Cinema
RECENSIONE Film Big Fish a cura di Tommaso Bucciarelli
RECENSIONE Film Big Fish dal nostro esperto di film Tommaso Bucciarelli
RECENSIONE Film Big Fish – Capita che si senta il desidero di innalzarsi da tutto, senza il bisogno di pensare alle noie obbligate dalla società odierna che si ciba del nostro entusiasmo, ma perché solo volare? Anche immergerci nel fiume come Big Fish.
Big Fish è un film fantastico e drammatico americano del 2003, dura 125 minuti, distribuito da Netflix e girato sotto la regia di Tim Burton che ha voluto come protagonista Eward McGregor (Edward Bloom giovane), in compagnia di Albert Finney (Edward Bloom anziano) e Billy Crudup (Will Boom).
Sei sott’acqua dietro un pesce, e c’è un voce fuori campo che dice “Ci sono dei pesci che nessuno riesce a catturare…”. Si capisce poi che quello che stai vedendo è una favola della Bestia, un pesce enorme che nessuno riusciva a catturare, che Will Boom sta raccontando al figlio e agli amici mentre sono in un bosco di notte.
Il seguito lo continua il padre diversi anni prima ad una ragazza, nominando la fede nuziale che la Bestia gli rubò quando l’aveva pescata. Sono padre e figlio in una festa, e Edward Bloom, il padre di Will, seguita una storia fantastica al microfono emozionando e divertendo tutti.
Will, fuori dalla enorme barca nella quale erano, punge il padre riferendogli che odia il fatto di lui sempre al centro dell’attenzione, ed al litigio rimangono tre anni senza parlarsi ne vedersi.
Per Will la realtà della vita del padre, si maschera con la sua fantasia, e da una parte ne è contento perché Edward sta simpatico a tutti, dall’altra gli spiace di non riuscire a conoscere suo padre.
Nella storia di Edward, vediamo che lui pesca la Bestia, il grande pesce, e quello gli restituisce l’anello, cosicché Edward lo libera.
Racconta anche di lui da ragazzino che gira con i suoi amici di notte, e si avventurano nella villa di quella che è ritenuta la strada del paesino che se mostra il suo occhio di vetro, fa vedere a chiunque la propria morte. I suoi amici la vedono e s’intimoriscono, lui quando vede la sua, sorride.
Will viene a sapere che il padre ha una malattia incurabile, e lo raggiunge con sua moglie incinta, e quando entra nella stanza dove è al letto a riposare, o vede e lo sente deciso. Edward sa che non morirà così, perché nell’occhio non aveva visto questo finale, ed aggiunge che “Morire è la cosa peggiore che mi sia capitata”.
Inizia il racconto della vita di Edward, che da piccolo cresceva in fretta, talmente tanto che per tre anni era rimasto al letto a farlo. Nella sua gioventù vinceva ed eccelleva in tutto, solo con impegno.
Parte dal paesino con il gigante che aveva presentato a tutti, solo perché gli dice che per una persona così grande, quel paesino ere troppo piccolo per lui, poi raggiunge da solo un altra frazione dove tutto è bello, e le scarpe non le indossa nessuno. C’è una bambina dieci anni più giovane, che lo prende in simpatia.
Un’infinità di sorrisi che fanno piangere, ecco una brevissima sinossi di quello che considero uno dei film più belli che io abbia mai visto.
Queste storie di una vita incredibile, nel lontano anno in cui le vidi per la prima volta, mi hanno lasciato tra i sogni e la realtà senza che mi premesse il dividere l’uno dall’altra.
Ci sono buonissimi attori, tra i quali colei che non ho nominato per il ruolo breve, la premiatissima Jessica Lange, considerata una delle migliori attrici al mondo, ma in questo caso, nonostante io sia una persona affascinata dalle espressioni degli attori che si immedesimano nei personaggi, la cosa che mi ha colpito ed emozionato di più, è come è narrata la storia che m’esalta in tutto e per tutto.
Nel film, al posto dell’ottimo Albert Finney, ci doveva essere il da me amato Jack Nicholson, ma col suo talento indiscusso, pretendeva di fare Edward sia da vecchio che da giovane, e Tim Burton decise di scartarlo, o perlomeno questa sono le voci di corridoio.
Ricorda, nel film sentirai una quantità inverosimile di aforismi straordinari creati da Tim Burton, ma in effetti devo ammettere che potrei errare nel considerarli tali, poiché nella vita arriva un momento in cui un uomo ragionevole deve ingoiare l’orgoglio e ammettere di aver sbagliato… sbagliato di grosso! Solo che io… non sono mai stato un uomo ragionevole!
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