Cronaca
Botte alla figlia di 12 anni, mamma condannata a Roma
Botte alla figlia di 12 anni. L’episodio denunciato dall’adolescente ai servizi sociali

Botte alla figlia di 12 anni. A far andare su tutte le furie una mamma a Roma la scoperta che la ragazzina aveva inviato sue foto sexy su Instagram ad uno sconosciuto. Per questo, la 40enne l’avrebbe colpita con un ceffone sul mento, facendole perdere del sangue.
Una condotta che, riporta Fanpage, è costata alla donna una condanna a 19 mesi di carcere per maltrattamenti. Una pena dimezzata rispetto ai 3 anni richiesti dal pm. Il magistrato ha però deciso di sospenderla e commutarla in un percorso di recupero.
A far emergere la vicenda, nel 2019, proprio la 12enne, nel corso di un colloquio con gli assistenti sociali. A questi ultimi la ragazzina avrebbe anche rivelato le umiliazioni alle quali sarebbe stata sottoposta dalla genitrice per non aver aiutato a pulire casa.
Le sue parole hanno fatto partire l’inchiesta, culminata nel rinvio a giudizio della donna. La storia dello schiaffo risalirebbe al febbraio 2016, ma secondo chi indaga i maltrattamenti sarebbero iniziati almeno 4 anni prima, nel 2012.
BOTTE ALLA FIGLIA 12ENNE, MALTRATTAMENTI INIZIATI PRIMA?
In quel periodo, infatti, i servizi sociali controllarono la casa dove la 12enne viveva con la mamma, i due fratellini e la nonna. Trovando condizioni di igiene e pulizia davvero pessime. Di esse la 40enne aveva incolpato proprio la figlia, rea di non dare una mano nelle faccende.
Una versione che però non ha convinto il giudice, secondo cui tutto sarebbe partito dallo schiaffo. Che la madre avrebbe inferto dopo aver preso il cellulare della figlia e scoperto che c’erano foto hard inviate ad un 19enne.
I giudici hanno ritenuto il gesto violento, tenendo conto anche del peso psicologico sulla ragazzina. Costretta dalla madre, senza marito, ad occuparsi di casa e familiari mentre lei era al lavoro.
Cronaca
Corrado Veneziano e le facce di Cristo al Mausoleo di Santa Costanza

Cristo finisce in mezzo ai casini globali: un artista italiano immagina il Salvatore tra le rovine di Gaza, l’inferno ucraino e i barconi del Mediterraneo, mescolando fede e geopolitica in una mostra che fa a pugni con il politically correct. #ArteControversa #CristoNeiGuai #PaceOFake
La Filosofia Dietro la Mostra
L’artista Corrado Veneziano non le manda a dire: in “Yeshu’a – Il volto, i volti di Cristo”, esposta al Mausoleo di Santa Costanza fino al 24 aprile, reimmagina Cristo non come un santino polveroso, ma come un testimone scomodo dei disastri moderni. Parliamo di grida inascoltate in zone di guerra, silenzi colpevoli dei potenti e viaggi disperati che finiscono in tragedia. È come se dicesse: “Ehi, mondo, Cristo è qui, nei posti dove nessuno vuole guardare”.Le Opere e i Luoghi Caldi
Nel cuore della mostra, venti opere uniscono icone cristiane con mappe del mondo reale, numeri, coordinate e simboli culturali, creando un mix che fa riflettere – o ridere, a seconda di quanto sei cinico. I pezzi forti? Tre tele inedite che piazzano il volto di Cristo dritto nei casini: uno nella Striscia di Gaza e Medio Oriente, un altro nell’Europa orientale tra Ucraina, Bielorussia e Romania, e un terzo nel Mediterraneo, con un occhio a Lampedusa. Veneziano spiega: “Questi volti si sovrappongono alle mappe, incrociando linee che decidono destini umani, come grida che ti fissano e ti chiedono: ‘E tu che fai?'”. È un richiamo alla pace, ma con un tocco di sarcasmo verso chi predica senza agire.
Simboli e Messaggi Scomodi
Oltre ai volti, l’artista infila simboli classici come l’ulivo, la colomba e una croce fluttuante, ma li usa per puntare il dito su ipocrisie globali. Niente di troppo soft: è arte che evoca risposte, o almeno ci prova, in un mondo dove la pace sembra solo un hashtag. Qui, ogni opera è un pugno allo stomaco, ricordandoti che l’arte non è solo per salotti borghesi.
Cronaca
Sta per saltar fuori: Massimo Barberio è parzialmente handicappato.

Uccide la madre a coltellate, la nasconde in un armadio sigillato col cemento, e ora rischia di tornarsene a casa libero perché “pazzo”? Un vero schiaffo alla giustizia! #Matricidio #GiustiziaFallita #PsicopaticiInLibertà
Il Delitto e la Possibile Libertà
Massimo Barberio, 61 anni, ha confessato di aver accoltellato a morte la madre nel 2023, per poi infilarne il corpo in un sacco e murarlo in un armadio. L’uomo è attualmente in carcere, ma il procuratore Antonio Verdi ha chiesto solo 10 anni di reclusione dopo che un consulente ha rilevato un parziale vizio di mente. Tuttavia, il perito del Tribunale ha sentenziato che Barberio era totalmente incapace di intendere e volere, descrivendolo come non pericoloso per gli altri – solo per se stesso, con una “severa possibilità autolesionistica”. Se i giudici gli danno retta, questo tizio potrebbe schivare la prigione e tornare libero, magari a farsi un caffè.
La Difesa dell’Imputato
L’avvocato Giancarlo Rizzo dipinge Barberio come un povero diavolo in preda a un delirio, un “suicidio metaforico” dove l’uccisione della madre sarebbe solo un modo distorto per ferire se stesso. “Freud parlava del matricidio come del crimine primordiale,” ha commentato il legale, sostenendo che non c’è rischio per la società. Insomma, secondo lui, Barberio è più un caso da divano che da galera – una difesa che fa storcere il naso, ma chissà, magari funziona.
Il Racconto dell’Omicidio
I fatti risalgono al 19 settembre 2023 in un appartamento di Primavalle. Barberio ha ricostruito la scena: era l’alba, la madre preparava il caffè, e lui, in un raptus, l’ha accoltellata da dietro. “L’ho colpita tre volte, le ho chiuso gli occhi,” ha detto. Il movente? Soldi: dicevano che i debiti da 2.000 euro su una pensione da 700 erano insostenibili, e lui non voleva che lei lo sapesse. Poi, per coprire l’odore, ha sigillato il corpo con plastica e cemento. Undici giorni dopo, ha chiamato i carabinieri e li ha aspettati con le valigie pronte, ammettendo: “So di meritare la punizione”. Ora tocca ai giudici decidere se sia davvero così innocuo.
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