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Mughini: “Italia vicina al tracollo. Patrimoniale inevitabile”

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Mughini: “Italia vicina al tracollo. Patrimoniale inevitabile”

Il giornalista e scrittore Giampiero Mughini dice la sua sul momento attraversato dal nostro Paese, tra crisi economica e spettro ‘patrimoniale’.

Queste le parole di Mughini: “Come vivo l’emergenza Covid? Con una vita molto solitaria. Lavoro in casa, nella mia ‘stanza dei libri’, e vedo poca gente. Non vado agli appuntamenti sociali, che sono più importanti per chi deve farsi notare. A me il Covid non ha cambiato molto, mi ha solo trasmesso un’immensa preoccupazione per le sorti del mio paese’. Paura? No, ritengo che quando deve capitare capiterà (ride ndr). Allarmista o negazionista? Non sono allarmista, però 63mila morti è un bottino spaventoso per il nostro Paese. Se uno non capisce che più cauto è e meglio è per lui e per tutti, non è un negazionista, ma solo un perfetto cretino“.

L’Italia? In questo periodo è anche un teatrino, ma in primo luogo un dramma. C’è gente che non arriva a fine mese, alberghi chiusi, negozi che chiudono, aziende con gli operai in cassa integrazione, peraltro non ricevuta. Ma soprattutto c’è un paese che non si rende conto che, a emergenza finita, avremo un debito pari al 160% del Pil. Una cosa spaventosa, tipica di un paese alla vigilia del tracollo. Ma sembriamo non rendercene conto. Anzi, molto francamente, credo che la patrimoniale sia purtroppo una scelta“.

Le liti tra virologi in tv? Sono come delle comari, litigano su come difenderci da questo nemico micidiale. Purtroppo in questo paese l’elemento della responsabilità, della disciplina, della misura è molto basso, ma dappertutto è così. Pensi agli Stati Uniti, che hanno eletto presidente un certo Donald Trump“.

Le differenze acuite dall’emergenza? Beh è del tutto naturale. Chi è ricco, chi ha denaro e possibilità, può diventare più ricco in qualsiasi situazione. E questo non succede perchè il ricco fa cose losche, ma perchè ha carte in mano. Invece chi ha un negozietto o una bottega artigiana diventa sicuramente più povero. Non è strano, è naturale che sia così“.

Se ritornerà tutto come prima? Io credo di sì. Anche dopo la seconda guerra mondiale la società ha ricominciato a vivere come prima. Non credo che resterà una traccia indelebile nella struttura ossea. E penso che sia meglio così. Meglio assorbire il colpo e continuare. Naturalmente il 160% di debito pubblico significa che le future generazioni sono belle che fritte“.

Cosa aborro? L’imbeccilità. Quella di chi straparla, di chi invece di ragionare urla, di chi sceglie un punto di vista e lo difende contro ogni evidenza. Proprio quest’ultima è la cretineria più diffusa nel paese“.

Conte? Secondo me non se l’è cavata malaccio. Fare il Presidente del Consiglio durante una pandemia così spaventosa non è un mestiere che si impara all’università. All’inizio è stato coraggioso, ha fatto scelte impopolari come il lockdown. Se è perfetto? In politica non esiste la perfezione, ma solo il meno peggio. Le decisioni strambe (come equiparare Roma a un comune di 197 abitanti)? In questo momento non c’è decisione che possa essere accolta da un applauso collettivo, come un gol di Maradona“.

La patrimoniale? E’ assolutamente inevitabile. Io stimo molto Giuliano Amato, che ebbe il coraggio, nel momento del bisogno, di prendere i quattrini dalle tasche degli italiani. In Italia c’è tanta gente che sul conto corrente ha milioni di euro. Se questi danno 10 o 15 mila euro, non è mica la fine del mondo. Anche io sono pronto a darne, al mio livello. Dobbiamo renderci conto che ci troviamo in emergenza e che le scelte sono più difficili che in una situazione normale. Anche comunisti e monarchici, davanti all’emergenza della guerra e della guerra civile, trovarono un punto di incontro. Soggetti con storie diverse dovrebbero mettersi d’accordo per aiutare il bilancio dello Stato, che riguarda tutti. Il debito non è astratto o lontano, è delle famiglie, mio e suo“.

