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ROMA Duro colpo dei Carabinieri alle piazze di spaccio
ROMA Duro colpo dei Carabinieri alle piazze di spaccio capitoline: il report.
ROMA Duro colpo dei Carabinieri alle piazze di spaccio capitoline. Dalle prime luci dell’alba la Sezione Antidroga della Squadra Mobile di Roma è impegnata in una vasta operazione, coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia. Nel mirino 21 soggetti, appartenenti a diversi gruppi criminali dediti al traffico ed alla detenzione di sostanze stupefacenti.
Tutti sono stati colpiti da ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P. dr. De Robbio del Tribunale di Roma. Tra essi, elementi di spicco della criminalità romana, tra i quali Fabrizio Capogna, appartenente all’omonima nota famiglia, e Mazza Gaetano Giuseppe, siciliano, residente in Colombia (dove gestisce da vicino gli illeciti traffici di droga), tuttora ricercato.
Attraverso i provvedimenti restrittivi e le numerose perquisizioni, gli inquirenti non solo hanno colpito i più importanti fornitori delle piazze di spaccio romane, ma, partendo da essi, sono arrivati alle piazze stesse, disarticolandole. In particolare, l’azione dei Carabinieri ha riguardato le zone di Tor Pignatarra e Marranella, La Rustica, Acilia, Infernetto, Tiburtino e Fonte Nuova.
L’indagine è stata condotta secondo i vecchi metodi, con appostamenti e pedinamenti, nonché intercettazioni telefoniche. Attraverso queste ultime, i militari sono riusciti a decriptare le parole in codice utilizzate dai membri dei gruppi criminali per l’approvvigionamento, il trasporto e la successiva vendita al dettaglio di cocaina e marijuana.
I lavori sono partiti in seguito a un ingente sequestro di cocaina, eseguito nel marzo 2017, che ha fatto emergere la figura di Barberis Davide, personal trainer noto negli ambienti criminali per i suoi stretti contatti con la malavita albanese. Tra questi, Dorian Petoku, appartenente alla così detta batteria di Ponte Milvio, di recente tornata alla ribalta dopo l’omicidio di Fabrizio Piscitelli.
Attraverso un attento monitoraggio, si è ricostruito che Barberis gestiva un autonomo circuito di spaccio nella città di Latina, insieme a Malafronte Casimiro detto “Miro”. Individuati inoltre altri soggetti gravitanti nel mondo degli stupefacenti a loro volta fornitori di altrettante piazze di spaccio. A loro Barberis si rivolgeva di volta in volta, a seconda della convenienza economica riferita al prezzo di vendita al kg della cocaina.
Tra essi, Di Gianfelice Alessio, arrestato nel corso dell’indagine e contiguo a Mazza Gaetano Giuseppe, che lo riforniva di cospicui quantitativi di cocaina fatti giungere dalla Colombia dove gode dell’appoggio logistico ed organizzativo gestito dai locali cartelli.
Dei contatti faceva parte anche il pregiudicato campano Longo Egidio detto “Gino Crodino”, legato agli ambienti della camorra napoletana. Era lui a portare cospicui quantitativi di cocaina sulle piazze di spaccio del litorale laziale, spingendosi fino ad Acilia ed all’Infernetto.
Particolare era il suo “modus operandi”: non si serviva infatti di corrieri di droga, come solito fare negli ambienti del traffico di droga. Agiva invece come un “cane sciolto”, provvedendo lui stesso al rifornimento ed alle consegne a domicilio di cocaina.
Tra le figure emerse, anche De Dominicis Luca detto “Zoppo” e FEDELI Davide, noti fornitori della piazza di spaccio della Rustica, ai quali Barberis si rivolgeva per approvvigionarsi di cocaina presa “a credito”.
Insomma, nella Capitale tali soggetti avevano creato una rete capillare per garantirsi sostanza stupefacente a buon prezzo. Ciò è confermato dal fatto che lo stesso Fedeli aveva scelto quale fornitore ufficiale il noto Capogna Fabrizio, già conosciuto negli ambienti della malavita romana per i suoi numerosi e specifici precedenti nel campo della droga. A suo carico, in passato, numerose ordinanze di custodia cautelare in carcere, per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio quale referente del quartiere capitolino di Tor Bella Monaca.
Monitorando gli incontri tra i due, gli inquirenti hanno ricostruito il “ modus operandi” di Capogna. Quest’ultimo infatti utilizzava utenze per lo più intestate a cittadini stranieri non rintracciabili. Con gli utilizzatori di queste, Capogna concordava gli appuntamenti senza però dare indirizzi di riferimento: si lasciava dunque intendere che i luoghi di incontro erano già prefissati e si depistavano così le indagini.
