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Omicidio Vannini La Procura difende il proprio operato
La Procura difende il proprio operato nelle indagini sull’omicidio di Marco Vannini. Il ventenne morto a Ladispoli in casa della fidanzata il 17 maggio del 2012.
Dopo l’azione disciplinare nei confronti del pm Alessandra D’Amore che ha condotto l’inchiesta disposta dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per presunte superficialità interviene il capo della procura Andrea Vardaro. La tesi della Procura è che pm e investigatori hanno operato nel giusto modo sin dalla morte di Marco Vannini. Decesso causato dallo sparo partito dalla pistola del padre della ragazza, il sottoufficiale della Marina Militare Antonio Ciontoli.
Inoltre che le conclusioni a cui si è arrivati, condanna di Ciontoli in primo grado a 14 anni per omicidio volontario, sono condivise dalla Procura generale. L’impugnazione della sentenza di appello che ha riqualificato il reato in omicidio colposo e ridotto la pena a 5 anni. Nelle scorse settimane la Cassazione ha annullato la pronuncia di secondo grado. Ha inoltre disposto un nuovo processo anche per i familiari di Ciontoli, la moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico. Questi ultimi condannati a 3 anni per omicidio colposo.
La nota della procura è una risposta ai “numerosi articoli di stampa pubblicati in questi giorni dove è ipotizzata l’inadeguatezza e l’incompletezza delle indagini svolte”. Il capo dei pm si rivolge anche al ministro Bonafede. Il Guardasigilli contesterebbe al magistrato titolare di aver provocato con la sua condotta “un ingiusto danno ai genitori del ragazzo”. Vardaro ricostruisce tutto quanto spiegando che “subito dopo” la morte del ragazzo sono stati effettuati “i rilevi necessari per l’accertamento dello stato dei luoghi”.
In particolare che appena “30 minuti dopo il decesso” gli ufficiali di polizia giudiziaria del Nucleo operativo della Compagnia dei carabinieri di Civitavecchia hanno compiuto il primo “capillare sopralluogo” a casa dei Ciontoli. Hanno provveduto al sequestro un bossolo esploso e due pistole oltre a oggetti e indumenti. Oltre “al prelievo di sostanze ematiche” trasmesso al Ris di Roma per le indagini di laboratorio. Inoltre “si è proceduto al prelievo dei residui di polvere da sparo” su Antonio, Martina e Federico Ciontoli e sui loro vestiti.
E che “nella stessa giornata” hanno emesso un decreto urgente per intercettare le conversazioni di Antonio Ciontoli, dei figli e della fidanzata del figlio, mentre nella stazione dei carabinieri di Civitavecchia aspettavano di essere ascoltati dal pm. Intercettazioni che “hanno contribuito in maniera determinante all’accertamento della dinamica dei fatti”. In precedenza il legale della famiglia di Marco, Celestino Gnazi, aveva già preso le difese del pm. “In primo grado le indagini sono state svolte in modo da raccogliere una montagna di elementi sufficienti a dimostrare la colpevolezza degli imputati. Semmai va valutato il comportamento dei giudici”, aveva detto.
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