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Profughi ucraini in hotel, l’ira dei gestori romani: “Servono posti per i turisti”

Profughi ucraini in hotel, gli albergatori capitolini invocano soluzioni diverse in vista della bella stagione

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Profughi ucraini in hotel, l’ira dei gestori romani: “Servono posti per i turisti”

Profughi ucraini in hotel, scatta la protesta a Roma. Sarebbero, secondo quanto riporta Il Messaggero, circa 40 le strutture ricettive della Capitale che ospitano intorno ai 300o rifugiati. Di questi, fa sapere la Protezione Civile, appena 100 si sarebbero sistemati in altri alloggi. Gli altri, nelle intenzioni iniziali, avrebbero dovuto riempire le stanze svuotate dalla pandemia solo per un mese. E ora, con l’estate alle porte e l’approdo sempre più massiccio di turisti nella Capitale, come si fa? Secondo il quotidiano, il problema principale è la mancanza di alternative. Per la verità, ce ne sarebbero tra le abitazioni confiscate alla criminalità, le quali hanno però bisogno di essere ristrutturate.

PROFUGHI UCRAINI IN HOTEL: “SERVE UNA SOLUZIONE”

Non ci siamo mai tirati indietro di fronte alle emergenze. Nemmeno quando la pandemia ha trasformato molte strutture in Covid hotel“, assicura Federalberghi, per bocca del proprio presidente Giuseppe Roscioli. E infatti già nelle giornate di Pasqua la situazione è stata tamponata in molti casi ‘dirottando’ i profughi ucraini in hotel in altri alberghi. La questione però resta e con il passare dei giorni i gestori sono sempre più preoccupati: “Un conto – spiegano – è supportare l’emergenza, un altro rendere stabili quelle sistemazioni“. Urge dunque trovare una soluzione, che concili il valore della solidarietà con le necessità di coloro che tirano avanti con enormi sacrifici quelle attività e da esse ricavano il proprio sostentamento.

Cronaca

Giovane ferito con colpi di machete: un sospettato fermato per tentato omicidio

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Giovane ferito con colpi di machete: un sospettato fermato per tentato omicidio

Giovane ferito con colpi di machete: un sospettato fermato per tentato omicidio

Cronaca – La squadra mobile di Torino ha arrestato un giovane italiano poco più che ventenne con l’accusa di tentato omicidio, ritenuto il presunto responsabile del ferimento avvenuto a colpi di machete nel capoluogo piemontese di un giovane di 24 anni, aggredito mentre si spostava su un monopattino.

Secondo la ricostruzione degli eventi, la vittima è stata raggiunta da due uomini su motorino, uno dei quali è sceso dal veicolo e ha inflitto ripetuti colpi alla gamba sinistra. Le lesioni sono state così gravi che i medici hanno dovuto amputare la gamba durante un intervento chirurgico notturno.

Il sospettato è stato individuato in un albergo della città e portato in questura per essere interrogato dagli investigatori. Le motivazioni dell’aggressione sono ancora oggetto di indagine, così come sono in corso le ricerche del complice.

La vittima rimane ricoverata in ospedale in condizioni gravi, mentre le autorità continuano ad operare per fare luce su questo tragico episodio di violenza. Fonte

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Cronaca

In Stato vegetativo per formaggio. A giudizio il pediatra

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Stato vegetativo per formaggio, giudizio pediatra mancato.

Cronaca – Il bambino aveva mangiato un pezzettino di formaggio contaminato che gli aveva causato un’insufficienza renale acuta. La pediatra dell’ospedale dove era stato trasferito si era rifiutata di visitarlo, ritardando così la diagnosi. Da allora il bambino è in stato vegetativo e la famiglia ha continuato a chiedere giustizia, portando avanti la battaglia legale. La dottoressa del reparto di pediatria dell’Ospedale Santa Chiara di Trento è stata rinviata a giudizio, dopo che i genitori si erano rivolti a lei sette anni fa.

Il bambino aveva mangiato il formaggio in gita e si era sentito male. Dopo essere stato trasportato in ospedale, i medici decisero di trasferirlo al reparto pediatrico del Santa Chiara di Trento. La diagnosi della malattia causata dal batterio escherichia coli nel formaggio sarebbe stata ritardata di tre giorni, causando gravissime conseguenze al bambino. I pubblici ministeri hanno accusato la pediatra di lesioni e rifiuto di atti d’ufficio e la prima udienza del processo è stata fissata per il 24 aprile.

La battaglia legale era già in corso contro il caseificio responsabile della contaminazione del formaggio. Il legale rappresentante del caseificio sociale Coredo e il responsabile del controllo sono stati condannati per lesioni personali colpose gravissime. Ora la battaglia legale si sposta sul piano medico, con la famiglia del bambino che chiede un risarcimento per i danni subiti.

La famiglia del bambino si è costituita parte civile e chiede un risarcimento di oltre un milione di euro per il bambino e alcune centinaia di migliaia di euro per il padre, per compensare la perdita del rapporto con il figlio. La battaglia legale continua per garantire che tragedie simili non si ripetano in futuro.

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