseppe Gioachino Belli a tredici anni viene mandato a scuola dai gesuiti al collegio romano. Rimasto presto orfano di entrambi i genitori ottenne modesti impieghi privati e pubblici. Intorno al 1810 inizia la sua carriera letteraria e fonda con altri l’Accademia Tiberina. A venticinque anni sposò senza amore e di malavoglia una ricca vedova, Maria Conti, dalla quale ebbe un unico figlio, Cito. Il matrimonio era caldeggiato dal cardinale Consalvi, un potentissimo prelato che trova un’ottima sistemazione per il Belli. Raggiunta una discreta agiatezza si dedicò con maggiore impegno agli studi e alla poesia.

È in questo periodo che scrisse la maggior parte dei suoi “Sonetti romaneschi”. Compì anche numerosi viaggi a Venezia (1817), a Napoli (1822), a Firenze (1824) e a Milano (1827, 1828, 1829), stabilendo contatti con ambienti culturali più avanzati e scoprendo testi fondamentali della letteratura sia illuministica che romantica. Nel 1828 si dimise dalla Tiberina e, con un gruppo di amici liberali, apri in casa sua un gabinetto di lettura. Ma nel 1837 dopo la morte della moglie il Belli ripiombò in gravi angustie economiche e morali, oltre a perdere la sua finora inesausta vena poetica.

GLI ULTIMI ANNI

Da quel momento in poi, salvo un breve periodo di ripresa avvenuta a seguito della caduta della Repubblica Romana da lui duramente avversata Belli si chiude in un definitivo silenzio arrivando a rinnegare tutta la sua produzione precedente per paura che potesse nuocere alla carriera del figlio impiegato nella amministrazione pontificia. Per questo incarica l’amico monsignor Tizzani di distruggerla dopo la sua morte, che avviene a Roma il 21 dicembre 1863. Fortunatamente l’amico si guardò bene dall’eseguire la volontà del poeta, salvaguardando un inestimabile patrimonio di versi e anzi consegnando il corpus delle opere belliane quasi integralmente al figlio di lui.

Superiore a quella in dialetto, ma di scarso rilievo, la produzione poetica in lingua. L’edizione completa, in tre volumi, è uscita soltanto nel 1975 con il titolo “Belli italiano”. Più interessanti sono l’epistolario, dove affiora qualche tratto dell'”umor nero” belliano, e lo “Zibaldone”, una raccolta di estratti e di indici di opere che documenta la conoscenza di illuministi e romantici italiani e stranieri, nonché un interesse assai vivo per la letteratura realistica, Boccaccio compreso.

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