Italia
Stop ai call center molesti, c’è il decreto

Stop ai call center molesti, c’è il decreto: i dettagli.
Stop ai call center molesti. La media al momento è di una chiamata indesiderata ogni tre giorni. Chiamata che viene ricevuta tanto su smartphone che su telefono fisso. Una pratica a volte anche truffaldina, di fatto diventata una vera e propria piaga. Per arginarla il Governo ha appena deciso di intervenire di nuovo. E di farlo – finalmente – anche sulle 83 milioni di utenze mobili attive in Italia. Nel Consiglio dei Ministri di oggi verrà esaminato un provvedimento che riforma, ampliandolo, il Registro pubblico delle opposizioni. Ovvero, il registro in cui possono iscriversi gli utenti che non intendono ricevere alcun tipo di proposta commerciale e pubblicitaria.
Tale lista al momento è aperta solo ai numeri telefonici fissi e, da un anno, anche alla posta cartacea. Quanto invece ai cellulari, per lo stop effettivo alle telefonate moleste occorrerà attendere qualche mese. L’iter rischia infatti di essere piuttosto lungo: dopo il Consiglio dei Ministri, si prevede una consultazione tra il Governo, gli operatori telefonici e le associazioni dei consumatori. L’ampliamento quindi potrebbe arrivare entro dicembre del 2020. Solo da quel momento in poi, prima di disturbare i cittadini, «le aziende di telemarketing dovranno consultare il registro delle opposizioni per controllare che l’utente abbia effettivamente dato il consenso a ricevere le loro chiamate». A spiegarlo è Marco Martorana, avvocato presidente di AssoData.
Chi vorrà iscriversi potrà andare sul sito web del gestore del registro o chiamare al numero dedicato attraverso la linea telefonica per la quale si intende negare il consenso. Si formerà così un database per accedere al quale gli operatori interessati dovranno pagare una tariffa annuale. I soldi finiranno poi nelle casse o del ministero dello Sviluppo Economico o del singolo gestore a cui verrà affidato il Registro. In quest’ultimo caso, sia il MiSE che il Garante della privacy vigileranno che non vi siano irregolarità. Il cambiamento però potrebbe non essere completo. «L’ampliamento del Registro è un’ottima iniziativa che permetterà a chi lavora in modo serio di ottenere un vantaggio competitivo perché potrà utilizzare meglio i dati in suo possesso – continua Martorana – ma per gli utenti il problema di base c’è e resterà». La vera piaga infatti sono «i call center che fanno telefonate non consentite con informazioni ottenute in maniera non corretta». Il numero rischia così di essere assediato con telefonate di ogni tipo: dai nuovi contratti telefonici ai servizi finanziari, fino alle più classiche truffe. Ciò in Italia accade da sempre, anche per i numeri fissi già iscritti a Registro. In tal senso «l’unico modo di intervenire è quello di vigilare – spiega l’esperto – sanzionando ogni minima mancanza nei confronti del Registro e del regolamento sulla privacy, proprio come fatto in passato dal Garante per la Protezione dei Dati Personali».
Lo scorso anno, infatti, Antonello Soro ha sanzionato con una multa da 2 milioni di euro per telemarketing indesiderato la società Vincall. Tuttavia «il problema che abbiamo in questo momento – dice Martorana – è che il Garante doveva essere rinnovato la scorsa estate, ma la nomina ancora non è arrivata». Intanto però gli italiani vengono perseguitati da circa 11 telefonate ogni mese: un dato che pone il Bel Paese al secondo posto in Europa, dietro solo al Regno Unito. E si armano come possono. Ad esempio, con le applicazioni, tra le più scaricate sugli smartphone, che consentono di bloccare le chiamate indesiderate. Uno strumento indispensabile per evitare di essere disturbati costantemente. Almeno fino a dicembre.
Italia
Eseguito lo sfratto del centro Sociale Leoncavallo. Dopo anni lo stato vince la battaglia

