Attualità
La Questura di Pescara usa il pugno duro contro un giornalista Romano: scriveva di cucina
La Perquisizione
Si sa che l’abilità più grande di un giornalista è la sua capacità di fare networking, cioè saper trovare, convincere e mantenere relazioni con centinaia di possibili ‘fonti’ dalle quali ottenere informazioni e soprattutto indiscrezioni sensibili per i propri articoli.
Il giornalista culinario, e sottolineo ‘culinario’, Dario Dongo, ha realizzato il 17 luglio un’impresa fino ad ora ritenuta impossibile, una squadra di Agenti di Polizia mandata dalla Questura di Pescara è entrata in casa sua confiscando qualsiasi device elettronico contenente i contatti di Dongo, il giornalista “culinario” quindi ha perso ogni suo progresso fatto nel campo del networking, tutti i suoi contatti e quindi le sue possibili fonti, tutto in un giorno.
Ma cosa ha potuto fare di così tanto male un giornalista ‘culinario’?
Questo se lo chiedono anche Fabrizio Peronaci e Fabrizio Cassinelli, presidenti rispettivamente del Sindacato Cronisti Romani (Scr) e del Gruppo Cronisti Lombardi (Gcl), che hanno da subito condannato un’azione, come da loro subito dichiarato, di stampo così estremamente autoritario e intransigente.
È chiaro che l’incentivo a scegliere una carriera come quella del giornalista in Italia comporti anche questi ‘inconvenienti’. Quello che la Questura di Pescara ha fatto passare con questo gesto è che, in sostanza, non importa di cosa tratti la tua redazione o quanto tu ci abbia messo per crearti un network di fonti di tutto rispetto; non appena alla polizia servirà una tua informazione, questa entrerà a casa tua, ti spoglierà di tutti i tuoi dispositivi elettronici e ti priverà dei tuoi contatti.
Sul piano nazionale
Questo ‘terzo incomodo’ che si presenta nella relazione tra fonte e giornalista, questa ombra che si può palesare da un momento all’altro e interrompere categoricamente ogni sforzo da parte del giornalista di mantenere i contatti, può nuocere gravemente alla salute della nostra democrazia.
È giustificata quindi la forte protesta che ha causato questa intrusione da parte delle autorità di polizia negli affari privati dei giornalisti. Il ‘no’ è secco da parte dei giornalisti a questa forma di intimidazione e così si potrebbe andare a ricompattare una linea unica da parte dei lavoratori nel settore dell’editoria contro le incursioni della magistratura e delle questure.
Intanto la questione rischia di diventare una tragedia: le diverse fonti potrebbero lasciare in blocco i loro contatti nel mondo del giornalismo, lasciando quest’ultimo senza linfa vitale.
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