Il metodo prevedeva inoltre un collaudato sistema utilizzato per la consegna dello stupefacente, che avveniva attraverso la “staffetta” dell’auto che lo conteneva. Lo stesso Capogna accompagnava personalmente tutte le consegne di stupefacente seguendo l’auto condotta da complici remunerati di volta in volta con cospicue somme di denaro. Non toccava mai lo stupefacente, in modo da fugare eventuali arresti da parte delle forze dell’ordine, dopodichè si allontanava, a bordo di scooter presi a noleggio, immediatamente dopo le consegne.
Fedeli e De Dominicis sono risultati inoltre inseriti in un più ampio scenario delittuoso composto da organizzazioni delinquenziali nascenti, che i due rifornivano stabilmente di cocaina. Queste ultime operavano nell’area geografica dei quartieri romani della Marranella e di Tor Pignatara, luoghi in passato egemoni delle gesta delinquenziali di personaggi di spicco della malavita romana, come Sibio Salvatore detto “Il tartaruga”.
Attraverso un lungo e complesso lavoro investigativo, gli inquirenti hanno delineato all’interno dei gruppi criminali i vari ruoli assegnati e svolti dagli indagati.
In particolare, alla Marranella erano presenti giovani leve pronte ad egemonizzare la piazza di spaccio spingendosi fino al reclutamento di armi per affermare il proprio potere.
A capo del sodalizio Ali Omar Hassan Ghareb, detto “er boss della Maranella”, insieme ad Alessandri Daniele. Entrambi avevano il compito principale di prendere i contatti con i fornitori, recuperare il ricavato della vendita dello stupefacente e coordinare il collocamento, l’occultamento, la lavorazione e lo smercio di cocaina, hashish e marijuana. Ad affiancare i due i sodali Sellas Davide e Cirelli Gabriele, con il compito di preparare le dosi e gestire le singole consegne agli acquirenti.
La piazza di spaccio di Tor Pignattara era invece capeggiata dal pluripregiudicato Messina Flavio e dai sodali Carmellini David e Mugnini Ivan.
L’organizzazione criminale aveva base logistica in un bar situato su Via di Torpignattara, gestito dalla moglie dello stesso Messina. La sua attività era ben inserita nella zona est della capitale, riuscendo nel tempo a costruire una rete capillare di rapporti, molto redditizi, con gli spacciatori della periferia romana.
Il gruppo si serviva in genere di utenze intestate a persone di fantasia o comunque non a loro ricollegabili. Un modo per eludere eventuali controlli da parte delle Forze dell’Ordine, essendo già tutti noti per essere stati deferiti per reati della stessa indole.
Le comunicazioni tra di loro avvenivano con l’utilizzo di nomi in codice: in particolare Messina, il promotore dell’organizzazione, era solito avvisare tutti i clienti ogni volta che sostituiva un’utenza cellulare, non più considerata sicura, con un sms: “ Ciao so SMA”. E’ stata proprio questa firma ad incastrarlo sempre di più nella rete degli investigatori permettendo di delineare il suo profilo criminale.
Ogni volta che l’organizzazione veniva colpita dall’azione investigativa, Messina, in modo maniacale, reperiva i nuovi siti di custodia dello stupefacente e si occupava del reclutamento delle nuove leve da inserire nell’illecito traffico.
Il gruppo criminale aveva inoltre perfezionato le tecniche per effettuare “in sicurezza” le operazioni di approvvigionamento dello stupefacente.
Era stato ideato un sistema che prevedeva l’utilizzo di taxi per gli spostamenti degli spacciatori, in particolar modo quando dovevano effettuare “consegne a domicilio”. L’intento era quello di evitare una facile individuazione dei mezzi di trasporto utilizzati e la relativa identificazione dei sodali; il taxi veniva utilizzato anche per percorrere brevissimi tratti di strada all’interno dello stesso quartiere.
Nell’operazione sono stati impiegati complessivamente oltre 100 agenti della Polizia di Stato, coadiuvati nell’esecuzione dalle unità cinofile.
Le perquisizioni sono tutt’ora in corso. A seguito di una perquisizione domiciliare è stato rinvenuto un ingegnoso apparato elettrico che consentiva di aprire un finto camino con un doppio fondo, all’interno del quale erano occultati droga e denaro.
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