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Denise Pipitone, dna prelevato a Roma: ecco a chi appartiene

Denise Pipitone, sbarcano nella Capitale le indagini sulla bimba scomparsa nel 2004

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Denise Pipitone, dna prelevato a Roma: ecco a chi appartiene

Denise Pipitone si trova a Roma? Porta alla Città Eterna l’ultima pista cui sta lavorando chi indaga sul caso della piccola sparita da Mazara del Vallo. Le ultime, scottanti, indiscrezioni sono state rese note ieri, nel corso della puntata della trasmissione di Rete 4 ‘Quarto grado’. A quanto pare, martedì scorso sarebbe stato prelevato il Dna ad una persona. Una ragazza bosniaca, residente nella zona nord-est della Capitale. Il suo nome sarebbe Denisa e fisicamente somiglierebbe molto alla bimba siciliana. Gli inviati del programma le hanno addirittura mostrato una foto della piccola insieme al padre. “Non li conosco“, ha però risposto la ragazza. Sulla cui identità ci sono dei dettagli non coincidenti con quelli relativi alla vicenda.

Su tutti, l’età: da quanto attestano i suoi documenti, Denisa avrebbe infatti due anni più di Denise. La giovane ha inoltre raccontato di essere cresciuta in Bosnia con la nonna e che sarebbe giunta nel nostro paese nel 2005. Notizie che hanno fatto infuriare l’avvocato Piero Frazzitta, legale dei genitori di Denise: “Queste fughe di notizie colpiscono al cuore una mamma e un papà in attesa. E sono cose che non dovrebbero accadere“. Stupore hanno espresso sui social anche gli stessi Piera Maggio e Pietro Pulizzi: “Ci hanno informato ieri sera per mezzo di alcuni messaggi che ci sono pervenuti. Non ne sapevamo nulla. Restiamo in attesa di eventuali notizie concrete, sempre con i piedi per terra. Non possiamo permetterci illusioni dolorose“.

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Prime dieci sospensioni effettuate

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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.

Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.

I DANNI

Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.

LA RIAPERTURA

In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.

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Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda

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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.

LA SEQUENZA

La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.

SOTTO LA LENTE

Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.

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