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Processo a Salvini: Italia Viva incerta sul da farsi

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Processo a Salvini: Italia Viva incerta sul da farsi

Processo a Salvini: Italia Viva incerta sul da farsi. Davide Faraone, esponente di Italia Viva, riguardo l’autorizzazione a procedere per Matteo Salvini indagato per il caso Gregoretti dichiara: “Dal punto di vista umano e politico lo abbiamo già giudicato. Dal punto di vista giudiziario i nostri colleghi in giunta per le autorizzazioni leggeranno le carte e valuteranno nel merito cosa fare”.

Sul processo a Salvini Italia Viva tiene il giudizio in sospeso e i numeri necessari per l’autorizzazione a procedere ora sono in bilico. Se i renziani diranno no il leader della Lega potrebbe essere graziato dalla giunta per le autorizzazioni a procedere. “Non siamo giustizialisti e non siamo abituati a utilizzare temi giudiziari per trarre benefici nella lotta politica”, aggiunge Faraone. Linea ribadita anche dal deputato Marco Di Maio.

La giunta per le autorizzazioni a procedere dovrebbe votare sul caso della Gregoretti il 9 o 10 gennaio. I numeri sono molto stretti. Contro Salvini dovrebbero votare l’unica esponente del Pd (Anna Rossomando), 6 grillini, l’ex presidente del Senato Pietro Grasso e l’ex M5S Gregorio De Falco più i tre di Italia Viva. Totale 12 voti. Sul fronte opposto Lega (5), Forza Italia (4), Fratelli d’Italia (1, il presidente della giunta Maurizio Gasparri) ai quali potrebbe aggiungersi l’esponente sudtirolese Durnwalder. E farebbero 11. Se i renziani dovessero dire di no il verdetto sarebbe ribaltato e la giunta non potrebbe dare il via libera al processo. Salvini, intanto, ribadisce la sua linea di difesa. La decisione di bloccare la Gregoretti fu presa dal governo, come era avvenuto per la Diciotti.

Fonti della Lega fanno sapere: “Il senatore Matteo Salvini ha conservato copia delle interlocuzioni scritte avvenute a proposito della Gregoretti. Si tratta di numerosi contatti tra ministero dell’Interno, Presidenza del Consiglio, ministero degli Affari Esteri e organismi comunitari. Era stata contattata anche la Cei”. Questo in risposta a quanto affermato ieri da Palazzo Chigi secondo il quale l’argomento non fu discusso in consiglio dei ministri e nessuna decisione fu condivisa.

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