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Migrante arrestato: “Ha problemi psichici causati dal viaggio fino a Lampedusa ”
Problemi psichici di un giovane migrante arrestato per rapina attribuiti alla traversata fino a Lampedusa
Un giovane di 22 anni, proveniente dal Marocco e giunto in Italia attraverso un viaggio difficile fino a Lampedusa, è stato arrestato con l’accusa di tentata rapina aggravata di un telefonino alla Stazione Centrale di Milano.
Questo ragazzo è stato detenuto nel carcere di San Vittore da oltre sette mesi. Una perizia psichiatrica ordinata dal Tribunale di Milano ha stabilito che i problemi psichici del giovane potrebbero essere stati in parte aggravati dalla lunga traversata.
Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Corriere della Sera, la migrazione potrebbe aver costituito “un potenziale fattore patogeno, aggravando” in un giovane “preesistenti aspetti di disregolazione del comportamento e di limitazione della analisi della realtà”. Il giovane ha raccontato di essere partito da Casablanca per giungere in Libia. Qui i trafficanti di migranti avrebbero dovuto farlo approdare in Italia chiedendogli quattromila euro. Tuttavia, è stato imprigionato in Libia e è riuscito a uscire di prigione solo dopo aver pagato tremila euro. Dopo essere rilasciato, è stato nuovamente bloccato da altri trafficanti.
Per arrivare in Italia ha pagato complessivamente 24mila euro. A Lampedusa, avrebbe voluto trovare un lavoro stabile e una casa per poter sostenere la sua famiglia. Tuttavia, ha ammesso di essere finito in carcere a causa della droga, iniziando ad assumere cocaina durante un lavoro “in nero” come muratore a Firenze circa un anno e mezzo prima del suo arresto.
Secondo i periti nominati dal giudice, non si può invocare una chiara associazione tra migrazione e aggravamento del disturbo di personalità come fattore patogeno certo e di casualità, ma è possibile riconoscere una parziale “incapacità di intendere e volere”. Il lungo viaggio fino a Lampedusa ha influenzato un “deragliamento clinico manifestatosi dopo l’arrivo in Italia”, che è poi sfociato in un “abuso molto più intensivo di sostanze stupefacenti, con la messa in atto di comportamenti criminali e l’adesione a un modo di essere antisociale”.
Il giovane non è pienamente consapevole del suo disagio, pertanto gli psichiatri ritengono necessaria una presa in carico da parte del servizio psichiatrico e un trattamento per la tossicodipendenza per evitare una recidiva clinico-comportamentale in futuro.
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