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Il Tevere come non lo hai mai visto. 150 fotografie (stupende), alla scoperta del fiume di Roma
Il Tevere come non lo abbiamo mai visto
Dal 16 luglio al 4 settembre 2022, gli spazi espositivi del WeGil di Roma, hub culturale della Regione Lazio nel quartiere Trastevere, ospitano la mostra ‘Tiberis. L’altra faccia del Tevere’, un viaggio alla scoperta di uno dei maggiori fiumi del nostro paese attraverso gli scatti di Matteo Luciani, giovane ecobiologo, fotografo e autore di diversi libri tra cui quello che dà il nome alla mostra, edito dalla Pandion.
L’esposizione, a ingresso gratuito, è curata da Gina Ingrassia, promossa dalla Regione Lazio e realizzata da LAZIOcrea in collaborazione con la Direzione regionale Ambiente e Comediarting con il coordinamento generale di Pandion e Inmagina che ne ha curato anche la direzione artistica.
Il Tevere, il fiume di Roma e non solo
Con i suoi 406 km di corso, il Tevere attraversa il Bel Paese percorrendo quattro regioni dando vita a una straordinaria biodiversità e a spettacoli paesaggistici di rara bellezza. Il fiume si snoda potente e magnifico avanzando maestoso attraverso territori variamente caratterizzati, con un unico obiettivo, ricongiungersi al mare.
Matteo Luciani
Quei chilometri li ha percorsi in tre anni Matteo Luciani, che ha raccolto gli scatti in un libro e li porta oggi in mostra al WeGil. Le oltre 150 fotografie esposte, alcune inedite, realizzate nel corso di lunghi appostamenti in aree di sosta spesso inospitali e difficili, in condizioni climatiche talora avverse, restituiscono al visitatore la profonda essenza del il Tevere, e hanno il fine di ampliare i nostri orizzonti sfatando la percezione comune che si ha di questo fiume: un corso d’acqua esclusivamente simbolo di degrado e negatività.
“Nonostante il forte impatto antropico che nel corso del tempo ha interessato gran parte del bacino tiberino sopravvivono ancora frammenti di ambienti integri e ricchi di biodiversità che garantiscono al fiume un grande valore dal punto di vista ecologico, naturalistico e paesaggistico - scrive l’autore - L’obiettivo della mostra è ambizioso: cambiare il punto di vista nei riguardi del Tevere, affinché questo fiume possa tornare a essere fonte d’ispirazione artistica e letteraria e parte integrante della nostra vita e divenire portabandiera di un cambiamento epocale all’insegna della valorizzazione ambientale. Una ulteriore possibilità per ragionare sui nostri impatti, migliorare il nostro rapporto con l’ambiente e farci riconciliare col ‘nostro’ meraviglioso territorio dal quale dipendiamo e dipenderemo sempre”.
La curatrice della mostra Gina Ingrassia
“Tra il reportage di viaggio e il diario intimo, in cui foto e testi si intrecciano, il racconto in mostra corre su due piani paralleli: il viaggio esteriore che conduce alla scoperta di luoghi meravigliosi abitati da ‘personaggi’ straordinari e un viaggio dentro se stessi, guidati dal fiume, metafora dell’esistenza umana con tutte le sue asperità e difficoltà, con i suoi momenti di struggente bellezza e malinconia, con gli improvvisi cambiamenti di corso, con le inaspettate sorprese. Un inno alla vita in cui ogni fotografia ci racconta un piccolo miracolo del quotidiano e del contingente, una traccia di effimero bloccata per l’eternità in un lampo di luce”, scrive la curatrice Gina Ingrassia.
Come nasce la mostra ‘Tiberis’ e la divisione per sezioni
Il percorso espositivo si dispiega in sei sezioni (precedute da un’introduzione), sei tappe fondamentali che sono anche momenti dello spirito e del cammino di ogni uomo verso il compimento del proprio destino. Tutto ha inizio a Roma, all’Isola Tiberina in una notte d’inverno scandita dal dolore di un lutto personale. Iniziano qui I primi dialoghi col fiume, che si sarebbero trasformati anni dopo in una straordinaria avventura e in un vero e proprio viaggio di rinascita.
