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Si finge Mattarella per lavorare al Gemelli: 56enne in grossi guai

Si finge Mattarella per lavorare al Gemelli. I dettagli del singolare episodio

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Si finge Mattarella per lavorare al Gemelli: 56enne in grossi guai

Si finge Mattarella per lavorare al Gemelli. Uno stratagemma davvero insolito quello messo in atto da un urologo per entrare a far parte dell’organico del Policlinico romano. L’uomo, un 56enne, è ricorso alla modalità più in voga tra gli italiani per ottenere un posto di lavoro: farsi raccomandare. E, per essere sicuro di riuscire nel suo intento, ha deciso di puntare in alto, scomodando nientemeno che il Capo dello Stato. Di quest’ultimo, ignaro del tutto, si è servito per caldeggiare il proprio inserimento nel personale medico.

A tale scopo, ha contattato più volte i vertici del Gemelli, convincendoli di stare parlando proprio con il numero uno del Quirinale. Che, nei suoi piani, avrebbe dovuto promuovere la professionalità di un suo fantomatico nipote (in realtà lui), desideroso di lasciare gli Stati Uniti per tornare a lavorare in Italia. Per rendere ancora più credibile la cosa, il medico aveva persino inviato il suo curriculum, peraltro piuttosto ricco. Dopo averlo visionato, i dirigenti del Policlinico lo hanno chiamato per un colloquio.

Occasione in cui ha portato con sè una lettera intestata alla Presidenza della Repubblica, firmata proprio da Mattarella e contenente un resoconto di tutte le sue qualità. L’inganno ha avuto però vita breve: qualche giorno dopo, i vertici del Policlinico, dopo essersi confrontati, hanno chiamato il Quirinale. E la risposta è stata sorprendente: nessuno sapeva niente di tutta la storia. A quel punto, il 56enne è stato denunciato e iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di sostituzione di persona e falso.

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Prime dieci sospensioni effettuate

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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.

Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.

I DANNI

Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.

LA RIAPERTURA

In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.

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Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda

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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.

LA SEQUENZA

La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.

SOTTO LA LENTE

Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.

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