Cronaca
ROMA Poliziotto arrestato per molestie a 30enne e truffa
ROMA Poliziotto arrestato per molestie a 30enne e truffa.
ROMA Poliziotto arrestato per molestie a 30enne e truffa. Invaghitosi della donna, l’uomo, un agente della Polizia Penitenziaria di 56 anni, avrebbe abbandonato di nascosto il suo turno di guardia a Rebibbia per poter raggiungere l’oggetto del suo desiderio e molestarlo.
Purtroppo per lui, la vicenda è finita nell’aula del Tribunale. L’uomo infatti lasciava di nascosto il posto di lavoro e andava a compiere atti osceni davanti alla donna, in mezzo alla strada.
Il violentatore avrebbe provato ad attenuare la propria posizione con l’alibi dell’impegno lavorativo. La permanenza in servizio – da quanto si legge – non renderebbe però meno pesanti le accuse contro di lui, assistente capo della Polizia Penitenziaria.
Le manette ai suoi polsi sono infatti scattate lo scorso 12 agosto: secondo l’accusa, avrebbe molestato in due diverse occasioni (il 15 giugno e a fine luglio, sempre di notte) una donna di trent’anni. Le violenze sarebbero avvenute in località Conca d’Oro, a Roma Nord-Est.
I guai per l’uomo non finiscono però qui: nei suoi confronti, infatti, la Procura ha aperto un nuovo fascicolo, per l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato. Per il reato di violenza sessuale è già stato disposto l’immediato cautelare. L’assistente capo, afferma il magistrato, avrebbe interrotto il turno di servizio, per cui veniva regolarmente retribuito, per uscire e fare altro. Da qui, appunto, anche l’accusa di truffa allo Stato.
Secondo il giudice che ad agosto ha firmò l’arresto, l’agente, tuttora detenuto in cella, avrebbe usato “modalità seriali e impulsi sessuali irrefrenabili“.
Il primo episodio, come detto, risale alla notte tra il 15 e il 16 giugno 2019. Una notte in cui l’agente, come da lui stesso raccontato, si trovava al lavoro e vi sarebbe rimasto: “La notte tra il 15 e il 16 giugno ero di turno notturno nel carcere di Rebibbia, risulta agli atti di servizio. Quel molestatore seriale non sono io. Vi sbagliate“. “In servizio a Rebibbia – aggiunge poi – è impossibile allontanarsi dal posto di lavoro senza allertare gli altri colleghi di turno“.
Una versione smentita però da quanto raccolto dagli investigatori. I quali, dopo averlo posto in carcere, ne hanno ripercorso tutti i movimenti, tracciandoli grazie alle analisi sullo smartphone. Sono così venuti a conoscenza delle celle cittadine alle quali il telefono si era agganciato in quelle ore. Tra queste, oltre a quella della zona di Rebibbia, ce n’era anche una di un altro quartiere della Città Eterna. Da qui l’uomo, dopo ben tre ore, avrebbe fatto poi ritorno al penitenziario.
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