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Cronaca

Capretta uccisa, animalisti contro i responsabili: “Meritano la gogna pubblica”

Capretta uccisa, manifestazione in piazza con nomi e foto dei 12 indagati

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Capretta uccisa, animalisti contro i responsabili: “Meritano la gogna pubblica”

Capretta uccisa, gli animalisti meditano vendetta. Secondo quanto riporta La Repubblica, i gruppi hanno organizzato per questo pomeriggio una manifestazione. L’obiettivo “mettere alla gogna” i responsabili, di cui “tutti devono sapere i nomi“.

Si tratta al momento di 12 ragazzi, 5 dei quali minorenni, che domenica scorsa si sono rese protagoniste, durante una festa di compleanno in un agriturismo di Anagni, delle violenze costate la vita alla bestiola. Ci saranno loro dunque al centro di ‘Fuori i nomi’, questo il titolo dato al corteo.

Che dalla cittadina ciociara arriverà fino a Fiuggi, luogo d’origine del gruppo di giovani. Di cui, attraverso cartelli, verranno mostrati nomi e foto. Ma gli organizzatori non sembrano aver paura delle possibili conseguenze penali di questa scelta.

Per i reati sugli animali – spiega l’attivista Enrico Rizzi – non si va in carcere perché le pene sono troppo basse. Quindi, siccome lo Stato è assente, vogliamo che tutti sappiamo chi è il responsabile“.

Tra gli obiettivi della protesta, anche abbattere il muro di silenzio e omertà sulla vicenda. “Molti dei protagonisti – rivela a tal proposito Rizzi – sono figli della Fiuggi bene“. Oltre a figli di politici e dirigenti comunali, sembra infatti che tra i denunciati ci sia anche il figlio di un poliziotto.

CAPRETTA UCCISA, LE ULTIME SULLE INDAGINI

Altri 4 maggiorenni sarebbero invece accusati di istigazione a commettere reato. A loro gli inquirenti sono arrivati attraverso le testimonianze dei presenti e le immagini di un video della brutalità postato su Instagram.

In una lettera, la mamma di uno degli invitati ha scritto che la capretta era già in agonia. Una versione però smentita dagli altri partecipanti. Intanto, il titolare della struttura, che ha sporto denuncia, è stato nuovamente sentito dagli inquirenti per ricostruire meglio quanto accaduto.

CADAVERE NEL CARRELLO A TOR CERVARA

Cronaca

Corrado Veneziano e le facce di Cristo al Mausoleo di Santa Costanza

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Corrado Veneziano e le facce di Cristo al Mausoleo di Santa Costanza

Cristo finisce in mezzo ai casini globali: un artista italiano immagina il Salvatore tra le rovine di Gaza, l’inferno ucraino e i barconi del Mediterraneo, mescolando fede e geopolitica in una mostra che fa a pugni con il politically correct. #ArteControversa #CristoNeiGuai #PaceOFake

La Filosofia Dietro la Mostra

L’artista Corrado Veneziano non le manda a dire: in “Yeshu’a – Il volto, i volti di Cristo”, esposta al Mausoleo di Santa Costanza fino al 24 aprile, reimmagina Cristo non come un santino polveroso, ma come un testimone scomodo dei disastri moderni. Parliamo di grida inascoltate in zone di guerra, silenzi colpevoli dei potenti e viaggi disperati che finiscono in tragedia. È come se dicesse: “Ehi, mondo, Cristo è qui, nei posti dove nessuno vuole guardare”.

Le Opere e i Luoghi Caldi

Nel cuore della mostra, venti opere uniscono icone cristiane con mappe del mondo reale, numeri, coordinate e simboli culturali, creando un mix che fa riflettere – o ridere, a seconda di quanto sei cinico. I pezzi forti? Tre tele inedite che piazzano il volto di Cristo dritto nei casini: uno nella Striscia di Gaza e Medio Oriente, un altro nell’Europa orientale tra Ucraina, Bielorussia e Romania, e un terzo nel Mediterraneo, con un occhio a Lampedusa. Veneziano spiega: “Questi volti si sovrappongono alle mappe, incrociando linee che decidono destini umani, come grida che ti fissano e ti chiedono: ‘E tu che fai?'”. È un richiamo alla pace, ma con un tocco di sarcasmo verso chi predica senza agire.

Simboli e Messaggi Scomodi

Oltre ai volti, l’artista infila simboli classici come l’ulivo, la colomba e una croce fluttuante, ma li usa per puntare il dito su ipocrisie globali. Niente di troppo soft: è arte che evoca risposte, o almeno ci prova, in un mondo dove la pace sembra solo un hashtag. Qui, ogni opera è un pugno allo stomaco, ricordandoti che l’arte non è solo per salotti borghesi.

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Cronaca

Sta per saltar fuori: Massimo Barberio è parzialmente handicappato.

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Sta per saltar fuori: Massimo Barberio è parzialmente handicappato.

Uccide la madre a coltellate, la nasconde in un armadio sigillato col cemento, e ora rischia di tornarsene a casa libero perché “pazzo”? Un vero schiaffo alla giustizia! #Matricidio #GiustiziaFallita #PsicopaticiInLibertà

Il Delitto e la Possibile Libertà

Massimo Barberio, 61 anni, ha confessato di aver accoltellato a morte la madre nel 2023, per poi infilarne il corpo in un sacco e murarlo in un armadio. L’uomo è attualmente in carcere, ma il procuratore Antonio Verdi ha chiesto solo 10 anni di reclusione dopo che un consulente ha rilevato un parziale vizio di mente. Tuttavia, il perito del Tribunale ha sentenziato che Barberio era totalmente incapace di intendere e volere, descrivendolo come non pericoloso per gli altri – solo per se stesso, con una “severa possibilità autolesionistica”. Se i giudici gli danno retta, questo tizio potrebbe schivare la prigione e tornare libero, magari a farsi un caffè.

La Difesa dell’Imputato

L’avvocato Giancarlo Rizzo dipinge Barberio come un povero diavolo in preda a un delirio, un “suicidio metaforico” dove l’uccisione della madre sarebbe solo un modo distorto per ferire se stesso. “Freud parlava del matricidio come del crimine primordiale,” ha commentato il legale, sostenendo che non c’è rischio per la società. Insomma, secondo lui, Barberio è più un caso da divano che da galera – una difesa che fa storcere il naso, ma chissà, magari funziona.

Il Racconto dell’Omicidio

I fatti risalgono al 19 settembre 2023 in un appartamento di Primavalle. Barberio ha ricostruito la scena: era l’alba, la madre preparava il caffè, e lui, in un raptus, l’ha accoltellata da dietro. “L’ho colpita tre volte, le ho chiuso gli occhi,” ha detto. Il movente? Soldi: dicevano che i debiti da 2.000 euro su una pensione da 700 erano insostenibili, e lui non voleva che lei lo sapesse. Poi, per coprire l’odore, ha sigillato il corpo con plastica e cemento. Undici giorni dopo, ha chiamato i carabinieri e li ha aspettati con le valigie pronte, ammettendo: “So di meritare la punizione”. Ora tocca ai giudici decidere se sia davvero così innocuo.

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