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CORSO FRANCIA L’Avv. Bongiorno: «Più rispetto per Gaia e Camilla»

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CORSO FRANCIA L’Avv. Bongiorno: «Più rispetto per Gaia e Camilla»

«Non è un videogioco. Ci sono due ragazze morte, due ragazze in carne e ossa, e quattro genitori che, di fronte a quello che sta succedendo, ogni giorno sentono amplificare il proprio dolore», l’avvocato Giulia Bongiorno ha assunto la difesa dei genitori di Gaia von Freymann, una delle due sedicenni investite a Roma la notte di sabato 21 dicembre a Corso Francia.

<em>Un caso, quello dell’investimento di Corso Francia, che secondo la Bongiorno sta suscitando un interesse «morboso» nell’opinione pubblica: «È accaduta una cosa devastante: chiunque abbia figli non riesce a pensarci senza piangere. Ma questa tragedia si sta trasformando, giorno per giorno, in una fiction».

Cosa intende? «Si va alla ricerca spasmodica di novità, di dettagli a effetto. Proliferano testimoni mediatici che raccontano fatti spesso in contrasto tra loro. E ogni elemento, nonostante le contraddizioni, viene amplificato come fosse la verità. Con conseguenze gravissime».

Cioè? «Fioccano commenti gravemente offensivi non solo nei confronti della famiglia, ma anche delle stesse Gaia e Camilla».

Offensivi? «Si dice che erano incoscienti prendendo per buone voci tutte da verificare e si dà per pacifico che le ragazze abbiano scavalcato il guard-rail, che abbiano attraversato lontano dalle strisce, a semaforo rosso, che siano state mezze pazze, ormai sembra quasi si siano suicidate».

Del guard-rail lo scrive il gip: «Ma come primissima ipotesi investigativa, è grave spacciarla come dato di fatto oggettivo: le indagini sono in fase ancora embrionale».

Non è andata così, secondo la famiglia? «La famiglia si è chiusa nel dolore. Ci saranno le perizie, le immagini delle telecamere che si dice siano state sequestrate. E, anche se non si ritrova nella ricostruzione fatta dal gip, la famiglia attende in silenzio. Questo la dice lunga. Invece c’è chi ha addirittura inventato di sana pianta una sorta di “roulette russa” stradale. O addirittura ha obiettato che le ragazze non avrebbero dovuto stare in giro a quell’ora, che i genitori avrebbero dovuto controllarle».

Invece? «Erano stracontrollate. Gaia poi, da figlia di genitori separati, aveva un doppio controllo: della madre e del padre. Non le avevano comprato il motorino, né la macchinetta. Del resto, dopo l’incidente stradale del padre, che ha perso l’uso delle gambe, lei era terrorizzata dalle strade. Era una ragazza gioiosa ed entusiasta, ma anche prudente, matura, precisa. Per esempio, rispondeva sempre subito agli sms dei genitori : non tutti i ragazzi lo fanno. L’unica volta che non lo ha fatto è stato sabato notte. E per questo suo padre ha capito».

Prima di essere avvertito? «Immediatamente. Quando ha visto che non rispondeva si è precipitato lì. E ha capito che a terra c’era lei. Tanto che, a chi bloccava il transito, ha detto: ‘Fatemi passare, sono il padre’».

Da Andreotti ad Amanda Knox, non è il primo caso di richiamo mediatico che le capita. Perché lo ritiene diverso? «Qui si va alla ricerca dell’anomalia. La tragica fine delle ragazze è talmente dolorosa da indurre a cercare un comportamento anomalo quasi per concludere che ai nostri figli non capiterà perché non sono così imprudenti. E allora ogni giorno se ne inventa una. Si rincorre l’ultima voce come fosse una prova e si commenta come se fosse vera. Accrescendo ogni giorno il dolore dei genitori».

Però c’è stata anche tanta solidarietà: «Tantissima da parte della gente comune. Ma ci sono stati anche commenti violenti».

C’è chi ritiene il reato di omicidio incostituzionale: «Guidare in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti è una condotta grave che non può essere punita con pene leggere Ma oggi non voglio parlare del ragazzo che era alla guida, voglio solo lanciare un appello».

Che appello? «I tempi della giustizia non sono veloci come quelli delle notizie, che magari poi vengono smentite. Allora resistete alla tentazione di trattare queste ragazze come i personaggi di una fiction».

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