Cultura
ROMA ANTICA Il Capodanno dei Romani
ROMA ANTICA Il Capodanno dei Romani. Mentre per noi l’1 gennaio è solo una festa laica a Roma venivano festeggiate ben tre divinità: Giano, Giove e Esculapio.
IL CAPODANNO DEI ROMANI
IL CULTO DI GIANO
I Romani festeggiavano l’inizio del nuovo anno con le celebrazioni in onore di Giano. Da qui ha origine il nome di Gennaio. Fu il calendario giuliano, ovvero il calendario promulgato da Giulio Cesare nella sua qualità di pontefice massimo nel 46 a.C., a fissare l’inizio dell’anno il 1° gennaio mentre prima era il 1° marzo. Il dio Giano, che non trova riscontro in altre mitologie, fu tipicamente italico e latino. Giano è considerato dio dell’apertura e dell’inizio, cioè del principio di ogni azione. Proteggeva inoltre anche il principio della vita, ovvero il concepimento. Allo stesso modo si era convinti che presiedesse alla nascita del mondo e di tutte le creature.
IL CULTO DI GIOVE CAPITOLINO
Giove era considerato il massimo protettore della città e le vicende dell’Urbe vennero sempre collocate sotto la sua ala protettrice. Dio del cielo e della luce i Romani lo associavano al colore bianco. Bianchi erano gli animali che gli offrivano in sacrificio, bianchi i cavalli che trainavano il suo cocchio, bianche le vesti dei sacerdoti addetti al suo culto e quelle indossate dai consoli durante la cerimonia di ingresso in carica. Il Tempio di Giove Capitolino, di cui restano solo le fondamenta, era di dimensioni eccezionali. L’opera nata per volere, su progetto e impianto di Tarquinio Prisco venne costruita, invece, da Tarquinio il Superbo.
IL CULTO DI ESCULAPIO
Secondo la leggenda nel 293 a.C. scoppiò una grave epidemia a Roma. Il Senato decise allora di dedicare un tempio nella speranza di mettere fine al triste evento. Nel 291 una ambasceria recatasi ad Epidauro, dove si trovava il santuario principale del dio Esculapio, ne riportò il sacro serpente (signum Aesculapii) a Roma. Il tempio venne edificato sull’Isola Tiberina. La dedicazione avvenne il 1° gennaio 289. La leggenda narra che giunta la nave che risaliva il Tevere presso l’isola il serpente fuggì dalla nave stessa e si rifugiò nell’isola quasi a indicare il luogo dove doveva sorgere il santuario. Il quale fu eretto sull’area dell’attuale chiesa di S. Bartolomeo.
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