Primo Piano
Lara Comi all’avvocato: «Ma i pm mi possono indagare?»
Le ultime parole famose: «Secondo te mi possono indagare?», chiede il 10 maggio Lara Comi all’avvocato Maria Teresa Bergamaschi, presidente della Camera penale di Savona e sua esperta di fondi pubblici europei.
L’avvocato risponde: «Per potere possono ma sarebbe una porcheria. In una giustizia corretta non dovrebbero, ma se vogliono crearti danni per la campagna elettorale…». Il 13 maggio però, dopo appena quattro giorni, proprio l’avvocato diventa indagata.
E proprio lei, l’avvocato, il giorno dopo torna in Procura e consegna il proprio cellulare contenente le chat di Whatsapp che inguaiano l’allora europarlamentare. La consegna del telefonino consente ai pm di ritenere quei messaggi «prova documentale». E di conseguenza aggirare il rischio di inutilizzabilità di messaggi vocali o chat altrimenti coperti dall’immunità della europarlamentare rispetto a intercettazioni e sequestri di corrispondenza. Viene così ricostruita la storia dell’accordo tra Nino Caianiello (vero referente di Forza Italia varesina) e Giuseppe Zingale (direttore generale di Afol-Agenzia metropolitana per il lavoro) affinché Afol attribuisse consulenze alla consulente di Lara Comi. In cambio che lei poi retrocedesse una parte del compenso a Caianiello per i costi del partito a Varese di cui la Comi è coordinatrice.
Retrocessione che avviene con un’altra consulenza fittizia, da Comi a Bergamaschi, per mascherare 5.000 dei 10.000 euro che devono tornare. Venendo regolati gli altri 5.000 dal mancato pagamento di Comi a Bergamaschi di un libro sui fondi europei che l’ex europarlamentare finge di scrivere ma che le viene redatto da Bergamaschi. Pesano, per i pm, le chat dove la Comi con «emoticon» sorridente anticipa a Bergamaschi che «Zingale vorrà il suo regalo di Natale». Alludendo al fatto che vorrà la parte di retrocessione illecita. E quelle dove preannuncia come vorrebbe sviare stampa e pm: «Comunque oggi dirò che non ho mai preso 17k (17mila euro, ndr). Non ho mai avuto consulenze con Afol né società a me collegate che non esistono».
Inoltre all’amica raccomanda per prudenza di non telefonare («Se dovessero chiamarti non rispondere, poi ti spiego») e di usare le «chat di Telegram che è più comodo» e permette la distruzione immediata dei messaggi. Proprio quelli portati da Bergamaschi ai pm. Due mesi fa si aggiungono le ammissioni di Caianiello. Nelle intercettazioni non avaro di epiteti verso «questa cretina della Lara» alla quale «faccio uno shampoo». «Una pazza scatenata» che «pensa di prendere in giro tutti». Ai pm dice: «Comi era recalcitrante a retrocedere una parte del suo stipendio per finanziare le strutture del partito di Forza Italia». Quindi «anche in vista delle imminenti elezioni europee escogitammo lo stratagemma di far maggiorare lo stipendio del giornalista Aliverti», per il cui ruolo di portavoce Comi prendeva dal Parlamento Europeo un legittimo rimborso di circa 1.000 euro più Iva.
Lo stipendio viene alzato per finta a 3.495 più Iva, ma con l’accordo che 1.500 siano restituiti a un uomo di Caianiello. All’inizio aveva esplorato un’altra copertura dietro un finto contratto a un commercialista. Fatto però così male che non a caso era lui il primo a ironizzarne: «Mi hanno fatto un contratto come badante, tipo filippina. Io sono il filippino della Comi, sono una forma finta del filippino della Comi». E tra le accuse spunta anche uno schema analogo nel 2016 ma con un altro buffo finto collaboratore dell’europarlamentare a spese dell’Europarlamento. 40 ore settimanali per 2.450 euro mensili. Proprio Caianiello riconosce la propria firma sul contratto ma quasi gli sembra fatto a sua insaputa.
Da mesi alla Comi è contestato anche un altro illecito finanziamento mascherato da finta consulenza. Per di più copiata da una dozzina di fonti tra cui tesi di laurea, siti specializzati e persino il blog di Beppe Grillo. 30.000 euro dal pure indagato Marco Bonometti, presidente di Confindustria Lombardia, patron della multinazionale di famiglia OMR (3.000 dipendenti, 600 milioni di fatturato, la Ferrari come primo cliente).
E anche qui Caianiello spiega: «A seguito della mancata candidatura alle elezioni politiche nazionali cui aspirava» Comi ha «iniziato a spaventarsi fortemente per la sua rielezione al Parlamento Europeo» e «ha iniziato ad andare spasmodicamente alla ricerca di finanziamenti e alleanze politiche. Tra fine 2018 e inizio 2019 a casa dell’on. Gelmini a Milano conobbi Marco Bonometti. Comi voleva che io intercedessi in suo favore nei confronti della Gelmini». Aggiungendo infine che «anche Bonometti si spese con la Gelmini in favore della Comi».
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