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Omicidio Luca Sacchi Il clan dei calabresi dietro la morte
Omicidio Luca Sacchi Il clan dei calabresi di San Basilio e clan di Tor Bella Monaca sono nel mirino degli investigatori che indagano sul traffico di stupefacenti che ha portato alla morte di Luca Sacchi.
L’ombra del clan dei calabresi nell’omicidio di Luca Sacchi. Sotto la lente della Procura il profilo di Paolo Pirino, il ventunenne che guidava la Smart usata per raggiungere Luca e la fidanzata Anastasia davanti al pub di via Bartoloni. Il ragazzo, nonostante l’età, era già stato condannato a 3 anni per droga quando era minorenne. Tra le sue amicizie e quelle di Del Grosso figurano rampolli di pezzi pesanti delle ‘ndrine di Platì trasferiti tra i lotti di ‘Sanba’. Nuove leve che vivono come fossero in una serie tv, scimmiottando gangster di livello e intonando i neomelodici che tanto piacciono alla mala. Ma, meno “educate”, secondo i codici antichi delle cosche più spregiudicate.
Un giro nel quale sarebbe finito anche Del Grosso che a San Basilio era fidanzato con Valeria, la mamma del suo bambino nato da pochi mesi. Valerio ha confessato alla polizia di avere iniziato a consumare droga quando aveva 13 anni. Non limitandosi a comprarla ma sarebbe entrato a stretto contatto con fornitori e corrieri. E per questo sarebbe riuscito a entrare in possesso di un revolver. Su queste frequentazioni hanno acceso un faro i carabinieri del Nucleo Investigativo che stanno incrociando tabulati e celle telefoniche agganciate da tutti i protagonisti della vicenda.
Per questo gli interrogatori dei due giovani saranno decisivi per chiarire i misteri sulla compravendita di marijuana tramutata in rapina e sfociata nell’omicidio di Sacchi. Pirino sembra il più “navigato” dei due. Quando è in fuga va a nascondersi dalla nonna a Torpignattara, più esattamente nei locali lavatoio chiusi da una enorme cancellata bianca rialzata da una rete metallica. Ha le chiavi come un piccolo boss pronto alla latitanza. Nel palazzone sulla Prenestina in tanti lo ricordano: «Ha un fratello e una sorella gemelli, la mamma è una brava donna. Non pensavamo si mettesse in un guaio simile».
Ora dovrà spiegare i suoi contatti con i clan. Le indagini puntano indietro nel tempo. Testimoni avrebbero visto la Smart girare anche giorni prima all’Appio Latino e la macchina era stata noleggiata il 14 ottobre. Tra Giovanni Princi, amico di vecchia data di Sacchi con precedenti per droga, e Valerio Rispoli – l’emissario mandato con Simone Piromalli da Del Grosso a sincerarsi che il gruppo dell’Appio avesse i soldi – già nei giorni precedenti c’erano stati contatti per la trattativa sulla marijuana. E Rispoli avrebbe attivato Del Grosso per reperirla.
A quanto ricostruito nell’ordinanza di arresto dei due ventunenni, Rispoli e Piromalli hanno incontrato alle 21.30 Princi e una donna (Anastasia) che mostrano loro uno zainetto con mazzette da 20 e 50 euro. Del Grosso voleva essere sicuro che ci fosse il denaro. Perché? Non si fidava? Forse c’erano stati già altri affari con Princi non andati a buon fine? Del Grosso, avuta la conferma del denaro, sarebbe andato a prendere l’erba per portarla alla comitiva dell’Appio. A quanto pare, però, i fornitori non gliel’avrebbero data. Non l’avevano o non ritenevano l’affare affidabile a prescindere?
Resta da capire se l’idea di tornare indietro per rapinare i soldi sia di Del Grosso e Pirino o se l’abbiano escogitata con i fornitori magari intenzionati a ripianare conti in sospeso. Di sicuro i due sono andati ben equipaggiati armati di mazza da baseball e revolver. Probabilmente sapevano che Sacchi, un colosso di muscoli alto 1,90, avrebbe difeso la sua fidanzata e i suoi amici. Infine il giallo dei soldi: a Casal Monastero Del Grosso ha raccontato che nello zaino non c’erano più e di avere trovato solo una trentina di euro. Vero o falso? Di fatto sono spariti.
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ILARIA CUCCHI ATTACCA SALVINI
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