Sfrattato e sgomberato il centro sociale Leoncavallo di Milano.
Milano: eseguito sfratto del centro sociale Leoncavallo
In questo momento a Milano stanno eseguendo lo sfratto del centro sociale Leoncavallo. La notizia battuta dalle agenzie di stampa informa che è stato eseguito il provvedimento di sfratto dell’immobile occupato abusivamente dal centro sociale Leoncavallo. Poco prima delle 9 l’ufficiale giudiziario con la collaborazione della polizia di Stato ha fatto accesso nell’ex cartiera di via Watteau.
Leoncavallo sfratto rinviato 100 volte
Lo sfratto del centro sociale di via Watteau era stato rinviato un centinaio di volte e lo scorso novembre il ministero dell’Interno era stato condannato a risarcire 3 milioni ai Cabassi, proprietari dell’area, proprio per il mancato sgombero. Nei mesi scorsi l’associazione Mamme del Leoncavallo aveva presentato una manifestazione d’interesse al Comune per un immobile in via San Dionigi che poteva rappresentare un primo passo per lo spostamento del centro sociale dall’attuale spazio. Lo storico ‘Leonka’, così lo chiamavano a Milano occupa lo spazio in via Watteau dal 1994.
Attualità
Tamara Ianni e la forza di rompere il silenzio. Una voce contro la mafia di Ostia

In un’Italia dove troppo spesso il silenzio è più forte della giustizia, la storia di Tamara Ianni è un grido potente che squarcia il complice silenzio; ex affiliata a uno dei clan criminali più feroci di Ostia, oggi è una collaboratrice di giustizia. Una donna, una madre, che ha scelto di denunciare, mettendo a rischio tutto, persino la vita della propria famiglia, pur di dire basta.
Il suo nome è emerso ancora una volta grazie a Belve Crime, programma condotto da Francesca Fagnani, che ha avuto il coraggio di affrontare in prima serata temi molto delicati. Nella sua intervista a volto coperto, Tamara Ianni ricorda i momenti che hanno segnato il suo passaggio da complice a testimone chiave nella lotta contro il clan Spada, una delle organizzazioni mafiose più temute del litorale romano; con le sue confessioni e quelle del marito, Micheal Galloni – nipote del boss rivale Giovanni Galleoni detto Baficchio – lo Stato è riuscito ad arrestare 32 membri del clan Spada nel 2018. Una frattura storica nella criminalità organizzata della capitale.
Il prezzo pagato da Tamara Ianni per aver scelto di parlare è stato altissimo, tra intimidazioni, violenze e minacce al figlio di appena due anni: e un boss con lamette infette in bocca, pronto a sputare sangue sul volto di un bambino innocente, nel tentativo di seminare terrore e sottomissione. In quel momento, Tamara ha alzato la testa, non per sé, ma per salvare suo figlio, e in quel gesto si concentra tutta la forza di una donna che ha deciso di rompere la catena del silenzio.
La sua non è solo una testimonianza processuale, è una lezione morale, un atto di coraggio che dimostra come la mafia possa essere affrontata, smascherata e persino colpita nei suoi equilibri più profondi, a patto che chi sceglie di parlare non venga lasciato solo, ma sostenuto, protetto, accompagnato da uno Stato che mantenga la promessa di giustizia.
Ed è proprio qui che si apre una ferita ancora aperta, una domanda scomoda e urgente: cosa stiamo facendo davvero per chi decide di denunciare? L’attentato del 2018, con un ordigno piazzato sulla casa dove Tamara viveva sotto protezione, ci ricorda che il rischio non finisce con una condanna, che la vendetta mafiosa è lenta, subdola, pronta a colpire nel tempo, e che chi collabora con la giustizia spesso è condannato a un’esistenza precaria, fatta di traslochi improvvisi, identità cancellate, isolamento sociale…
In un’Italia dove la criminalità organizzata continua a infiltrarsi nelle periferie, nei quartieri dimenticati, nei vuoti lasciati dalle istituzioni, figure come Tamara Ianni dovrebbero essere riconosciute come figure esemplari, simboli di un cambiamento possibile, di una scelta che, pur nel dolore, ha un valore collettivo enorme. Ma quante donne, quante madri, troverebbero la forza di fare lo stesso, sapendo di dover rinunciare a tutto, anche al diritto di vivere una vita normale?
Per questo la sua storia va ricordata, raccontata, portata nelle scuole, nelle piazze, nei luoghi della politica e della formazione, perché i giovani capiscano che la mafia non è invincibile e che dire no è possibile.
A volte, il vero eroismo non è nell’impugnare un’arma, ma nel trovare il coraggio di rompere il silenzio, anche quando tutti ti dicono di tacere.
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