Cronaca
Rosa Margherita Tapia: la donna incinta coinvolta nello spaccio di droga a Ostia
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Una piazza di spaccio attiva a Ostia è stata smantellata grazie all’operazione dei carabinieri. Al centro di questa organizzazione criminale era una donna incinta di 35 anni, Rosa Margherita Tapia. Nonostante la sua gravidanza, Tapia gestiva e coordinava la vendita di droga nella zona. La sua posizione privilegiata nel clan era dovuta al suo legame con Manuel Granato, boss dello spaccio a Ostia e membro del clan Spada.
Durante le indagini, è emerso che Tapia aveva iniziato come vedetta, sorvegliando l’area dal suo appartamento. Nonostante fosse incinta e poi diventata neo mamma, continuava a svolgere il ruolo di gestione della piazza di spaccio. Nel video girato dai carabinieri, è possibile vedere Tapia con un passeggino, fermarsi per acquistare droga dal pusher che l’aspetta, per poi allontanarsi con il suo neonato.
La piazza di spaccio negli appartamenti Ater di Ostia è una realtà che si è sviluppata negli anni ’80, quando l’eroina era molto diffusa. I bambini che vivevano lì dovevano fare attenzione alle siringhe sporche di sangue presenti nel giardino condominiale. Nel corso degli anni, la piazza si è specializzata nella vendita di hashish e cocaina, con una media di 150 clienti al giorno e un giro d’affari di oltre 3.000 euro giornalieri.
L’organizzazione criminale aveva creato una catena di montaggio ben strutturata. Ogni mattina, i pusher, le vedette e i basisti si riunivano sotto il porticato che collegava i due giardini condominiali dei Lotti per organizzare le attività del giorno, prendere la merce da vendere e stabilire i turni di lavoro. La droga veniva poi lavorata, suddivisa e sigillata in bustine di cellophane termosaldato, per essere conservata in diverse aree come sottoscala, cantine e motorini parcheggiati nel giardino.
L’operazione dei carabinieri ha portato all’arresto di 6 persone, mentre altre 5 sono state poste ai domiciliari e altre 5 hanno ricevuto un divieto di dimora. In totale, sono 17 gli indagati coinvolti nell’organizzazione criminale.
Questo intervento delle forze dell’ordine rappresenta un passo importante nella lotta allo spaccio di droga a Ostia. Tuttavia, è fondamentale continuare a contrastare queste attività criminali e offrire un futuro migliore alle nuove generazioni.
Cronaca
Prime dieci sospensioni effettuate
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Rientro amaro per alcuni studenti romani che ieri hanno ripreso le lezioni in presenza, mentre sono iniziate le sospensioni per coloro coinvolti nelle recenti occupazioni. Al liceo classico Virgilio, la sanzione ha colpito un solo studente per la sua partecipazione a varie mobilitazioni, inclusa una protesta in cui è stata bruciata una foto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Per lui sono stati disposti 10 giorni di sospensione, con la curiosità su eventuali misure disciplinari per gli altri coinvolti.
Al liceo Cavour, dieci studenti hanno subito sanzioni, la cui durata è iniziata ieri, sebbene l’obbligo di frequenza sia mantenuto. I ragazzi hanno infatti organizzato un sit-in di protesta contro le “misure di repressione”, evidenziando le punizioni disciplinari che comportano fino a 15 giorni di sospensione, ore di volontariato con la comunità di Sant’Egidio e letture di “Il maestro e Margherita” di Bulgakov e “Contro il fanatismo” di Amos Oz.
I DANNI
Il tema delle sanzioni è strettamente legato al risarcimento danni. I collettivi studenteschi stanno attivando raccolte fondi anonime per evitare che solo pochi vengano identificati come responsabili. Al Morgagni sono stati raccolti oltre 4700 euro, mentre al Virgilio la somma ha superato i tremila. Due studenti del Visconti sono stati individuati come responsabili sulla base di una foto pubblicata su Instagram e dovranno coprire un risarcimento di 7200 euro. Gli studenti di Visconti avvertono che, in caso di mancato risarcimento, potrebbero affrontare un processo penale con la costituzione di parte civile da parte del ministro Valditara.
LA RIAPERTURA
In contrasto, il rientro per gli studenti del liceo Gullace di Roma è stato più gratificante, poiché sono tornati nella sede centrale dopo due mesi di chiusura. La struttura di piazza dei Cavalieri del Lavoro era stata chiusa per lavori di messa in sicurezza sismica. Dopo disagi legati a incendi e trasferimenti, dal 7 gennaio l’edificio ha riaperto, accogliendo nuovamente studenti con 22 aule riattivate. Daniele Parrucci ha spiegato che sono stati forniti banchi e sedie mancanti, e che sono stati eseguiti interventi di manutenzione per garantire l’operatività dell’edificio in sicurezza.
Cronaca
Furti e aggressioni nelle abitazioni di coppie di anziani, arrestata la banda
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Pericolosi, violenti e specializzati in furti in abitazione. Cinque banditi sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo aver messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene tra l’11 e il 27 novembre. Le indagini hanno incluso pedinamenti, intercettazioni telefoniche e satellitari. La “centrale operativa” della banda era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove è stato arrestato il capo, Luigi D. G., di 54 anni, insieme alla compagna, Laura M., di 34 anni. Tre altri complici, già in carcere per reati analoghi, erano Valentino M., di 27 anni, Florin T. e Alex M., entrambi di 24 anni.
LA SEQUENZA
La banda operava con modalità collaudate. A bordo di una Jeep Renegade noleggiata, il capo accompagnava i complici nei luoghi dei furti, prendendo di mira abitazioni di anziane coppie. Il primo allarme era scattato l’11 novembre a Grottaferrata, dove hanno fatto irruzione in due appartamenti, rubando oggetti per un valore di 10mila euro. Una vicina, insospettita, ha fotografato la targa del veicolo, attivando il “Targa System”. Dopo, i ladri hanno continuato a colpire, aggredendo anche un anziano in casa sua il 16 novembre con minacce di morte.
SOTTO LA LENTE
Le indagini non si fermano qui. Le utenze telefoniche del capo e della compagna continuano a essere monitorate anche dopo gli arresti. I complici detenuti hanno contattato Luigi D. G. e Laura M. tramite telefoni a loro disposizione in carcere. Nelle conversazioni registrate, hanno chiesto aiuti economici e minacciato di denunciarli se non ricevessero supporto. Gli investigatori stanno dunque esaminando un secondo filone d’indagine riguardante il traffico di telefoni e sim all’interno delle carceri.
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