Italia
Vigile timbra cartellino in mutande, reintegrato e risarcito
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Vigile timbrava il cartellino in mutande. La vicenda risale al 2015: furono le telecamere della Guardia di Finanza a immortalare la condotta dell’uomo, in servizio a Sanremo. Per il quale oggi è arrivata l’assoluzione da parte dei giudici. Che, oltre a restituirgli il suo posto di lavoro, gli hanno concesso anche un risarcimento.
Il suo nome all’epoca fece praticamente il giro dei media nazionali. Per lui scattarono le manette, gli arresti domiciliari e poi il processo, dove fu chiamato a rispondere di falso e truffa. Contro la sentenza però presentò ricorso, che quest’oggi il Tribunale ha accolto, dandogli quindi ragione.
L’uomo fu licenziato nel gennaio 2016, per decisione dell’ufficio procedimenti disciplinari. Si ritrovò cosi privato dello stipendio con cui manteneva la famiglia. Ma non ha mollato nemmeno di fronte al ‘no’ del Tribunale di Imperia al suo primo ricorso. Adesso quindi riceverà tutte le mensilità arretrate, chiudendo di fatto un incubo lungo 8 anni.
Circa 250mila euro la cifra che gli è stata accordata dal giudice. Che ha evidenziato come il vigile non abbia attuato nessuna truffa, anzi avrebbe iniziato il suo turno in anticipo di 30 minuti. “A processo – ha spiegato al Corriere della Sera – ho dimostrato che non mi erano state conteggiate 120 ore di straordinari e che l’aver timbrato in abiti succinti non era illecito, ma aveva una sua spiegazione logica“.
Cronaca
Giovane ferito con colpi di machete: un sospettato fermato per tentato omicidio
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Giovane ferito con colpi di machete: un sospettato fermato per tentato omicidio
Cronaca – La squadra mobile di Torino ha arrestato un giovane italiano poco più che ventenne con l’accusa di tentato omicidio, ritenuto il presunto responsabile del ferimento avvenuto a colpi di machete nel capoluogo piemontese di un giovane di 24 anni, aggredito mentre si spostava su un monopattino.
Secondo la ricostruzione degli eventi, la vittima è stata raggiunta da due uomini su motorino, uno dei quali è sceso dal veicolo e ha inflitto ripetuti colpi alla gamba sinistra. Le lesioni sono state così gravi che i medici hanno dovuto amputare la gamba durante un intervento chirurgico notturno.
Il sospettato è stato individuato in un albergo della città e portato in questura per essere interrogato dagli investigatori. Le motivazioni dell’aggressione sono ancora oggetto di indagine, così come sono in corso le ricerche del complice.
La vittima rimane ricoverata in ospedale in condizioni gravi, mentre le autorità continuano ad operare per fare luce su questo tragico episodio di violenza. Fonte
Cronaca
In Stato vegetativo per formaggio. A giudizio il pediatra
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Cronaca – Il bambino aveva mangiato un pezzettino di formaggio contaminato che gli aveva causato un’insufficienza renale acuta. La pediatra dell’ospedale dove era stato trasferito si era rifiutata di visitarlo, ritardando così la diagnosi. Da allora il bambino è in stato vegetativo e la famiglia ha continuato a chiedere giustizia, portando avanti la battaglia legale. La dottoressa del reparto di pediatria dell’Ospedale Santa Chiara di Trento è stata rinviata a giudizio, dopo che i genitori si erano rivolti a lei sette anni fa.
Il bambino aveva mangiato il formaggio in gita e si era sentito male. Dopo essere stato trasportato in ospedale, i medici decisero di trasferirlo al reparto pediatrico del Santa Chiara di Trento. La diagnosi della malattia causata dal batterio escherichia coli nel formaggio sarebbe stata ritardata di tre giorni, causando gravissime conseguenze al bambino. I pubblici ministeri hanno accusato la pediatra di lesioni e rifiuto di atti d’ufficio e la prima udienza del processo è stata fissata per il 24 aprile.
La battaglia legale era già in corso contro il caseificio responsabile della contaminazione del formaggio. Il legale rappresentante del caseificio sociale Coredo e il responsabile del controllo sono stati condannati per lesioni personali colpose gravissime. Ora la battaglia legale si sposta sul piano medico, con la famiglia del bambino che chiede un risarcimento per i danni subiti.
La famiglia del bambino si è costituita parte civile e chiede un risarcimento di oltre un milione di euro per il bambino e alcune centinaia di migliaia di euro per il padre, per compensare la perdita del rapporto con il figlio. La battaglia legale continua per garantire che tragedie simili non si ripetano in futuro.
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