Il viaggio ha inizio Dove nasce la leggenda. Si parte dalle sorgenti avvolte nelle faggete del Monte Fumaiolo dove il Tevere è inizialmente un piccolo corso d’acqua che dall’appennino Tosco Romagnolo, scende a valle verso la Toscana. È qui, con i suoi riflessi che Il fiume si fa poesia, proseguendo verso l’Umbria dove il corso cambia, diventando man mano sempre più lento e possente.
Tra i molti luoghi del tratto umbro, il fiume mostra il suo Cuore selvaggio attraversando le gole del Forello dove “si prende una grandissima rivincita estetica”, fino al lago di Alviano in cui “le numerose specie animali creano un’autentica orchestra di canti, un dipinto fatto di colori che si mescolano e mutano in continuazione dietro il quale si celano la complessità, il mistero e la bellezza della biodiversità dalla quale dipende la vita sulla Terra. Anche la nostra”.
Dall’Oasi d’Alviano il Tevere si avvicina Alle porte della città eterna e si appresta a entrare nel Lazio, passando per la Riserva Naturale Regionale Nazzano Tevere Farfa, un’area protetta istituita nel 1977 e inserita fra le Zone umide di rilevanza internazionale. Poi La leggenda si fa mito ed è il momento di raccontare l’ingresso a Roma del fiume. È di Roma il Tevere, nell’immaginario comune, della sua potenza e della sua ricchezza, della magnificenza e del suo declino; sulle sue sponde e grazie a esse fiorisce una civiltà che non ha avuto eguali nella storia.
Un fiume emblematico e carico di simboli dove natura e cultura si intrecciano in un gioco incessante di rimandi. L’arrivo nella capitale è l’occasione per riscoprire la natura del tratto urbano del fiume, che nell’ultimo secolo è stato allontanato dalla quotidianità dei cittadini, soprattutto dopo la costruzione dei muraglioni.
Nonostante ciò, tra i suoi muraglioni riverbera ancora la bellezza della natura e, come nota ancora una volta l’autore “sopra i muraglioni regna il rumore del traffico e delle attività umane mentre sulle sponde del fiume esiste ancora la possibilità di essere proiettati in un contesto che rallenta improvvisamente il ritmo frenetico della nostra quotidianità. […] Non avrei mai pensato che bastasse scendere una scala per ricordarci chi siamo, da dove veniamo e da chi dipendiamo”.
Nell’ultima sezione, Il mito diventa immortale, è qui che il Tevere si unisce al mare, un’unione che non rappresenta la fine, bensì il principio, poiché qualsiasi fiume tornerà alla terra sotto forma di pioggia in un ciclo che è alla base della vita. A conclusione della mostra Matteo Luciani ci consegna, come emerge dalle sue stesse parole, “Un Tevere che nell’immaginario comune non esiste e che è possibile scovare solo se siamo disposti ad aprire i nostri occhi, la nostra mente e il nostro cuore, riconciliandoci non solo col fiume, ma anche con noi stessi e con lo splendido territorio in cui abbiamo ancora la fortuna di vivere”.
La natura da scoprire, da amare e da tutelare, come ha sottolineato nella prefazione al libro Vito Consoli, direttore della Direzione Ambiente della Regione Lazio: non dobbiamo cercarla necessariamente in paesi e ambienti esotici, ma possiamo trovarla anche a casa nostra e persino in quei luoghi che più hanno accompagnato la nostra storia, fino a diventarne protagonisti”.
La mostra, da intendersi come sistema organico e vivente, in movimento dinamico e dialogante, prevede un ricco calendario di iniziative, parte integrante del progetto, che mirano a coinvolgere il pubblico attraverso incontri alla scoperta del Tevere, approfondimenti su temi ambientali e naturalistici con esperti e divulgatori, visite guidate con l’autore, laboratori creativi per bambini e ragazzi.
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