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Arrestato Sayanbull e altri 3 trapper; postarono su Youtube il pestaggio di una band rivale

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Arrestato Sayanbull e altri 3 trapper; postarono su Youtube il pestaggio di una band rivale

I 4 trapper, esperti di pugilato e arti marziali, sono stati arrestati dopo aver compiuto due brutali aggressioni postate anche sui social

Non solo violenza, ma anche sadismo psicologico e razzismo. Hanno brutalmente picchiato i componenti di una band rivale e  un passante extracomunitario, postando poi video e foto sui canali social. Dopo otto mesi dalle aggressioni sono stati arrestati 4 trapper romani colpevoli dei fatti: si tratta di Alex Refice (detto Sayanbull), Manuel Parrini, Tiziano Barilotti e Omar Lunga Nguale. I quattro hanno tra i 23 e i 36 anni, e sono tutti esperti di arti marziali. A compiere le indagini gli uomini della Digos. I reati che vengono contestati ai quattro sono sequestro di persona, violenza privata, propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa.

Le due aggressioni 

Lo scorso marzo la brutale aggressione contro la band rivale,  capitanata da Gallagher, Ski e Wok, mentre si trovavano in sala di registrazione. Motivo del gesto violento il furto da parte di questi ultimi di alcuni vestiti di scena ai 4 trapper. Dopo e durante la violenza, durata più di un’ora, le vittime sono state obbligate a restare in ginocchio e a guardare in basso, in segno di sottomissione.  Non contenti i colpevoli hanno anche postato il video dell’aggressione su YouTube. A quel punto subentrò l’intervento di Fedez, che, scandalizzato, chiese alla nota piattaforma la rimozione del filmato. “Questo video è primo in tendenze su YouTube. Adesso mi rivolgo direttamente a YouTube Italia. Quanto ci mettiamo a rimuoverlo? Cosa vogliamo insegnare al pubblico giovane? Che se fai un video dove ci sono delle persone che vengono picchiate finisci primo in tendenza?”  Il mese dopo due di loro si sono invece scagliati senza motivo per la strada contro un passante extracomunitario, picchiandolo fino a lasciarlo a terra privo di sensi. Anche qui la “promozione” del fatto attraverso i canali social, attraverso un post su Instagram dove la foto della vittima veniva commentata con “questo è un uomo” e poi sotto “wasted” (dall’inglese, sprecato).

 

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