La classe politica italiana? Secondo me è più bassa del livello medio della nazione. Negli anni, quando ero all’università, c’era la generazione di quelli che la politica l’avevano fatta in ateneo. I migliori, li chiamavano. Craxi, La Malfa padre e figlio, Occhetto e tanti altri. Oggi invece abbiamo i Cinquestelle, la maggior parte dei quali, all’entrata in Parlamento, non aveva mai lavorato. Dei buoni a nulla, senza nessuna esperienza in nessun campo. Gli altri partiti? Lasciamo perdere. Tanti di loro basta sentirli parlare…“.

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Ladri derubano rider di telefono, soldi e moto mentre lavora: seconda volta in 24 ore

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Ladri derubano rider di telefono, soldi e moto mentre lavora: seconda volta in 24 ore

#RiderSottoAttacco Un rider di Roma derubato per la seconda volta in sole 24 ore – scopri i dettagli di questa inquietante escalation di crimini urbani!

Immaginate di essere in sella alla vostra moto, consegnando cibo per le strade affollate, quando improvvisamente vi ritrovate senza telefono, soldi e mezzo di trasporto: è esattamente ciò che è accaduto a un rider nella capitale, in un doppio episodio che sta facendo discutere e che solleva interrogativi sulla sicurezza dei lavoratori in prima linea. Secondo quanto emerso, il primo furto ha colpito il rider mentre era impegnato in una consegna, con i ladri che hanno agito rapidamente per sottrargli beni essenziali, lasciando lui e i suoi colleghi in allerta.

La sequenza degli eventi

Gli incidenti si sono verificati in rapida successione, con il secondo furto che ha ripreso lo stesso modus operandi: ladri che approfittano della vulnerabilità dei rider durante il lavoro. Fonti locali riportano che il rider, già scosso dal primo episodio, è stato preso di mira di nuovo, alimentando paure diffuse tra chi opera nelle consegne a domicilio.

Le implicazioni per la sicurezza

Questa serie di furti non è solo un caso isolato, ma un segnale preoccupante per la comunità dei rider, che ogni giorno affronta rischi per le strade. Esperti del settore stanno monitorando la situazione, chiedendosi se misure più stringenti possano prevenire simili episodi in futuro – e tu, cosa ne pensi di questa onda di crimini?

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Dall’assalto ai fiori, ai selfie davanti il Papa morto. Il trionfo dell’apparire

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Dall’assalto ai fiori, ai selfie davanti il Papa morto. Il trionfo dell’apparire

Come è triste questa vita fatta di immagine, apparenza e superficialità.

I tempi cambiano, ma forse in peggio. La morte di Papa Francesco è l’emblema più lampante di come nemmeno la fede cristiana sia riuscita ad arginare lo strapotere dei social.

Rubare i fiori da piazza San Pietro come souvenir il giorno della annuncio della morte del sommo pontefice, prendersi la copia dell’osservatore Romano e rivenderla online a 500 euro e infine farsi i selfie davanti la salma di Papa Francesco, sono un segno inequivocabile che adesso tutto va condiviso e annunciato sui social network.

Alla fine anche lucrare sulle disgrazie altrui, per prendere qualche like in più, non è poi così male, soprattutto se questo serve per far salire il cima all’algoritmo il proprio profilo social.

Nella società dell’iperdemocrazia mascherata, dove il politicamente corretto è l’undicesimo comandamento e nessuno può mettere più dei paletti alla moralità altrui, la cultura, la moralità e la dignità umana si trovano in forte difficoltà.

Alla ricerca di una guida politica e spirituale che non sia quella dei social e del profitto a tutti i costi, non ci resta che lottare affinché la. vita umana non diventi una passarella dove vince chi prende più like.

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