Cronaca
ROMA 4 vigili urbani indagati per concussione

ROMA 4 vigili urbani indagati per concussione: ecco il motivo.
ROMA 4 vigili urbani indagati per concussione. Le vittime diversi ristoratori di Roma tra il centro, Parioli e San Lorenzo. A loro un manipolo di agenti chiedeva di pagare piccole mazzette per non ricevere multe a più zeri. Per questo, in quattro sono finiti iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di concussione. Le indagini sono partite da quelle su un quinto vigile, appartenente II Gruppo, già processato e condannato a 4 anni di carcere per lo stesso reato. Adesso gli inquirenti, il pm Claudia Terracina e il procuratore aggiunto Paolo Ielo, stanno vagliando una prima denuncia di un ristoratore di San Lorenzo, oltre alle intercettazioni effettuate subito dopo l’apertura dell’indagine.
Queste ultime riguarderebbero sfoghi di negozianti ma anche commenti degli stessi vigili, che non fanno escludere altre richieste di denaro. Effettuate sia in divisa che fuori servizio. Tra esse, circa 400 euro che il vigile del II gruppo Sapienza lo scorso novembre costrinse il ristoratore di San Lorenzo a consegnargli. E che sono costati all’agente, colto sul fatto, una condanna a 4 anni di carcere e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Niente più divisa per lui, già licenziato qualche settimana prima dal Campidoglio.
Il ristoratore, nella sua denuncia, lo aveva descritto come un tipo sprezzante, che, senza che nessuno glielo chieda, promette verbali aggiustati in cambio di bustarelle. Dinanzi agli inquirenti, l’agente ha poi provato a giustificarsi dicendo che quei soldi erano un prestito. Tesi che sarebbe confermata, a suo dire, proprio dalla rettitudine sempre mostrata in servizio. «Magari – ha detto – chi mi accusa si sarà voluto vendicare della mia pignoleria nello svolgere il mio lavoro, per i provvedimenti di multa contestati». In realtà, prima di quel versamento di 400 euro (registrato dalla polizia), ce ne sarebbe stato un altro precedente di 500 euro, sollecitato sotto una minaccia: «O si collabora, oppure si rischiano sanzioni, tipo l’ultima inflitta, di 8000 euro».
Una concussione bella e buona, insomma. Un’accusa che il funzionario di Roma Capitale ha sempre respinto, anche una volta in carcere, sempre con la stessa giustificazione. «E’ vero i soldi me li ha consegnati quel ristoratore», aveva dichiarato durante l’interrogatorio di garanzia. «Ma non erano una bustarella. Era un prestito. Avevo bisogno di quei soldi per i regali di Natale. Avrei restituito la somma col prossimo stipendio. Mai presa la somma precedente». I giudici però non gli hanno creduto e alla fine l’uomo è stato indagato anche per detenzione di sostanze stupefacenti. Perquisendo la sua abitazione, infatti, gli uomini della Mobile avevano trovato alcune dosi di cocaina. Elementi per accertare i quali i magistrati inquirenti hanno chiesto un supplemento di indagini.
Cronaca
Un intervento provvidenziale di un condomino in un momento drammatico

Marta (il nome è di fantasia) ha subito un’aggressione violenta in un ascensore di un condominio a Roma, vicino a viale Marconi. Due giorni dopo l’incidente, la giovane, che non riesce più a parlare per le grida disperate di aiuto, racconta l’accaduto alle sue amiche al bar sotto casa, cercando di “provare a dimenticare quell’inferno”.
L’incubo nell’ascensore
Marta stava tornando a casa dopo il lavoro e, felice di avere più tempo per passeggiare con il suo cane Orazio, ha incontrato un uomo nel condominio. Inizialmente lo ha scambiato per un ospite e lo ha lasciato entrare nell’ascensore. Una volta all’interno, l’uomo ha bloccato l’ascensore, l’ha attaccata minacciandola con un coltello e ha iniziato a colpirla. Nonostante tentasse di difendersi, Marta si è trovata impossibilitata a scappare, bloccata tra i due piani. Ricorda: “Urlavo a più non posso nella speranza che qualcuno potesse sentirmi”.
L’intervento provvidenziale
Le urla di Marta hanno richiamato l’attenzione di un vicino di casa, che ha cercato di aiutarla. All’udire il clamore, l’aggressore ha deciso di fuggire, riportando l’ascensore al piano terra. Marta, nonostante le ferite, gli è corsa dietro, preoccupata che la situazione fosse premeditata. “Credo che non fosse la prima volta che entrasse lì”, afferma, intuendo che l’uomo avesse già studiato il condominio.
Le conseguenze e la lotta per recuperare
Due giorni dopo la violenza, Marta non riesce ancora a riprendersi. Non dorme e l’incubo la tormenta, ma ha chiesto ai medici di tornare a lavoro per cercare di distrarsi. Confessa: “Una cosa simile non si supera facilmente”. Pur non avendo mai vissuto situazioni simili prima, teme che l’aggressore possa colpire ancora e spera in un’intervento della polizia per fermarlo.
Cronaca
Uccisione a Nettuno, arrestato un giovane di 28 anni

Gli agenti della squadra Mobile di Roma hanno arrestato un 28enne originario di Nettuno, ritenuto l’autore dell’omicidio di Cosimo Ciminiello, ucciso a 37 anni con un colpo di pistola al petto nella notte tra il 22 e il 23 marzo scorso. Ciminiello, incensurato e originario di Modugno, era diventato padre da pochi mesi.
Le indagini
Il delitto è avvenuto quando due sicari a bordo di un’auto hanno aperto il fuoco in strada, a pochi passi dal parco Palatucci. Gli investigatori, coordinati da Giuseppe Pititto, hanno rapidamente avviato le indagini, acquisendo filmati delle telecamere della zona, che hanno portato all’arresto del presunto responsabile in dieci giorni.
Origine del conflitto
Le indagini, condotte dalla procura di Velletri con la partecipazione del commissariato di Anzio, si sono focalizzate sul mondo dello spaccio. Gli investigatori hanno interpellato inizialmente la convivente di Ciminiello per capire se avesse avuto discussioni con qualcuno, raccogliendo poi testimonianze da familiari e amici, le quali hanno fornito versioni contraddittorie, ma utili per le indagini.
Prove raccolte
Il sospettato è stato incastrato dalle immagini delle telecamere, che lo riprendono mentre fugge in macchina dopo aver sparato un colpo di calibro 22. Ulteriori approfondimenti hanno indicato che Ciminiello potrebbe essere stato ucciso per non aver onorato un debito di droga.
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