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Oliviero Toscani difende la famiglia Benetton

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Oliviero Toscani difende la famiglia Benetton

Oliviero Toscani, nonostante il licenziamento subito dopo la dichiarazione choc sul ponte Morandi, difende la famiglia Benetton.

Nonostante le tante polemiche Toscani, intervistato dal Corriere della Sera, difende se stesso e i Benetton: «Sono sereno. Rispondo alla mia coscienza. Non ho mai pensato di dire una cosa del genere contro la gente che è morta».

Ma l’ha detta: «Mi sono espresso male. Che un ponte caschi è una cosa tremenda: chi lo nega? Volevo dire che nessuno può avere interesse a farlo cadere. Ho frequentato la famiglia Benetton in questo periodo terribile, tra la tragedia del ponte e la morte di Carlo e Gilberto. E ho capito che ai Benetton veniva data la colpa del crollo del Ponte ma gli si attribuiva anche un’intenzione. Addirittura un interesse. Che non può esserci. É gente buona».

L’hanno licenziata per quanto ha detto: «So che sembra strano che li difenda. Ma con Luciano mi sono lasciato bene. Il rapporto ci sarà sempre. Mi dispiace che di mezzo ci vada una società, la Benetton, per cui ho lavorato per 20 anni. E dove lavora ancora tanta gente che non c’entra niente con Autostrade, se non perché la famiglia ne è socio di maggioranza relativa».

Chi lavora per Benetton c’entra poco, ma la famiglia ha delle responsabilità nella gestione delle sue società: «Ho sempre pensato che fosse una famiglia per bene. Fino alla tragedia del ponte Morandi nessuno pensava che i Benetton lavorassero male. Con gli Aeroporti di Roma hanno fatto miracoli».

Da comunicatore non pensa che la loro reazione alla tragedia poteva essere diversa? «Col senno di poi è troppo facile dire che avrebbero dovuto dire o fare altro. Io con loro ho fatto cose bellissime. Poi è caduto il Ponte e il nome Benetton non era più presentabile. Mi sono trovato a lavorare per un marchio, cui voglio bene, che era diventato velenoso. Ho subito attacchi incredibili. Qualsiasi cosa facessi la gente mi diceva: ‘É inutile che la fai’. Non si poteva più parlare. Avevo le mani legate. Ho anche pensato di smettere».

Nella sua uscita sul Ponte non crede che la gente abbia pensato che fosse il solito Toscani che provoca ma questa volta ha esagerato? «É vero che nel mio lavoro sono sempre stato diretto, ho sempre pensato di testimoniare il mio tempo. Ma alla radio è un’altra cosa: insistevano sul perché le Sardine fossero venute a Fabrica. Sul perché c’era anche Luciano. Tutto per mettere in connessione quell’incontro con il Ponte. Ma nemmeno ne abbiamo parlato. Allora ho detto la mia. Pensavo di essere stato chiaro come sempre ma mi sono sbagliato».

Con Egle Possetti, la responsabile del Comitato delle vittime ci ha parlato? «Sì. La signora ha capito che non erano quelle le mie intenzioni. Toscani non ha fatto crollare il Ponte». Farà qualcosa per il Comitato? «Sì, mi interessa personalmente come testimone del mio tempo. A maggior ragione che ci sono finito in mezzo, almeno mediaticamente».

Il presidente di Edizioni holding, Gianni Mion, commentando la sua uscita ha parlato di ‘attacchi di senilità’: «Questi problemi forse li ha lui che è stato sempre dietro una scrivania, mentre qualcun altro si faceva venire delle idee fantastiche per portare l’azienda al successo. Dovrebbe averne più rispetto».

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