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3,8 milioni di giovani abitano nelle zone svantaggiate delle città metropolitane, la statistica dell’Ansa

3,8 milioni di giovani abitano nelle zone svantaggiate delle città metropolitane, la statistica dell’Ansa

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3,8 milioni di giovani abitano nelle zone svantaggiate delle città metropolitane, la statistica dell’Ansa

3,8 milioni di giovani abitano nelle zone svantaggiate delle città metropolitane

Secondo un nuovo rapporto di Save The Children, quasi 3,8 milioni di bambini e adolescenti tra 0 e 19 anni vivono nelle 14 città metropolitane italiane, principalmente nei quartieri svantaggiati e privi di spazi adeguati per la crescita. Questi dati mettono in luce la disparità nell’accesso agli spazi abitativi, scolastici e pubblici per i giovani in Italia.

Il rapporto sottolinea che, nonostante il calo della natalità nel paese, i 10,5 milioni di bambini e adolescenti in Italia hanno ancora difficoltà ad ottenere spazi adeguati alla loro crescita e al loro benessere educativo, fisico e socio-emotivo. Dei 10,5 milioni, ben 3,8 milioni si trovano nelle città metropolitane, che includono sia il comune principale che il suo hinterland. In queste città, vive anche il 13,7% delle persone con reddito inferiore a 15.000 euro all’anno.

La concentrazione di bassi redditi è presente sia nel Sud Italia, con città come Catania, Palermo e Messina, che nel Centro e nel Nord, come Roma e Venezia. Queste aree caratterizzate da privazioni socio-economiche spesso offrono meno spazi adeguati per la crescita dei bambini.

Non solo le condizioni abitative sono problematiche, ma anche le scuole. Il rapporto evidenzia che il 70% degli edifici scolastici nelle città metropolitane non ha il certificato di agibilità. Inoltre, la presenza di spazi collettivi come mense, palestre, aule tecniche o informatiche è inferiore alla media nazionale. In alcune città, come Palermo, Catania e Reggio Calabria, l’accesso alla scuola a tempo pieno è significativamente inferiore alla media nazionale.

Questi dati mettono in luce la necessità di fare spazio alla crescita dei giovani nelle periferie geografiche, sociali ed educative del Paese. È fondamentale garantire loro spazi adeguati alla crescita e opportunità di sviluppare appieno il proprio potenziale. Si spera che la nuova campagna di sensibilizzazione “Qui vivo” di Save The Children possa contribuire a mettere al centro dell’attenzione la situazione di questi giovani e a promuovere interventi per migliorare le loro condizioni di vita e di istruzione.

Fonte: ANSA

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Arrestato per aver cercato di sfondare la porta di casa dell’ex fidanzata e per aver tentato di aggredire i carabinieri.

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Arrestato per aver cercato di sfondare la porta di casa dell’ex fidanzata e per aver tentato di aggredire i carabinieri.

Un uomo di 67 anni è stato arrestato per aver perseguitato l’ex compagna, tentando anche di sfondare la porta di casa sua. L’episodio è avvenuto la sera di venerdì 21 febbraio a Tor Vergata, quando la donna ha contattato il numero unico delle emergenze 112, segnalando che l’ex si stava tentando di entrare nella sua abitazione. I carabinieri sono intervenuti, arrestando l’uomo in flagranza di reato.

La dinamica

Secondo la vittima, l’ex compagno ha iniziato a colpire ripetutamente il portoncino d’ingresso con calci e pugni nel tentativo di entrare. Non accettando la fine della relazione, il 67enne ha perseguitato la donna per lungo tempo. Dopo l’ennesimo tentativo di intrusione, la vittima ha deciso di contattare le forze dell’ordine.

L’arresto

L’uomo, che si trovava in stato di ebbrezza, ha cercato di aggredire i carabinieri con una bottiglia di vetro per sfuggire al loro controllo, ma non ha causato feriti. Dopo essere stato bloccato, è stato portato in caserma per le procedure di rito e successivamente trasferito nel carcere di Regina Coeli, dove il Tribunale ha convalidato il suo arresto.

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Decesso dopo il parto a Rieti, scattano indagini per un risarcimento di quasi 2 milioni di euro dalla Asl

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Decesso dopo il parto a Rieti, scattano indagini per un risarcimento di quasi 2 milioni di euro dalla Asl

Le indagini sono state avviate a Rieti in seguito al risarcimento di 1,8 milioni di euro da parte della Asl alla famiglia di una paziente deceduta dopo un parto cesareo. La Corte dei Conti sta esaminando il caso.

Dettagli della vicenda

Una donna è morta dopo un intervento di parto cesareo presso l’ospedale San Camillo De Lellis a Rieti. Inizialmente, la paziente aveva manifestato dolore e gonfiore addominali. Tuttavia, i medici non hanno ritenuto necessario effettuare ulteriori controlli. A causa di ciò, si erano sviluppate gravi complicazioni, tra cui un’emorragia interna che ha reso urgente un’isterectomia, la quale è stata eseguita con un ritardo di sette ore, portando alla morte della donna.

Le conseguenze legali

Due medici sono stati condannati per omicidio colposo in merito all’accaduto, mentre una dottoressa, che ha sempre proclamato la propria innocenza, ha presentato ricorso in Cassazione. Nonostante siano trascorsi oltre dieci anni, la vicenda legale non si è ancora conclusa.

Indagine della Corte dei Conti

Secondo quanto riportato da la Repubblica, la Asl di Rieti è stata condannata in primo grado come responsabile civile e ha presentato reclamo in Corte d’Appello, dove il procedimento rimane aperto. In aggiunta ai procedimenti penali e civili già avviati, è stato avviato un procedimento davanti alla Corte dei Conti per chiedere un risarcimento per danno erariale nei confronti dei medici coinvolti, in relazione all’incapacità di salvare la paziente.

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