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Migranti – Ondata di arrivi a Lampedusa. Nel centro di accoglienza più del doppio rispetto alla capienza

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Migranti – Ondata di arrivi a Lampedusa. Nel centro di accoglienza più del doppio rispetto alla capienza

Migranti – Ondata di arrivi a Lampedusa, l’appello del Papa. Si intensificano gli arrivi dei migranti sulle coste italiane, favoriti dalle condizioni del mar Mediterraneo ancora relativamente calmo. Nel giro di appena 12 ore a Lampedusa ci sono stati sette mini-sbarchi con l’arrivo di 180 migranti. I migranti sono stati portati nel centro di accoglienza dell’isola siciliana in contrada Imbriacola, dove si trovano ora 200 persone, più del doppio rispetto alla capienza. Altri 40 migranti sono arrivati nel sud della Sardegna. I nuovi arrivi sono coincisi con l’appello di Papa Francesco a “non lasciare indietro nessuno”, lanciato durante la messa per la 105ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. “Non possiamo rimanere insensibili, con il cuore anestetizzato, di fronte alla miseria di tanti innocenti. Non possiamo non piangere. Non possiamo non reagire”, ha detto il Pontefice. La “preoccupazione amorosa” verso i “meno privilegiati” è “richiesta” al popolo di Dio, ha aggiunto.

E proprio mentre in Italia si dibatte sullo “jus culturae”, il Papa ha chiesto che “a tutti siano garantiti i diritti fondamentali e la dignità”. A Lampedusa sabato sera le motovedette della Capitaneria di porto e della Guardia costiera hanno intercettato due barchini con a bordo 25 persone ciascuno, il primo alle 20 e il secondo alle 21. All’alba altri 30 tunisini sono stati bloccati sulla spiaggia di Cala Palme, dove erano arrivati con un barchino. Nelleore successive sono arrivati altri quattro barchini, uno dietro l’altro, ognuno con 20-25 migranti tunisini e dell’Africa subsahariana.

Gli arrivi sempre più spesso avverrebbero con una nave piu’ grande o un peschereccio che avvicina i migranti a Lampedusa e poi li fa proseguire con piccole barche non adatte alla traversata dalla Libia. Intanto proseguono gli sbarchi anche nel sud della Sardegna, dove tra sabato sera e domenica mattina si sono arrivati 40 algerini in cinque distinti episodi. I primi due sbarchi sono avvenuti nel tardo pomeriggio lungo la spiaggia di Porto Pino nel Comune di Sant’Anna Arres, poi nel porticciolo nuovo di Teulada. Nel Mediterraneo, intanto, proseguono i naufragi e i salvataggi. La guardia costiera libica ha soccorso in alto mare un barcone “in grande difficolta’ da giorni”, con a bordo 70 migranti diretti in Europa, riportandoli poi in Libia. A denunciarlo è stato l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu (Unhcr), che in un tweet ha sottolineato come la Libia non sia un porto sicuro. Ancora nessuna notizia invece dei 56 migranti a bordo del barcone che si era ribaltato al largo di Misurata.

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Italia

Eseguito lo sfratto del centro Sociale Leoncavallo. Dopo anni lo stato vince la battaglia

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Eseguito lo sfratto del centro Sociale Leoncavallo. Dopo anni lo stato vince la battaglia

Sfrattato e sgomberato il centro sociale Leoncavallo di Milano.

Milano: eseguito sfratto del centro sociale Leoncavallo

In questo momento a Milano stanno eseguendo lo sfratto del centro sociale Leoncavallo. La notizia battuta dalle agenzie di stampa informa che è stato eseguito il provvedimento di sfratto dell’immobile occupato abusivamente dal centro sociale Leoncavallo. Poco prima delle 9 l’ufficiale giudiziario con la collaborazione della polizia di Stato ha fatto accesso nell’ex cartiera di via Watteau.

