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Studente arrestato in Egitto: “Nuovo caso Regeni”
Studente arrestato in Egitto. La denuncia di Amnesty, che teme un “nuovo caso Giulio Regeni”.
Studente arrestato in Egitto. A confermarlo le autorità giudiziarie del paese africano. Patrick George Zaky, questo il suo nome, è un attivista e studente del Master GEMMA (studi di genere e delle donne) dell’Università di Bologna. A lanciare per primo la notizia, su Twitter, il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury. Del ragazzo non si sarebbero avute più notizie per alcune ore dopo l’arrivo a Il Cairo. Attualmente è detenuto nella città natale di al Mansoura, dove, denuncia Noury, rischia di essere trattenuto a lungo e torturato. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è in contatto con l’ambasciata a Il Cairo per seguire la vicenda. Lo rivelano fonti della Farnesina.
Per ordine della Procura di Mansoura Sud, Zaky sarà tenuto in custodia cautelare per 15 giorni. E’ stata la stessa Procura a deciderne l’arresto, avvenuto venerdì al Cairo. Secondo la ong egiziana ‘Egyptian center for economic and social rights’ (Ecesr), lo studente è accusato, tra le altre cose, di “istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione“.
Zaki, prosegue la Ong, sarebbe stato inoltre torturato dalle autorità egiziane. L’ong Eipr, citando gli avvocati dello studente, denuncia invece come il ragazzo, nell’arco di “24 ore” è stato “picchiato, sottoposto a elettroshock, minacciato e interrogato su varie questioni riguardanti il suo lavoro e il suo attivismo“. E’ la stessa organizzazione, per la quale Zaki lavorava, a ricostruire tutte le fasi della vicenda. Venerdì mattina, si legge, “Patrick George Zaki è stato fermato all’aeroporto del Cairo mentre rientrava a casa dall’estero“. Il ragazzo, impegnato da agosto in un master all’Università di Bologna, era rientrato in Egitto per una “breve visita alla sua famiglia“. All’arrivo, “è stato preso in custodia all’aeroporto dalla National Secirity Investigations (Nsi) egiziana ed è scomparso per le successive 24 ore“. Inizialmente portato in una struttura della Nsi al Cairo per essere interrogato, è stato poi “trasferito negli uffici Nsi della sua città natale”, Mansoura, 120 chilometri a nordest della capitale. Qui avrebbe incontrato i suoi legali, che hanno rivelato le percosse, le torture e le minacce contro il giovane.
Gli stessi legali sostengono che, durante l’interrogatorio davanti al pubblico ministero di Mansoura, a Zaki siano state mosse accuse “false”. Al ragazzo sarebbe stato infatti presentato un rapporto di polizia che “sostiene falsamente che venne arrestato a un posto di blocco nella sua città natale, a seguito di un ordine emesso a settembre 2019“. Accuse cui i legali ribattono che questo è il primo ritorno in Egitto dopo la partenza per l’Italia. Al momento Zaki è accusato di “pubblicazione di voci e false notizie che puntano a disturbare la pace sociale e fomentare il caos; incitamento alla protesta senza il permesso delle autorità competenti allo scopo di minare l’autorità dello stato; incitazione al rovesciamento dello stato: gestione di un account social media che mira a compromettere l’ordine sociale e la sicurezza pubblica; incitamento a commettere violenze e al terrorismo“. L’Eipr ne chiede però “l’immediata scarcerazione” e che venga “messa fine alla continua persecuzione e alle detenzioni arbitrarie dei professionisti dei diritti umani, dei membri dei gruppi della società civile e dei giornalisti“. Dall’ottobre dello scorso anno, ricorda Eipi, sei membri della ong sono stati temporaneamente arrestati e interrogati, anche per periodi di due giorni.
Amnesty, spiega Noury, teme tuttavia che, a indagini preliminari ancora in corso, la permanenza del ragazzo in carcere possa continuare per un lungo periodo di tempo. Una pratica che l’Egitto adotta spesso contro gli attivisti, alcuni dei quali sono in carcere dal 2017. “La preoccupazione – dichiara Noury – è che si tratti dell’ennesimo caso di persecuzione giudiziaria di un attivista per attività del tutto legittime, che ora parta questa serie di ordinanze di detenzione che lo vedranno privato della libertà personale, e per la sua incolumità fisica“. Il portavoce fa dunque appello alle autorità italiane “a chiedere garanzie e informazioni se non altro perché Zaky studiava in Italia“.
Intanto è scattata sulla piattaforma Change.org una petizione diretta al governo egiziano per “il rilascio di Patrick George Zaky”. Raccolte finora oltre mille firme, ma il numero cresce con il passare delle ore.
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