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CASO REGENI I quattro depistaggi del Cairo
CASO REGENI I quattro depistaggi del Cairo. Dopo quattro anni per la prima volta la Procura di Roma con un atto ufficiale rassegna al Parlamento, nell’aula di Palazzo San Macuto dove la Commissione parlamentare di inchiesta sul sequestro e omicidio di Giulio Regeni ha avviato ieri i suoi lavori, le conclusioni «univoche» di un’inchiesta il cui destino è ora nelle mani delle decisioni di Palazzo Chigi.
I depistaggi del Cairo nel caso Regeni. Conclusioni che il procuratore reggente Michele Prestipino e il sostituto Sergio Colaiocco declinano, per oltre due ore, con il rigore dei fatti raccolti. Un’indagine che non ha precedenti per contesto, interlocutori, impiego di capacità investigative (Sco della Polizia e Ros dei Carabinieri). E molto semplice da riassumere: quello di Giulio fu un sequestro e un omicidio di Stato. Perché concepito e messo in atto da almeno cinque ufficiali della National Security Agency, il Servizio segreto civile del regime egiziano.
E perché almeno quattro sono i depistaggi con cui la stessa Nsa ha tentato di coprire le proprie responsabilità. A cominciare dall’autopsia del corpo di Giulio (le cui conclusioni, “morte per emorragia cerebrale”, dovevano accreditare un incidente stradale mai avvenuto). Per proseguire poi con il ritrovamento del cadavere denudato (utile a sostenere la pista del movente sessuale), con la testimonianza di un ingegnere egiziano che voleva la morte di Giulio esito di una lite avuta al Cairo. Fino alla cruenta messa in scena che, il 24 marzo 2016, doveva accollare la responsabilità a una banda di rapinatori. Uomini che altro non erano che innocenti fucilati a freddo dalla Nsa per simulare un conflitto a fuoco.
E tuttavia la mattina di San Macuto non è stata una semplice ricognizione del noto. Al contrario. E non tanto per l’emersione di nuovi dettagli che hanno svelato come all’elenco di chi tradì Giulio nei suoi ultimi mesi di vita si aggiunga anche quello dell’amica di cui più si fidava in Egitto. Noura, studentessa conosciuta a Cambridge. Delatrice dei suoi spostamenti e incontri. Riferiva a un operatore turistico del Cairo, tale Rami, che, a sua volta, le girava al maggiore Sharif della Nsa). Ma perché con la testimonianza dei procuratori Prestipino e Colaiocco cade ora, definitivamente, ogni ulteriore alibi per Parlamento e governo.
Nessuno potrà più pensare di guadagnare tempo rispetto alle decisioni da assumere con il Cairo. A maggior ragione dopo che Colaiocco ha spiegato come la già difficilissima cooperazione giudiziaria con la magistratura egiziana si sia interrotta a novembre dello scorso anno. Quando “la Procura del Cairo, pur di fronte a circostanze indizianti univoche nei confronti dei cinque ufficiali della Nsa, ha ritenuto che queste non fossero sufficienti a sottoscrivere un comunicato congiunto che desse conto di come l’indagine aveva ormai circoscritto il perimetro delle responsabilità”. Da quel novembre di un anno fa, nulla infatti è più accaduto.
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