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CASTRO DEI VOLSCI ‘Il Paese diventa Presepe’
CASTRO DEI VOLSCI ‘Il Paese diventa Presepe’: una suggestione irripetibile, una magia di altri tempi. Il presepe vivente di Castro dei Volsci nasce nel 1995 su iniziativa dell’assessore alla cultura Pier Luigi Normalenti e di alcuni giovani desiderosi di uscire dal grigiore delle serate invernali per impegnarsi a costruire qualcosa di utile per il proprio paese.
Già dalla prima edizione la manifestazione ha riscosso grande successo. Ciò si è ripetuto nel corso degli anni facendo si che essa si ponga tra le più importanti e conosciute in provincia di Frosinone. “Il paese diventa Presepe”, in programma dal 22 dicembre al 6 gennaio 2020, coinvolge oltre cento figuranti. Una quarantina le scene raffigurate che fanno rivivere, in questa piccola Betlemme nostrana, scorci di vita quotidiana di una comunità contadina tipica dei primi anni dell’Ottocento.
Tutta la rappresentazione è inserita all’interno dello scenario naturale di via Civita dove vicoli, archi, stradine, cantine, stalle, angoli caratteristici e locali in disuso rivivono grazie al Presepe e sono resi ancora più suggestivi da luci e fiaccole romane. Durante il caratteristico percorso è d’obbligo l’assaggio delle tradizionali frittelle, delle salsicce, delle castagne e delle pizze fritte, annaffiate da buon vino locale. Per la realizzazione di questo originale presepe tutto è curato fino a rendere ogni piccolo particolare importante e caratteristico.
Allestiti scenari che ripropongono e fanno rivivere gli antichi mestieri, scene di vita contadina e artigianale. Fino alla mangiatoia in cui è deposto il Bambino, un vero neonato con tanto di mamma e papà accanto. La suggestione è quella di un intero paese che per un paio di settimane ogni anno abbandona gli stili della modernità per immergersi nel recupero di gesti antichi, parole, gusti e lavori creduti scomparsi, per tornare a ripetere gli atti di chi un tempo batteva il rame per farne paioli e oggetti casalinghi, lavorava il latte a ricavarne formaggi, o impastava farina per pasta e dolci e pane fragrante.
Gli abiti si fanno immaginosamente identici a quelli indossati da nonni e progenitori più di un secolo fa. Le voci, la gaiezza, sicuramente son quelle tipiche di un tempo senza tempo. I locali, le stesse botteghe e piazzette ove in passato si svolgeva la vita della comunità, la continuità tra le generazioni, il parlare della gente. Un’intera cittadinanza che assume un’altra identità per trasportarsi, indietro, ad animare un incantato contesto reale nel quale si inseriscono i quadri classici della Natività. Recupero di una spiritualità naturale e spontanea incarnata nelle forme di una religione.
La magia è quella di una tradizione recente che ha proiettato solide radici nel passato e vive oggi di un diffuso e convinto sostegno che la radica a un ignoto futuro, pur dotato di riferimenti familiari. Sorta in risposta a un’indefinita esigenza interiore la manifestazione è ormai diventata l’appuntamento più atteso; occasione di ritrovare in un mondo fittizio il senso del mondo reale. Momento importante, insostituibile, nelle emozioni di chi la incarna e nello stupore di chi se ne fa ammirato spettatore.
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