Leoncavallo sfratto rinviato 100 volte

Lo sfratto del centro sociale di via Watteau era stato rinviato un centinaio di volte e lo scorso novembre il ministero dell’Interno era stato condannato a risarcire 3 milioni ai Cabassi, proprietari dell’area, proprio per il mancato sgombero. Nei mesi scorsi l’associazione Mamme del Leoncavallo aveva presentato una manifestazione d’interesse al Comune per un immobile in via San Dionigi che poteva rappresentare un primo passo per lo spostamento del centro sociale dall’attuale spazio. Lo storico ‘Leonka’, così lo chiamavano a Milano occupa lo spazio in via Watteau dal 1994.

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Attualità

Tamara Ianni e la forza di rompere il silenzio. Una voce contro la mafia di Ostia

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Tamara Ianni e la forza di rompere il silenzio. Una voce contro la mafia di Ostia

In un’Italia dove troppo spesso il silenzio è più forte della giustizia, la storia di Tamara Ianni è un grido potente che squarcia il complice silenzio; ex affiliata a uno dei clan criminali più feroci di Ostia, oggi è una collaboratrice di giustizia. Una donna, una madre, che ha scelto di denunciare, mettendo a rischio tutto, persino la vita della propria famiglia, pur di dire basta.

Il suo nome è emerso ancora una volta grazie a Belve Crime, programma condotto da Francesca Fagnani, che ha avuto il coraggio di affrontare in prima serata temi molto delicati. Nella sua intervista a volto coperto, Tamara Ianni ricorda i momenti che hanno segnato il suo passaggio da complice a testimone chiave nella lotta contro il clan Spada, una delle organizzazioni mafiose più temute del litorale romano; con le sue confessioni e quelle del marito, Micheal Galloni – nipote del boss rivale Giovanni Galleoni detto Baficchio – lo Stato è riuscito ad arrestare 32 membri del clan Spada nel 2018. Una frattura storica nella criminalità organizzata della capitale.

Il prezzo pagato da Tamara Ianni per aver scelto di parlare è stato altissimo, tra intimidazioni, violenze e minacce al figlio di appena due anni: e un boss con lamette infette in bocca, pronto a sputare sangue sul volto di un bambino innocente, nel tentativo di seminare terrore e sottomissione. In quel momento, Tamara ha alzato la testa, non per sé, ma per salvare suo figlio, e in quel gesto si concentra tutta la forza di una donna che ha deciso di rompere la catena del silenzio.

La sua non è solo una testimonianza processuale, è una lezione morale, un atto di coraggio che dimostra come la mafia possa essere affrontata, smascherata e persino colpita nei suoi equilibri più profondi, a patto che chi sceglie di parlare non venga lasciato solo, ma sostenuto, protetto, accompagnato da uno Stato che mantenga la promessa di giustizia.

Ed è proprio qui che si apre una ferita ancora aperta, una domanda scomoda e urgente: cosa stiamo facendo davvero per chi decide di denunciare? L’attentato del 2018, con un ordigno piazzato sulla casa dove Tamara viveva sotto protezione, ci ricorda che il rischio non finisce con una condanna, che la vendetta mafiosa è lenta, subdola, pronta a colpire nel tempo, e che chi collabora con la giustizia spesso è condannato a un’esistenza precaria, fatta di traslochi improvvisi, identità cancellate, isolamento sociale…

In un’Italia dove la criminalità organizzata continua a infiltrarsi nelle periferie, nei quartieri dimenticati, nei vuoti lasciati dalle istituzioni, figure come Tamara Ianni dovrebbero essere riconosciute come figure esemplari, simboli di un cambiamento possibile, di una scelta che, pur nel dolore, ha un valore collettivo enorme. Ma quante donne, quante madri, troverebbero la forza di fare lo stesso, sapendo di dover rinunciare a tutto, anche al diritto di vivere una vita normale?

Per questo la sua storia va ricordata, raccontata, portata nelle scuole, nelle piazze, nei luoghi della politica e della formazione, perché i giovani capiscano che la mafia non è invincibile e che dire no è possibile.

A volte, il vero eroismo non è nell’impugnare un’arma, ma nel trovare il coraggio di rompere il silenzio, anche quando tutti ti dicono di tacere.

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