Italia
Funivia Stresa, liberi due fermati. Uno ai domiciliari
Funivia Stresa, i provvedimenti del gip di Verbania Banci Buonamici
Funivia Stresa, arrivate le decisioni dei magistrati sui tre fermati.
Funivia Stresa – A lasciare il carcere, dove erano detenuti da martedì scorso, il gestore dell’impianto e il direttore dell’esercizio. Sconterà invece la pena presso la propria abitazione il capo servizio. Sarebbe quest’ultimo, per sua stessa ammissione, il responsabile della manomissione del freno d’emergenza.
A disporre i provvedimenti per i tre, sottoposti per tutto il giorno a interrogatori, il gip Donatella Banci Buonamici. A carico del capo servizio, scrive il magistrato di Verbania, sussisterebbero “gravi indizi di colpevolezza”. Per attenuare i quali, avrebbe tirato in ballo, quali complici, gli altri due fermati. La scelta sarebbe ricaduta su di loro in quanto “soggetti forti del gruppo”.
Ad inguaiare ancora di più la posizione dell’uomo le parole di un operaio: dal capo servizio, racconta, sarebbe infatti partito l’ordine di bloccare i freni d’emergenza con dei “ceppi”. Ciò sarebbe avvenuto il 26 aprile, giorno stesso del ritorno in attività della funivia dopo lo stop Covid. Il tecnico, prosegue l’operaio, avrebbe poi deciso di “far funzionare l’impianto con i ceppi inseriti”, nonostante l’assenza delle condizioni di sicurezza. La manutenzione non era infatti stata sufficiente a risolvere le anomalie.
Cronaca
Giovane ferito con colpi di machete: un sospettato fermato per tentato omicidio
Giovane ferito con colpi di machete: un sospettato fermato per tentato omicidio
Cronaca – La squadra mobile di Torino ha arrestato un giovane italiano poco più che ventenne con l’accusa di tentato omicidio, ritenuto il presunto responsabile del ferimento avvenuto a colpi di machete nel capoluogo piemontese di un giovane di 24 anni, aggredito mentre si spostava su un monopattino.
Secondo la ricostruzione degli eventi, la vittima è stata raggiunta da due uomini su motorino, uno dei quali è sceso dal veicolo e ha inflitto ripetuti colpi alla gamba sinistra. Le lesioni sono state così gravi che i medici hanno dovuto amputare la gamba durante un intervento chirurgico notturno.
Il sospettato è stato individuato in un albergo della città e portato in questura per essere interrogato dagli investigatori. Le motivazioni dell’aggressione sono ancora oggetto di indagine, così come sono in corso le ricerche del complice.
La vittima rimane ricoverata in ospedale in condizioni gravi, mentre le autorità continuano ad operare per fare luce su questo tragico episodio di violenza. Fonte
Cronaca
In Stato vegetativo per formaggio. A giudizio il pediatra
Cronaca – Il bambino aveva mangiato un pezzettino di formaggio contaminato che gli aveva causato un’insufficienza renale acuta. La pediatra dell’ospedale dove era stato trasferito si era rifiutata di visitarlo, ritardando così la diagnosi. Da allora il bambino è in stato vegetativo e la famiglia ha continuato a chiedere giustizia, portando avanti la battaglia legale. La dottoressa del reparto di pediatria dell’Ospedale Santa Chiara di Trento è stata rinviata a giudizio, dopo che i genitori si erano rivolti a lei sette anni fa.
Il bambino aveva mangiato il formaggio in gita e si era sentito male. Dopo essere stato trasportato in ospedale, i medici decisero di trasferirlo al reparto pediatrico del Santa Chiara di Trento. La diagnosi della malattia causata dal batterio escherichia coli nel formaggio sarebbe stata ritardata di tre giorni, causando gravissime conseguenze al bambino. I pubblici ministeri hanno accusato la pediatra di lesioni e rifiuto di atti d’ufficio e la prima udienza del processo è stata fissata per il 24 aprile.
La battaglia legale era già in corso contro il caseificio responsabile della contaminazione del formaggio. Il legale rappresentante del caseificio sociale Coredo e il responsabile del controllo sono stati condannati per lesioni personali colpose gravissime. Ora la battaglia legale si sposta sul piano medico, con la famiglia del bambino che chiede un risarcimento per i danni subiti.
La famiglia del bambino si è costituita parte civile e chiede un risarcimento di oltre un milione di euro per il bambino e alcune centinaia di migliaia di euro per il padre, per compensare la perdita del rapporto con il figlio. La battaglia legale continua per garantire che tragedie simili non si ripetano in futuro.
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