Cronaca
Omicidio Diabolik, i genitori al Procuratore: “Ucciso perché voleva abdicare, non si archivi inchiesta”
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La richiesta dei genitori di Fabrizio Piscitelli, l’ultràs della Lazio ucciso nel 2019 al Parco degli Acquedotti
Roma. Si torna a parlare del caso dell’omicidio di Fabrizio Piscitelli, alias “Diabolik”, ucciso con un colpo alla testa in pieno giorno il 7 agosto del 2019, mentre sedeva su una panchina del Parco degli Acquedotti. In una lunga missiva indirizzata al Procuratore Prestipino e inviata all’Adnkronos tramite la loro legale, i genitori di Diabolik tornano a chiedere giustizia. La lettera evidenzia come sia necessario fare chiarezza e trovare i colpevoli, rivelando tra l’altro che fonti certe rivelino che Fabrizio aveva intenzione di “Abdicare al trono (usiamo questo termine per essere sintonici con chi lo ha definito quinto re di Roma)”. E aggiungono: “Nostro figlio è stato descritto nelle sue forme peggiori e come pochi altri potremmo dire; certamente ha imboccato strade assai diverse e lontane nel suo percorso di crescita rispetto a quelle indicate da noi genitori semplici ed onesti. La sua evoluzione o involuzione ci ha lasciato atterriti così come descritta e così contrastante dal nostro viverlo poiché, poveri noi, eravamo fermi alla sua condanna espiata interamente e senza sconti e ad i suoi tentativi di intraprendere iniziative costruttive e legali. Ha trovato però porte chiuse come spesso accade a chi prova una ripresa esistenziale diversa“. Fabrizio, proseguono, ”è stato ucciso da uomo libero, in un parco pubblico, in un pomeriggio estivo in presenza di adulti e bambini, nonostante avessimo poi appreso che Fabrizio era controllato a vista dagli organi investigativi (casualmente tranne nel giorno del suo assassinio) per una indagine in corso. Ad oggi, forse per coazione a ripetere, si parla di lui solo rivisitando ruoli e abbinamenti criminali senza mai fare cenno alla mancata risposta della giustizia”, lamentano i genitori. La missiva si conclude sottolineando nuovamente il desiderio di ottenere giustizia: ”Noi siamo genitori ultraottantenni costretti a convivere con un dolore immenso e con il desiderio di voler morire solo dopo aver visto l’ergastolo assicurato agli assassini. Invochiamo ancora una volta il procuratore Prestipino che per primo in commissione antimafia connotò e qualificò l’omicidio di nostro figlio, una esecuzione mafiosa. Vogliamo sperare che malgrado le destabilizzazioni del momento, voglia procedere con il suo passo ed esperienza per dare giustizia a nostro figlio, indipendentemente dai titoli, dalle responsabilità e dalle colpe che lo riguardano”.
Cronaca
Prime dieci sospensioni effettuate
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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.
Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.
I DANNI
Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.
LA RIAPERTURA
In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.
Cronaca
Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda
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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.
LA SEQUENZA
La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.
SOTTO LA LENTE
Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.
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